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19 Mag
Su BlacKkKlansman di Spike Lee, prima di immergerci nella critica, bisogna dire una cosetta. Giusto per avere un quadro migliore di quello su cui poi si andrà a discutere. Le tre stelle della valutazione sono da considerarsi un giudizio non completamente veritiero. Si possono dare anche quattro stelle al film del regista americano. Ma abbiamo optato per il voto più basso perché tutto il buono che costruisce (e c’è ne parecchio), viene smontato da alcuni passaggi a vuoto (politici) colmi di retorica, che abbassano il ritmo e fanno veramente male al film. Il suo voto più equilibrato è tre stelle e mezzo. Si passa da prendere in giro il Ku Klux Klan in modo sagace ed intelligente a comizi politici delle Black Panthers, sinceramente demodé e che nel nuovo millennio non hanno più quella forza che potevano avere negli anni 70’. Si prende una strada edificante, che cerca di frantumare l’odio facendosene beffe, ma la si perde ingenuamente tornado su piccoli sentieri colmi di ridondanze, che sfociano nella lotta contro il governo Trump.
 
La pellicola, in concorso al Festival di Cannes edizione 71, è tratta dall’omonimo romanzo che dà il titolo al film, scritto dal poliziotto Ron Stallworth (nel film interpretato da John David Washington, figlio di Denzel Washington). 
Il tema del libro trova spazio anche nella contemporaneità dell’America di Trump; ci riferiamo a quei super razzisti bianchi, che a Charlottesville nell’Agosto del 2017, uccisero una donna di 32 anni investendola con un’auto. La ragazza stava manifestando contro il nascere del neonazismo. Il presidente Americano si indignò per l’accaduto, ma non fece molto di più. A tutto questo ci si poteva affiancare, non per forza immergersi. (il finale con le immagini di repertorio è esplicito). Mettendola così diventa tutto più tedioso. Peccato che il tagliente umorismo non regni incontrastato per tutta la narrazione.
Dal Festival francese il film si porta a casa il secondo riconoscimento: il Gran Premio della Giuria.
 
BlacKkKlansman racconta della straordinaria operazione messa in atto dalla polizia di Colorado Springs. Siamo negli anni 70’, un uomo di colore e un ebreo, entrambi detective, si infiltrano nel cuore pulsante del Ku Klux Klan. Il poliziotto Ron Stallworth, dato il colore della pelle, non può prendere parte alle riunioni della setta. Insieme al collega Flip Zimmerman (Adam Driver) decidono di essere uno il corpo e l’altro la voce. Tutti gli appuntamenti vengono presi per telefono da Ron e poi all’ora esatta del rendez-vous si presenta Flip. Nascono però dubbi intorno alla figura del nuovo discepolo. Qualche membro del gruppo estremista non crede fino in fondo al nuovo arrivato e cerca in ogni modo di dimostrare che Ron non è quello che dice di essere. Intanto il movimento dei cappucci bianchi organizza attentati, che promettono violenza e morte alla razza nera. C’è spazio anche per la tenerezza, che nasce tra Ron e la giovane attivista Patrice (Laura Harrier). Il loro incontro ad un ritrovo delle Pantere nere lascia il segno, ma se non tutte le verità vengono pronunciate, la loro complicità viene messa in discussione.
 
Spike Lee, dopo un periodo di alti e bassi, ritrova la verve di un tempo (lo smalto è lo stesso di Inside man e la 25^ Ora). Ottima la forma del suo BlacKkKlansman. Peccato per quei piccoli passi falsi descritti in precedenza. Il resto è cool e spumeggiate. Sembra quasi un Arma Letale d’autore in salsa Black Power. Quando il regista di Atlanta non abbassa il battito si rivede la sua anima istigatrice e vigorosa. Le gag sono irriverenti e squarciano la malignità. Qui la drammaturgia diventa energica, avvalorata da una regia dinamica, che ricava il massimo dalle performance dei personaggi principali (favolosi Washington e Driver).
Indimenticabile la scena dell’arrivo della tessera di membro del KKK in commissariato.  
 
David Siena
 

 

  • Regia: Spike Lee
  • Paese: Stati Uniti d’America, 2018.
  • Genere: Drammatico/Commedia
  • Durata: 128
  • Cast: John David Washington, Adam Driver, Laura Harrier, Topher Grace, Jasper Pääkkönen, Ryan Eggold, Robert John Burke.
  • Valutazione: 4

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