Fuoritraccia

Newsletter

Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Home » News » Visualizza articoli per tag: Martin Scorsese
A+ R A-
Visualizza articoli per tag: Martin Scorsese

Surfarara

Giovedì 01 Dicembre 2011 22:29

Ricordando Vittorio De Seta...

"De Seta e' uno dei più grandi, ma trascurati, registi italiani, e il suo lavoro meriterebbe di essere molto piu' conosciuto di quanto non sia." Martin Scorsese

 

A meno di una settimana dall’inizio della tredecisma Edizione della Festa del Cinema di Roma si iniziano a delineare i primi contorni di quella che probabilmente sarà una delle edizioni più variopinte e consistenti. Protagonista del manifesto ufficiale della tredicesima edizione della rassegna cinematografica è il magnetico Peter Sellers, immortalato nei panni dell’esilarante Ispettore Clouseau ne “La pantera rosa” (1963). Una scelta iconica dichiaratamente maschile dopo molte edizioni dedicate a protagoniste femminili. Tuttavia, se le donne non appaiono nella locandina ufficiale, esse rimangono protagoniste indiscusse della festa, la quale conta al suo interno 12 titoli di registe provenienti da svariati paesi.
 
 
I titoli in concorso spaziano a livello di tematiche affrontando ora il contesto storico mediante il genere documentario ora gli aspetti più vicini alla società e alle sue dinamiche interne. Con riferimento al documentario, nella selezione ufficiale il lavoro di Giovanni Zoppeddu “Diario di Tonnara”, un inno al cinema del reale sulla scia dell’opera di Vittorio De Seta, che osserva in modo ravvicinato una dinamica comunità di pescatori. Sempre in concorso nella selezione ufficiale l’ultimo film di Michael Moore “Fahrenheit 11\9”, opera nella quale il regista guarda alla realtà odierna con il tipico occhio clinico e sagace che lo contraddistingue, occupandosi stavolta di una data molto significativa per l’attuale società americana: il 9 novembre 2016, giorno dell’elezione del presidente Trump. Di tutt’altro genere il film in concorso diretto da Eli Roth “The house with a clock in its walls”, una commedia fantastica che narra le avventure del giovane Lewis Barnavelt, alle prese con un segreto mondo di magie e misteri. Inaspettata è la presenza nella selezione ufficiale dell’ultimo capitolo dedicato alla saga “Halloween” diretto da David Gordon Green, con protagonisti Jamie Lee Curtis e Judy Greer. Tra i ititoli della selezione ufficiale, direttamente da Toronto la regista messicana Alejandra Màrquez Abella presenta il film “Las Ninas Bien- The good girls”, la drammatica storia di una coppia che vedrà cambiare drasticamente la propria vita a seguito di una grave crisi economica che coinvolgerà tutto il paese. E come non menzionare il film testamento con Robert Redford “The old man & the gun” presentato in concorso dall’attore americano prima del suo ritiro definitivo dalle scene. Diretto da David Lowery, il film distribuito da Bim, è ispirato alla storia vera di Forrest Tucker, uno scaltro rapinatore che innumerevoli volte fu in grado di depistare le autorità, conquistando in breve tempo l’opinione pubblica americana. Un altro italiano in concorso è Edoardo De Angelis che dopo il successo di “Indivisibili”, presentato a Venezia nel 2016 e vincitore del premio Pasinetti, è ora alla Festa del Cinema di Roma con il suo ultimo lavoro, “Il vizio della speranza”. Una storia di rinascita quella narrata da De Angelis, le cui premesse mantengono alte le aspettative nei confronti di un regista che naviga su un fiume di purezza e poesia narrativa. Ad aprire questa tredicesima edizione della rassegna cinematografica romana, il film d’animazione francese “Mia e il leone bianco”, diretto da Gilles de Maistre e presentato in prima mondiale dalla Studio Canal. Come ogni anno, le proiezioni e le conferenze che si svolgeranno all’Auditorium conciliazione di Roma saranno accompagnate da molte altre attività ed iniziative parallele sparse in numerose zone della città. Da segnalare la rassegna alla Casa del Cinema dedicata ai classici del cinema noir, un genere che rivestirà un ruolo da protagonista assoluto in questa tredicesima edizione. Il noir sarà infatti il principale leit motiv quest’anno delle clip che precederanno di norma tutte le proiezioni in sala: un piacevole omaggio a grandi film del passato e del periodo più contemporaneo. Piuttosto corposa è inoltre la lista dei nomi degli Incontri Ravvicinati, si attendono infatti Martin Scorsese, Isabelle Huppert, Cate Blanchett e molti altri ancora. La Festa del Cinema di Roma aprirà pertanto i battenti il prossimo 18 ottobre e abbraccerà un arco temporale di ben dieci giorni, chiudendo il sipario il 28 con la proiezione dell’ultimo film di Paolo Virzì, “Notti magiche”. Non ci resta altro che attendere il 18 ottobre, quando finalmente anche Roma si tingerà di rosso. 
 
 
Giada Farrace
Dopo dieci intensi giorni di cinema, retrospettive e incontri, anche la tredicesima edizione della festa del cinema di Roma giunge al termine. Ad aggiudicarsi il premio del pubblico Bnl è il film di Edoardo De Angelis “Il vizio della speranza”, un’opera dal forte impatto drammatico e dalle atmosfere dense di lirismo.
 
 
Tra i 38 film in selezione ufficiale è stato il racconto parabolico di De Angelis a conquistare il consenso del pubblico, scavalcando ottimi film come “Green Book” e “7 sconosciuti al El Royale”, opere che hanno comunque impressionato la kermesse, regalando interessanti avvincenti momenti di cinema. Il premio Rakuten Tv, una new entry di questa tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, va al film diretto da Bart Layton “American Animals” come miglior film per piattaforme digitali. A calpestare il red carpet dell’Auditorium quest’anno tantissime star internazionali e italiane, tra cui la meravigliosa Isabelle Huppert, che ha ritirato il premio alla carriera raccontando durante un intenso incontro con il pubblico alcune pagine del suo cinema e della sua vasta carriera di attrice. Ed è stata poi la volta di Cate Blanchett, Viggo Mortensen, Martin Scorsese e Sigourney Weaver, protagonisti indiscussi di questa frizzante edizione che hanno incantato la kermesse parlando della loro visione di cinema, e offrendoci ogni volta interessanti spunti di riflessione sulla settima arte. “Le notti magiche” di Paolo Virzì ha chiuso proprio ieri la rassegna cinematografica romana, che come tutti gli anni giunta al termine toglie quel velo di magia ad una città altrettanto magica e incantevole, ma che si tinge di tappeti rossi troppo poco spesso. Tirando le somme, ciò che più ha colpito di questa tredicesima edizione è la varietà dei titoli in concorso, molti dei quali probabilmente troveranno con difficoltà una distribuzione nel nostro paese, e che manifestazioni come questa rendono accessibili al grande pubblico. 
 
Giada Farrace

Silence

Mercoledì 11 Gennaio 2017 22:47
Silenzio, grilli e cicale, questa è la musica estiva che accompagna ancora oggi la campagna Giapponese, il silenzio di “Dio” è al centro del romanzo scritto da Shusaku Endo “Chinmoku” (in italiano “Silenzio”) del 1966, oggi adattato da Martin Scorsese nel suo omonimo film. Due giovanissimi Gesuiti portoghesi, Padre Sebastiao Rodrigues (Andrew Garfield) e Padre Francisco Garrpe (Adam Driver) con la guida di un lunatico giapponese convertito Kichijiro (Yosuke Kubozuka), partono per le sperdute isole del Sol Levante alla ricerca del loro maestro Padre Ferreira (Liam Neeson), convinti che le voci sul fatto che egli abbia abiurato siano solo calunnie. Trovano un paese dove i Cristiani vengono perseguitati, uccisi, come ai tempi dell’antica Roma, costretti a rinnegare il proprio dio e mandati a morire, in nome di una religione improntata anni prima di cui non conoscono neanche il vero dogma. Quello che doveva essere una missione di soccorso, diventa la disperata ricerca di “predicare il vangelo ad ogni creatura” anche a coloro che non possono comprenderlo per una distanza culturale oltre che logicamente, linguistica. Ne esce un ritratto storico ma anche indirettamente attuale del Giappone, che spiega le vere ragioni sul perché questa evangelizzazione non abbia funzionato. Tutt’oggi l’approccio alle religioni occidentali resta in Oriente difficile da interpretare nel giusto modo (eccezion fatta per alcuni, ne è un esempio l’autore del libro). Con le sue tre ore di durata, il film passa dall’essere interessante al somigliare ad un documentario. Girato a Taiwan (nei teatri della CMPC) dove lo scenografo italiano Dante Ferretti ha ricostruito il Giappone del XVII secolo le locations risultano credibili ma monotone. La totale assenza di colonna sonora, crea un’atmosfera per riflettere ma viene spezzata dalla narrazione e dai pensieri in prima persona del protagonista che accompagnano lo spettatore senza permettere la totale immersione. La crudezza delle torture inflitte ai fedeli viene rappresentata senza la macabra voglia di stupire, permettendo la visione del film a tutti, anche a scopo didattico. Non c’è dubbio sul fatto che una storia così (il romanzo è un bestseller) avrebbe prima o poi attirato l’attenzione del cinema e sarebbe stata tradotta in un film, Scorsese si dimostra un professore valente ma quello che manca è la tenerezza, la pellicola non fa commuovere. Jay Cocks, lo sceneggiatore a cui dallo stesso regista sono state affidate sfide ben più difficili e riuscitissime nel corso degli anni (per citarne una ‘L’età dell’innocenza’ nel 1993), qui si trova a dover adattare un testo forse troppo rigoroso a dimostrazione che la traslazione da un'opera giapponese ad un un film americano è ancora difficile, perfino per un premio Oscar.
 
Francesca Tulli

Killers of the Flower Moon

Giovedì 19 Ottobre 2023 12:08

Ci sono dei dettagli imprescindibili che permettono agli spettatori più attenti di riconoscere sin da subito quello che è un film di Martin Scorsese già dalla prima scena. Accade in Toro Scatenato, in cui Jake La Motta, in una cornice quasi onirica avvolta dal bianco e nero, si muove in slowmotion sul ring accompagnato da una colonna sonora lenta, che sembra quasi prenderlo per mano prima del combattimento. Oppure in The Aviator, dove ci viene mostrato un Howard Hughes bambino, lavato con estrema cura da una madre che lo mette in guardia sui pericoli del colera, seminando in lui il germe di quel disturbo ossessivo nei confronti dello sporco, noto come misofobia. In entrambi i casi, Scorsese fornisce informazioni determinanti ai fini di una storia che andrà mano a mano a svelare e lo fa in modo velato e meticoloso, attraverso tanti piccoli elementi. In Killers of the Flower Moon, Scorsese decide di raccontarci una storia di crimini e ingiustizie, perpetrate da una fitta schiera di bianchi americani stabilitisi nella contea di Osage.  Proprio nel 1920 in si registrò il più alto tasso di morti indiane, vittime di un sanguinoso sistema di acquisizione indiretta delle loro terre. Unirsi in matrimonio con un nativo per possederne dopo la morte  i beni e i rispettivi terreni, era lo scopo di ogni bianco. Latifondi  preziosissimi, culla di quello che di lì a poco sarebbe divenuto il capitale più ingente dell’economia mondiale: l’oro nero, il petrolio. A capo di questa struttura criminale, lo spietato William Hale, interpretato da un Robert De Niro che mette i brividi per l’aderenza perfetta ad un personaggio crudele e assetato di potere. Hale persuaderà suo nipote Ernest, interpretato da Leonardo Di Caprio (impeccabile, ma in questo caso una spanna sotto la perfomance di De Niro), a sposare una donna Osage con lo scopo di impadronirsi evidentemente dell’ennesima ricca eredità.  Tuttavia, il cerchio è presto destinato a chiudersi, e le conseguenze saranno inevitabili per tutti i carnefici. Siamo di fronte ad un altro capolavoro scritto e diretto da quello che è forse il regista più affabulatore e poliedrico di sempre. Perché se c’è un pregio che si deve riconoscere a Scorsese è quello di cambiare pelle e raccontarci ogni volta qualcosa di diverso. A cambiare non sono soltanto i contesti storici, i messaggi veicolati e il processo di ricostruzione di un evento ( che sia di finzione o tratto da una storia vera), ma il modo di raccontarci quella vicenda. E in questo caso specifico, Scorsese compie un atto sovversivo e imprevisto ai fini del consueto intreccio narrativo, svelandoci sin da subito chi sono i responsabili delle atrocità sopracitate. Un dramma investigativo inconsueto, sovversivo perchè privo di un vero e proprio processo di indagine da parte dello spettatore. Qui la grandezza di questo regista, che passa dal gangster movie alla commedia nera continuamente senza perdere mai il focus di una storia centrata sulla spietatezza dei bianchi nei confronti di un popolo, come quello Osage, gentile e puro, e per questo ancor più incline ad inganni e vessazioni. Impossibile da incasellare con precisione all’interno di un genere, Killers of the Flower Moon è forse il film più duro che Scorsese abbia mai diretto negli ultimi anni nonché il più completo e riuscito.

Giada Farrace