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Visualizza articoli per tag: francesco scianna

Terre di Cinema

Venerdì 30 Agosto 2013 12:21
Dall' 1 al 10 settembre 2013 in Sicilia, aprirà le porte Terre di Cinema, festival cinematografico alla sua terza edizione ricco di eventi e non solo: 7 masterclass tenute da alcuni fra i nuovi talenti della fotografia cinematografica internazionale, proiezioni, incontri aperti con registi e cast, una rassegna competitiva, workshop tecnici con le più importanti aziende del settore, anteprime nazionali e omaggi ai grandi maestri. Ben quattro le sezioni di proiezioni tra cui un concorso che vede competere alcuni tra i migliori autori della fotografia europei emergenti.
 
 
Due le anteprime nazionali: Jîn, presentato al festival di Berlino 2013, di Reha Erdem, considerato uno dei più importanti registi turchi contemporanei assieme a Ceylan, verrà presentato in concorso a rappresentare il suo autore della fotografia Florent Herry che terrà una masterclass in occasione della proiezione. L’israeliano The Garden of Eden di Ran Tal, già presente nei maggiori festival di documentario fra cui l’Idfa e Hot Docks, aprirà il Festival in compagnia del direttore del festival ebraico, il Pitigliani Kolno'a Festival, e del direttore della fotografia del film Daniel Kedem.
 
Gli ospiti: oltre a tutti gli autori della fotografia di tutti i film proiettati che terranno delle lezioni aperte, all’incontro col pubblico ci saranno, fra gli altri, la candidata al David di Donatello Giorgia Farina, il cast femminile della sua opera prima Amiche da morire,  e l’attore Francesco Scianna. Laura Delli Colli, presidente del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani, sarà presente per la giornata dedicata a Franco e Tonino Delli Colli, maestri della fotografia mondiale. Ospite d’onore  anche Luciano Tovoli (Professione: reporter, Il deserto dei Tartari) che sarà l’autore di una delle lectio magistralis aperte al pubblico del festival.
 
Anche per quest'anno la sede è il borgo medievale di Forza D’Agrò (ME),  già location di grandi registi quali  Joseph Losey, Michelangelo Antonioni, Jan Negulescu, Giuseppe Tornatore e Francis Ford Coppola.
Il festival è patrocinato da AIC – Associazione Italiana Autori della Fotografia Cinematografica ed è sostenuto ufficialmente dalla Sicilia Film Commission ed è inserito nell'elenco dei festival selezionati nell'ambito del Programma Sensi Contemporanei – Lo sviluppo dell'industria audiovisiva nel Mezzogiorno – Produzione di festival e spettacoli dal vivo per il rafforzamento dell'industria audiovisiva.  Fra i partner tecnici figurano alcune fra le più importanti aziende di settore fra cui ARRI Italia, Cartoni, Avid, JVC, Zeiss che metteranno a disposizione le loro attrezzature e organizzeranno i workshop tecnici per tutti gli appassionati del settore.
 
Tutte le informazioni consultando http://terredicinema.com/

Una storia sbagliata

Giovedì 18 Giugno 2015 15:25
Stefania (Isabella Ragonese) è un’infermiera pediatrica, Roberto (Francesco Scianna) un militare. Le sue continue missioni all’estero iniziano a compromettere l’armonia del loro matrimonio finché, un giorno, Roberto non torna più a casa. Qui inizia il viaggio di sua moglie.
Quel che è certo è che sotto le spoglie ambigue del film romantico, Una storia sbagliata è un film di denuncia, un film d’attualità e quindi, perché no, un film politico. Più semplicemente è una storia sul Sud del mondo, che pare avere sempre gli stessi lineamenti e gli stessi odori, nonostante la profonda frattura tra culture che rifiutano di comunicare.
Una storia sbagliata è il racconto discreto di un’epoca intossicata da conflitti universali. Muovendosi in un presente storico che invade le mura domestiche fino a deviare anche il corso naturale di una comune storia d’amore, il film scavalca i confini di genere e acquisisce un valore altro. È questo valore aggiunto che consente a Tavarelli di emanciparsi dagli standard del dramma romantico, ma soprattutto da quelli del film di guerra. 
Una storia sbagliata sfida il pregiudizio, rinuncia alle ipocrisie e mostra il dramma del nostro presente, attraverso una scrittura emotiva ma mai patetica. È un piacere trovarsi di fronte al percorso di questi anti-eroi consumati, persi, e soprattutto lontani dal patriottismo compiaciuto. Tavarelli non offre vie di fuga: né l’orgoglio di aver servito il Paese, né la fede cieca in un ideale. Roberto è folgorato da un mondo che Stefania andrà ad esplorare con rancore, senza curiosità, senza rispetto, dando vita ad un viaggio di (ri)scoperta, che però non conosce perdono.
Che sia sbagliata o meno, questa è una storia come tante, proiettata su uno scenario socio-politico internazionale. Un faccia a faccia tra più mondi che si sfiorano senza comunicare: quello di un uomo e una donna, distanti nel loro essere coppia, e quello di Gela e dell’Iraq, uniti sotto gli stessi peccati e le stesse illusioni.
Da una parte una donna spezzata e incattivita, costretta ad andare in guerra per capire cosa ha incrinato il suo matrimonio; dall’altra un uomo che non riesce più ad essere uomo, compagno e marito, perché non è altro che un soldato. E mentre nel presente Stefania parte con un bagaglio di rabbia ed egoismo, reduce del dolore folle per il suo lutto, Roberto nei ricordi confusi della loro relazione torna a casa ogni volta con un nuovo carico di traumi e ossessioni.
Così Tavarelli racconta un matrimonio a tre termini, in cui l’entusiasmo pulito di Stefania si spegne poco a poco sotto la pulsione di morte di Roberto. E intanto il fantasma della guerra inizia ad occupare un terzo posto a tavola, a togliere spazio nel letto, a sostituirsi alla possibilità di un figlio e di un futuro insieme. L’epilogo è nello sguardo di due donne, la vedova di un soldato e quella di un kamikaze: qui, per l’ultima volta, i confini tra vittima e carnefice, sacro e profano, vacillano senza soluzione. Così l’Italia entra in Iraq e porterà l’Iraq con sé, a Gela.
 
Chiara Del Zanno

I Milionari

Giovedì 11 Febbraio 2016 15:31

Alessandro Piva approda al Festival Internazionale del Film di Roma con I Milionari, presentato in concorso all’interno della rassegna Cinema Oggi.

Libero adattamento dell’omonimo romanzo-inchiesta di Luigi Alberto Cannavale e Giacomo Gensini, il film racconta l’ascesa criminale di un gruppo di giovani banditi napoletani nel quartiere di Secondigliano.
Piva cambia tutti i nomi dei personaggi, aggiunge dettagli e ne omette altri, ma cerca di mantenere la stessa tensione realistica del libro, con l’obiettivo di disegnare una mitologia criminale di Napoli. 
Così il protagonista Paolo di Lauro, in arte e al lavoro “Ciruzzo ‘o milionario”, diventa Marcello Cavani, soprannominato a sua volta “Alendelòne” e interpretato da un deludente Francesco Scianna (Vallanzasca – Gli angeli del male, Allacciate le cinture). 
Regista di culto nell’underground pugliese, Piva sbarca a Napoli, con un film dal budget più alto rispetto ai precedenti, in cui vuole sottolineare l’impossibile convivenza tra le velleità borghesi di Cavani e la sua sostanza criminale. 
Tutto scorre piatto. 
Le immagini sono una successione di inquadrature banali, senza spessore, degne della più generalista delle fiction Rai (manca solo Beppe Fiorello). 
Non era facile reggere il confronto con i camorra-movie degli ultimi anni; prima Gomorra di Matteo Garrone, vincitore del Gran Premio della giuria a Cannes e di 7 David di Donatello, poi l’omonima serie, uno dei migliori prodotti televisivi italiani degli ultimi vent’anni, senza dimenticare il sottovalutato Fortapasc di Marco Risi, sulla breve esistenza del giornalista Giancarlo Siani ucciso dalla camorra. 
Francesco Scianna si conferma uno degli attori peggiori della sua generazione;
la recitazione caricata  trasuda insicurezza e dilettantismo. 
Dopo il sopravvalutato Il sud è niente, Valentina Lodovini si trova di nuovo relegata a un personaggio femminile debole e scritto male. 
Eppure il soggetto di spunti stimolanti potrebbe offrirne; lo scambio fra i regali nuziali (le “buste” ) e le bomboniere nella facciata borghese ha le stesse dinamiche dello scambio danaro-hashish nel retroscena criminale. 
Ma Piva sembra come spaesato e la sua regia approssimativa; dopo quello che sembrava essere un nuovo punto di partenza con il noir romano Henry, il regista delude irrimediabilmente le aspettative dei suoi fan più affezionati. Si concentra sulle megalomani aspirazioni del protagonista, ma non riesce a codificare i rituali della malavita in immagini che suscitino un minimo di interesse in più rispetto al canonico campo e controcampo.
I mostri un po’ grotteschi di La Capa Gira, ritratto della microcriminalità barese dai risvolti amari, lasciano il posto a personaggi privi di spessore, dalle evoluzioni sciatte e prevedibili. Si ricicla la figura stereotipata del bandito dandy e carismatico, ormai superata da anni sia nel cinema che nella televisione di qualità, tratteggiando un profilo superficiale e reazionario della criminalità organizzata. 
In comune con il film di Gomorra c’è lo sceneggiatore Massimo Gaudioso, storico collaboratore di Garrone e certe situazioni sembrano la parodia involontariamente demenziale dell’omonima serie tv.
 
Angelo Santini