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Andrés Di Tella rappresenta sicuramente una delle punte di diamante di un Festival dei Popoli che, giunto alle sua 53esima edizione, riesce a mantenere un livello qualitativo elevato, svincolandosi dal circolo dell’etno-antropologico tout court per proporre la forza di un genere documentaristico “d’autore”.

Cineasta, scrittore e giornalista, Di Tella si avvicina al documentario come ad uno strumento funzionale alla riappropriazione intima dell’evento, rappresentato per lui dall’incontro con l’altro. Questo incontro permette la sperimentazione di una prossimità umana che esce dall’orizzonte dei discorsi e della rappresentazione nuda di un fatto, per coagularsi in immagini che ci restituiscono l’intimità creatasi fra lo sguardo dei personaggi e quello della macchina da presa, ovvero dell’autore. La fedeltà rispetto a questo incontro è, per Di Tella, l’essenza dell’etica del documentarista, assunto a giudice unico di tale fedeltà, responsabile della sua riproduzione per lo spettatore.

Per reagire alla falsa oggettività del documentario, lo sperimentalismo di Di Tella informa il patto intimo che lega il racconto allo spettatore (la c.d. “suspension of disbelief”) della dichiarazione della sua presenza di fronte agli sguardi e alle voci dei personaggi.

È ciò che avviene in Montoneros, una historia (Argentina, 1994), narrazione del movimento “tercerista” dei Montoneros argentini, e della loro repressione, attraverso i ricordi di Ana Testa e di altri ex combattenti superstiti. Il racconto si costruisce attraverso la tecnica tradizionale di ripresa ravvicinata della narrazione che i personaggi-attori offrono di fronte alla telecamera fissa, come se parlassero al pubblico posto di fronte a loro. Tuttavia, a questa impostazione che solo per chiarezza definiamo “classica” si aggiunge uno scarto quasi emozionale rappresentato dal lavoro (di ricerca prima e di montaggio poi) di un autore che si inserisce nella storia tirando fuori il riflesso degli eventi nei volti dei testimoni piuttosto che gli eventi stessi. Questo lavoro si inserisce pertanto nel confine fra racconto collettivo e racconto individuale, restituendoci frammenti di storia attraverso le pause, i cambiamenti di tono, i silenzi di coloro che quella storia l’hanno vissuta e che tentano ora di ridarle vita con le parole. Tale percorso non segue un particolare filo cronologico quanto piuttosto una coerenza tematica, resa più evidente dall’accostamento con filmati in bianco e nero che si collegano agli eventi a cui i testimoni danno voce. Centro di questa costruzione è Ana, la cui figura si erge attraverso la voce ferma e intensa che cuce insieme i brandelli di una vicenda che smette di essere solo la sua nel momento in cui la condivide con lo spettatore. Accanto a lei, Ignacio Vélez, Graciela Daleo, Mario Villani ed altri rivelano i dettagli del loro vissuto dentro al movimento, lasciandoci addosso il sapore di una commozione e l’impatto della testimonianza di momento duro inscritto nella storia dell’Argentina contemporanea.

 

Se Montoneros, una historia, abbraccia il periodo che va dalle prime azioni di guerriglia del movimento, nel 1970, al colpo di stato militare del Generale Videla, con la conseguente repressione dei militanti e la fine dell’esperienza rivoluzionaria, Prohibido (Argentina, 1997) prosegue il recupero della storia argentina a partire proprio da quel 1976 che segna l’avvento dell’ultima, sanguinosa dittatura militare. Qui il materiale ricercato e filmato da Di Tella dà voce ad una resistenza più silenziosa, ma non per questo meno tenace, di tutti quegli artisti, giornalisti ed intellettuali che hanno lottato per dare visibilità alla loro espressione contro la cultura del terrore. La domanda a cui cerca di rispondere nei 106 minuti di pellicola è: “Che cosa è successo alla cultura argentina durante la dittatura militare fra il 1976 e il 1983?” Sono i vari esponenti della cultura di quel periodo – da Beatriz Sarlo a Ricardo Piglia, da Jacobo Timmerman a Norma Aleandro (fra gli altri) – a restituirci l’atmosfera di paura di quel passato difficile, di quella storia collettiva che si fa racconto intimo lasciando trapelare molto di più di quanto un’indagine storica permetterebbe. Il loro racconto è la confessione di una generazione che ha cercato con gesti quotidiani e discreti di reagire a quella paura e che ora offre la propria soggettività allo sguardo di uno spettatore che ascolta quelle parole e quei silenzi. Di fronte a lui il passato emerge, si fa palpitante, chiede uno sforzo di comprensione contro l’oblio.

 


 

Montoneros, una historia e Prohibido sono stati presentati all’interno della retrospettiva “El documental y yo: il cinema di Andrés Di Tella” organizzata dal Festival dei Popoli di Firenze in collaborazione con l’INCAA (Instituto Nacional de Cine y Artes Audiovisuales), e curata da Daniele Dottorini. La rassegna ha riproposto l’intero percorso della carriera cinematografica di Di Tella con la proiezione, oltre ai due film discussi, di: Reconstruyen crimen de la modelo (Argentina, 1990), Macedonio Fernández (Argentina, 1995), La Televisión y yo (Argentina, 2003), Fotografias (Argentina, 2007), El País del Diablo (Argentina, 2008) e Hachazos (Argentina, 2012).

 

Elisa Fiorucci

 

Morituris

Sabato 29 Dicembre 2012 21:19 Pubblicato in Recensioni

Morituris (dativo di morituri: “per/a coloro che stanno per morire”) rappresenta, forse, uno dei primi mattoncini della ri-costruzione dell’horror movie italiano, lacerato dai limiti economici e da una concorrenza spietata a livello internazionale, a cui spesso soccombe.

Prima ancora della sinossi e delle tematiche affrontate, il punto forte del primo lungometraggio di Raffele Picchio è la qualità di realizzazione, che riguarda tanto la sceneggiatura come la tecnica di regia, toccando anche il comparto degli effetti speciali.

La sceneggiatura, opera del critico cinematografico Gianluigi Perrone, qui alle prima esperienza di elaborazione di uno script, è ben calibrata e riesce a tenere insieme elementi e suggestioni variegate ben cuciti all’interno di un progetto nichilista ed estremo. Il male, infatti, è qualcosa che permea la natura umana informando di sé ogni relazione e situazione. Ed è un male gratuito, immotivato, irrazionale, che non risparmia niente e nessuno annullando qualsiasi posizione valoriale ma anche i classici ruoli di vittima e carnefice. Se all’inizio è la violenza sui corpi femminili a prendere il sopravvento – all’interno di quello che a tutti gli effetti può apparire come un torture porn – gradualmente assistiamo ad un cambiamento di struttura che non capovolge la relazione fra vittime e carnefici ma ingloba tutti i personaggi dentro ad unico universo in cui si ritrovano ad essere ugualmente vittime di violenze atroci da cui nessuno di loro avrà scampo.

La violenza si aggancia, nell’intreccio, alla vendetta, che è qui qualcosa di ancestrale, tale da riportare in vita quei gladiatori che nel 73 a.C., guidati da Spartaco, affrontarono l’esercito romano ed uscirono mentalmente provati da quell’esperienza iniziando una serie di rapimenti e assassini, e che, nelle oscurità di un paesaggio boschivo tanto bucolico quanto terrificante, tornano per sfogare la loro rabbia su un gruppo di ragazzi e ragazze “innocenti”. Va detto che questo spunto di storia antica, che si riallaccia nelle intenzioni degli autori al ben più noto evento di storia italiana contemporanea quale il massacro del Circeo (con citazioni che lasciamo allo spettatore il piacere di trovare), rappresenta solo un elemento utilizzato per costruire un horror movie non eccessivamente attento alla verità storica – non dobbiamo dimenticare che si tratta di un film di genere, volto all’intrattenimento - ma dove la violenza, elemento trainante di qualsiasi racconto horror, è fine a se stessa. Tant’è vero che la ferocia dei gladiatori riesumati si volge contro tutti, senza sublimarsi in una sorta di spedizione punitiva nei confronti degli uomini sadici e violenti.

Dalla sceneggiatura alla resa filmica con mezzi tecnici d’avanguardia - il film è girato con una Red One Digital Camera - e con una meritevole attenzione ai dettagli: i gladiatori tornano alla vita vestiti di elmi ed armature sapientemente costruiti (merito di Tiziano Martella e dei ragazzi della Lewis Carrol) ed assumono tutta la loro carica di terrore grazie alla fotografia e agli effetti speciali di Sergio Stivaletti.

Non mancano alcuni limiti evidenti sia nella costruzione dei dialoghi iniziali che oscillano fra il piano ironico e la banalità estrema, senza raggiungere nessuna forza stilistica, sia nelle scene nella location boschiva, assolutamente poco illuminate, tanto da rendere difficile la visione di alcuni momenti topici. Difetti che in un’opera prima sono ampiamente contemplati e che, ad ogni modo, non disturberanno troppo gli amanti del genere.

Probabilmente leggere l’impianto narrativo del film come una denuncia ad una società onnivora e perversa dove la salvezza non è contemplata in nessuna forma e dove il male conduce solo ad un male ancora più efferato, è un lavoro di ermeneutica non sorretto da nessuna prova. Eppure, sebbene in assenza di morale o di qualsivoglia messaggio di redenzione, sembra palesarsi, fra le righe, la presa di coscienza di una virulenta malattia sociale in cui la legge del più forte è ancora l’unica a sopravvivere. Le urla straziate delle protagoniste stanno lì a ricordarcelo.

 

Elisa Fiorucci  

 

vedi http://www.fuoritraccia.eu/recensioni/item/299-versipellis

FESTIVAL PONTINO DEL CORTOMETRAGGIO

Lunedì 26 Novembre 2012 15:19 Pubblicato in Concorsi

scadenza del bando: 15/01/2013


1. Possono partecipare anche opere iscritte ad altri festival.
2. Possono essere iscritte massimo n. 2 opere per autore che non siano state presentate in precedenti edizioni del concorso e non anteriori al 2012. La durata massima per tutte le sezioni e generi è di 15 minuti , titoli inclusi; per i corti in lingua straniera sono richiesti sottotitoli in lingua italiana o inglese, o, obbligatoriamente, i dialoghi scritti in lingua inglese.
3. Sono ammessi i seguent generi:
a. Cortometraggi di FICTION
b. Cortometraggi d’ANIMAZIONE
c. Documentari Sociali
4. Sono ammessi i seguent temi:
a. Tema LIBERO
b. Tutti i generi precedenti inerenti al continente AFRICA
c. Tutti i generi precedenti inerenti a CRISI
5. Per la prima volta ospiteremo anche prodotti di VIDEO ARTE

premi:
PREMI. Il montepremi è di € 4.500 assegnati dalla Giuria Tecnica ai Registi vincitori per le categorie:
- Premio Miglior Film Italiano, € 1500, produzione italiana;
- Premio Miglior Film Internazionale, € 1200, produzione estera;
- Premio Miglior Regia € 800
- Premio Miglior Sceneggiatura € 500
- Premio Lazio Giovani, € 250 ad una produzione laziale o ad un regista residente nella Regione Lazio che non abbia superato i
30 anni di età
- Premio Corto Africa, € 250, ad un corto realizzato da Registi/Produzioni Africane, o che trat temi relativi all’Africa.
MENZIONI
- Miglior Regia Femminile, dall’ Associazione Se Non Ora Quando di Latina;
- Miglior Fotografia dall’Associazione di Fotografia Factory 10
- Miglior Animazione dall’Associazione Tunuè
- del Pubblico, assegnata attraverso il voto degli spettatori;
- Miglior Corto Pontno assegnata attraverso il voto degli spettatori;
- Corto Press, assegnato dalla Giuria dei Media per il Miglior Film;
Altri Premi e Menzioni speciali potranno essere conferiti dalle Giurie e dal Comitato Organizzatore.
I Premi in denaro non sono cumulabili: se un’opera risultasse vincente in più sezioni, gli verrà attribuito il premio di maggior valore.

modalità d'iscrizione:
L’iscrizione delle opere dovrà essere effettuata on-line entro e non oltre il 15 GENNAIO 2013 sul sito
www.fpdc.it.
I corti ed i documenti richiesti devono essere spediti (farà fede il timbro postale) entro il 30 Gennaio 2013.

link da cui scaricare la documentazione per l'iscrizione:
» http://fpdc.it/corti/iscrizione/index.php

 

BIF&ST – BARI INTERNATIONAL FILM&TV FESTIVAL

Lunedì 26 Novembre 2012 15:14 Pubblicato in Concorsi

scadenza del bando: 15/01/2013

Ha preso il via la selezione dei film italiani di lungometraggio, cortometraggio e documentari candidabili nelle diverse sezioni del Bif&st 2013, in programma a Bari dal 16 al 23 marzo 2013:
- ItaliaFilmFest-Sezione Opere Prime
- ItaliaFilmFest-Sezione Documentari
- ConCorto Arcipelago-Concorso Nazionale Cortometraggi (sezione autonoma a cura del Festival Arcipelago)

I film italiani di lungometraggio (opere prime), documentari (minimo 50') e di cortometraggio (massimo 30') saranno ammessi alla selezione solo se totalmente inediti in Italia alle date del Bif&st (16-23 marzo 2013)e prodotti nel 2012-13.

La quarta edizione del BIF&ST-Bari International Film Festival (la quinta se si considera l’edizione pilota del 2009 denominata “Per il cinema italiano”) – posto sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – è promossa per la Regione Puglia – presieduta da Nichi Vendola – dall’Assessore al Mediterraneo, Cultura e Turismo Silvia Godelli ed è organizzata dall’Apulia Film Commission, presieduta da Antonella Gaeta e diretta da Silvio Maselli, con la collaborazione dell’Università degli Studi di Bari.

Ettore Scola è il presidente del Bif&st ideato e diretto da Felice Laudadio.

premi:
• Premio Opera Prima Francesco Laudadio per il miglior film di debutto
• Premio Vittorio De Seta per il miglior regista di film documentario
• Premio Michelangelo Antonioni per il miglior cortometraggio

modalità d'iscrizione:
Leggere attentamente il regolamento del festival, compilare online il pre-selection entry form, stamparlo e inviarlo – con accluso il DVD dell’opera candidata – all’indirizzo postale: Direzione Bif&st – Viale Giulio Cesare 78, 00192 Roma.
Info: tel. 06.3771603 Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

link da cui scaricare la documentazione per l'iscrizione:
» http://www.bifest.it