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Mea Maxima Culpa. L'intervista

Lunedì 01 Aprile 2013 12:07

Un'inchiesta sui segreti della Chiesa cattolica, firmata dal regista premio Oscar Alex Gibney, che documenta alcuni dei più scioccanti casi di pedofilia degli ultimi anni.

A pochi giorni dall'uscita nelle sale abbiamo incontrato l'autore e Marco Politi, giornalista vaticanista che da anni si occupa della questione.

 

 

Cosa ne pensa della situazione abusi in Italia?

Marco Politi: Ci sono in Italia almeno 3000 casi nascosti di abusi da parte di membri del clero, solo la diocesi di Bressanone ha avviato un'inchiesta. Sono venuti fuori 15 casi, allontanati i preti e aperta la questione per il risarcimento alle vittime.

Alex Gibney: le cifre sono impressionanti ma quello che conta è il volto umano di queste persone che hanno sofferto. In questo film ho raccontato degli eroi. La loro volontà di essere riconosciuti affinché possano essere un precedente per tutti coloro che non riescono a parlare è strettamente correlata al desiderio di ottenere un po' di giustizia. È importante sottolineare che in Italia l'emersione di certi scandali è molto lenta se non arenata. Al di là delle cifre che restano impressionanti, va notato come in alcune città europee o statunitensi gli archivi diocesani siano stati aperti ma quelli vaticani restino ancora segretati.

Esiste comunque in Italia una rete di ascolto specializzata creata da esperti e professionisti nell'approccio alla materia, si chiama SNAP (the Survivors Network of those Abused by Priest - Snapnetwork.org) ed è coordinata da David Clohessy. E' un'associazione attiva su scala mondiale dal 1998 e conta più di 12.000 membri per 65 nazioni.
 

Secondo lei quali sono le responsabilità concrete di Ratzinger riguardo il far luce sugli abusi? Ritiene inoltre che le sue dimissioni siano collegate a tali vicende?

A.G. :Come riportiamo nel film Ratzinger, in quanto capo della CDF (Congregazione della Dottrina della Fede – organo di controllo che ha soppiantato la Sacra Inquisizione) era a conoscenza di tutto. A partire dal 2001, egli stesso dispose la regola che ogni caso che vedesse coinvolti dei minori, passasse direttamente dal suo studio, proprio per questo egli è la persona più informata al mondo sui fatti. Egli ha avuto la responsabilità pratica di non aver portato alla luce le colpe della Chiesa. Per quanto riguarda le dimissioni ha dimostrato, con questo fortissimo gesto, di non essere in grado di affrontare alcune delle responsabilità brucianti attribuibili alla Chiesa, ha dimostrato inoltre di essere solo un uomo a stretto contatto con un ordine di 2000 anni di regole ferree dal quale non è possibile svincolarsi e perciò di non poter operare in maniera efficace e individuale contro tali abusi.


 

 

 

Da questo racconto emerge una figura controversa dell'ex Papa, una sorta di prigioniero della curia romana..

M. P.: si evidenzia la complessa figura di Ratzinger che ha vissuto le varie fasi in cui la Chiesa si è confrontata col fenomeno. Si è passati dalla convinzione che la Chiesa non dovesse dar scandalo fino all'ultimo periodo del suo pontificato in cui fu proprio lui ad ammettere che forse il clero era stato manchevole in alcuni suoi aspetti allontanando i cristiani. Fattivamente cercò di intervenire per smascherare Marcel Marcial, personaggio controverso, molto caro a Giovanni Paolo II, creatore e foraggiatore dei Legionari di Cristo, sospettato di numerosissimi crimini sessuali, ma nonostante le indagini di Ratzinger ebbero degli esiti, si impantanò tutto. Nonostante fosse uno degli uomini che conferiva più spesso con Papa Wojtyla, non ha avuto il coraggio di parlare oppure si è accorto di quanto fosse spesso il muro di gomma sul quale sarebbe andato a sbattere.L'importanza della denuncia da parte del clero rispetto tali crimini è fondamentale, senza tale obbligo non si potrà mai uscire dall'ambiguità.


 

Perchè in Italia si tace così tanto?

A.G. : Durante la realizzazione del film ho parlato anche con altre persone che non hanno avuto il coraggio di uscire allo scoperto. Per l'Italia non abbiamo avuto modo di andare a fondo come avremmo voluto ma volevamo iniziare dal caso specifico di Milwuakee per poi allargarci. Non sapevo all'inizio di Verona, di come esistesse un caso perfettamente analogo a quello da noi descritto, di minori sordomuti che hanno subito abusi all'interno del centro Provolo. Ho scoperto così un replicarsi di avvenimenti come attraverso uno schema specifico, anche dal punto di vista organizzativo di resistenza, anche se in fase più embrionale, come la marcia di protesta che ogni anno si tiene a Verona.

M.P. : ritengo che uno dei maggiori problemi sia il complesso di vergogna o colpa inferto alle vittime ancor più che ai criminali. In altri paesi il processo di riscatto poi è più rapido, in Italia i tempi legali sono molto più lunghi. In Italia la responsabilità è poi individuale e quindi si tende a scaricare tutto sul singolo soggetto piuttosto che sull'organizzazione generale. Nel nostro paese, all'interno delle gerarchie ecclesiali, regna ancora la cultura del silenzio e c'è molto da fare in proposito. Nessuno si prende delle responsabilità, mancano dei referenti della diocesi atti a trattare il problema, disponibili per le vittime, per questo è

 difficile avere degli interlocutori all'interno della Chiesa. Si spera in una nuova pagina di trasparenza totale. Per questo ritengo che questa pellicola dovrebbe essere proiettata negli oratori.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il film è stato già proiettato? Quali reazioni da parte della Chiesa?

A.G. : uno dei messaggi più importanti del film, forse non troppo esplicito, è quello affidato al ruolo della società civile che ha avuto una grande forza in USA e Irlanda, mutando un atteggiamento omertoso in visione critica e partecipativa, facendo sentire la propria voce, denunciando gli abusi già da quel lontano 1974 a Milwuakee, nella prima manifestazione pubblica dei sordomuti.

Il film è stato presentato in anteprima al festival di Toronto del 2012, poi nelle sale cinematografiche e poi mandato in onda da HBO una settimana prima delle dimissioni di Benedetto XVI e ha avuto reazioni molto interessanti. La Catholic League è stata molto negativa, mi hanno mandato una valanga di mail ostili che dicevano "non ho ancora visto il tuo film ma andrai all'inferno". Molti cattolici invece sono stati contenti del fatto che io abbia voluto separare i crimini dalla fede.

La prima del film è stata fatta proprio a Milwaukee in un cinema da 1200 posti, dove era presente tutta la comunità assieme a membri dell'arcidiocesi. La reazione del pubblico è stata interessante ma l'arcidiocesi ha detto testualmente: "questa è una storia vecchia non capisco perché si debba riaprire una ferita che ha creato molto dolore alle vittime". Questo mi ha scioccato e credo sia stata un'occasione sprecata per un possibile riscatto e confronto.

Per quanto mi riguarda sono fiero di aver dato voce alle vittime che oltre alla protesta in sé volevano proteggere altri bambini da questi orrori.


 

Il film è distribuito in Italia da Feltrinelli Real Cinema


 

Chiara Nucera