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03 Set
Nel terzo giorno di Mostra del Cinema di Venezia, il palinsesto offre una biografia sulla carta decisamente accattivante. Protagonista incontrastata è Kristen Stewart, stella in perenne ascesa, sempre ben accolta al Lido da una nutrita schiera di fans. Questa volta la giovane attrice americana interpreta un’icona del cinema francese ed in particolare della Nouvelle Vague: Jean Seberg, nell’omonimo film (Fuori Concorso) diretto dal semi esordiente regista Benedict Andrews. Il film racconta solo una parte della vita dell’attrice, quella del ritorno in America, dopo il successo planetario avuto con Fino all'ultimo respiro (1960) di Jean-Luc Godard. Prima di addentrarci nella trama e nella disamina critica della pellicola, vorremmo soffermarci un attimo sulla one woman show che interpreta Jean Seberg. La Stewart, dismessi i panni della vampira Bella della saga Twilight, si è messa alla prova con registi quotati come Olivier Assayas (Sils Maria e Personal Shopper) e Woody Allen (Cafè Society), dimostrando di essere qualcosa di più di una Biancaneve che va appresso al Cacciatore. Profondità ed adattamento al ruolo ormai gli calzano a pennello. E dopo aver visto Seberg possiamo confermare quanto appena detto, peccato per l’opera in se, che al di là della prova della Stewart, il biopic non esce mai da un piattume figlio di una regia debole e di una scrittura senza mordente.
 
Siamo a fine anni 60 e precisamente nel 1968. Jean torna nella sua amata patria. L’FBI le è perennemente addosso. Gli agenti federali la sorvegliano 24 ore su 24 alla ricerca di legami compromettenti con il leader politico delle Black Panther: Hakim Jamal (Anthony Mackie). Tra l’attivista dei diritti civili e l’attrice nasce qualcosa di più che una semplice amicizia. A questo punto per gli organi di sorveglianza americani la Seberg è una nemica degli Stati Uniti ed ogni uscita pubblica o meno con Hakim Jamal è un buon pretesto per screditarla e denigrarla. Viene anche spesso spaventata ed intimorita. L’opinione pubblica gli rema contro, fino a portarla più volte a tentare il suicidio. Il caso viene affidato all’agente Jack Solomon (Jack O'Connell), per il quale le problematiche si faranno sempre più spinose più si avventurerà nella vita di Jean. Questa bellissima icona del cinema che fu, con i suoi cortissimi ed affascinanti capelli color platino, dovrà abdicare in giovane età. Jean Seberg muore quarantenne il 30 Agosto del 1979.
 
La regia di Benedict Andrews si concentra sui volti di Kristen Stewart, costantemente inquadrata da vicino e lei è sempre pronta a sviscerare la sue gioie, ma soprattutto i suoi tormenti. Qui il film prende un po’ di respiro, riallacciandosi proprio con il cinema francese della Seberg, colmo di primi piani esplicativi. Ma l’opera meritava una più mirata complessità. La sola performer, seppur brava, non può da sola portare a casa il risultato. Tutto il resto è diretto senza approfondimento. Le svolte narrative sono pressoché inesistenti. I momenti più importanti che hanno caratterizzato la sua esistenza sono scene fast food senza un vera esplorazione.
 
Il film, dal taglio più commerciale che d’autore, si limita a rimanere in superficie. 3 days to Quiberon, visto al Festival di Berlino ed. 68, diretto dalla regista Emily Atef ed incentrato su un’intervista a Romy Schneider (per intenderci la famosissima Principessa Sissi) è l’esempio di come una regia intima riesca a farci percepire il vissuto del personaggio, non limitandosi a solo inquadrare, ma anche a raccontare. Tra ricordi e vita reale, la narrazione non si perde nelle sole scenografie, cosa che purtroppo succede in Seberg.
 
David Siena

 

  • Regia: Benedict Andrews
  • Paese: USA/UK, 2019
  • Genere: Biografico
  • Durata: 102'
  • Cast: Kristen Stewart, Jack O'Connell, Anthony Mackie, Margaret Qualley, Colm Meaney, Zazie Beetz, Vince Vaughn, Yvan Attal
  • Valutazione: 2

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