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Ultima notte a Soho

Giovedì 04 Novembre 2021 14:16
Ultima notte a Soho è un film le cui atsmosfere si fondono in quelle di un romanzo di formazione, di un musical e di un horror, con la drammaturgia di una commedia adolescenziale. Tutta questa narrazione è inaspettatamente condita da elementi ideologici del politicamente corretto che fa capolino alla fine della storia e viene sbattuto in faccia allo spettatore, facendogli subire un inadeguato svelamento che, seppure risulti inaspettato e riesca a costruire un riuscito effetto sorpresa, sembra essere poco coerente con le premesse e richiama un po' ruffianamente le politiche del "me too" e del femminismo post-moderno un po' posticcio.
La protagonista Eloise "Ellie" Turner (Thomasin McKenzie) è un'adolescente orfana che vive con la nonna nelle campagne inglesi. Appassionata di musica degli anni '60, colleziona vinili nel ricordo della madre morta suicida anni addietro. Dopo una prima scena dai toni scanzonati e colorati, la storia si trasferisce presto nella grande città. Ellie va nella capitale inglese per studiare in un'accademia ciò che vorrebbe diventasse il suo lavoro: la moda. Da lì inizia un racconto che sembrerebbe essere descritto nei toni della commedia ma che finisce poi per diventare orrorifico, quando la protagonista trasloca in una casa la cui proprietaria è un'anziana donna dal carattere coriaceo e riservato. Il regista Edgar Wright si serve dello sfondo della swinging London e del tema, sempre amato dal pubblico, dell'alter ego e del doppio, stavolta in chiave d'antan e rappresentato sullo schermo dalla ormai ex "regina di scacchi" Anya Taylor-Joy che impersona Sandie, un'aspirante cantante vissuta negli anni '60.
Le due attrici protagoniste che si fondono, a un certo punto della storia, in un unico personaggio, dando corpo all'idea del regista di affrontare, in tutto questo minestrone, anche la tematica della patologia psichiatrica, sono brave e credibili, a dispetto di una trama che lascia intravedere le buone intenzioni di portare sullo schermo un film di genere misto.
C'è però poco succo. La parabola esistenziale della protagonista è puramente di forma. Cambia il modo di vestire, cambia l'atteggiamento con il prossimo, cambia il mondo di truccarsi e di vivere la propria vita sociale, ma non c'è un approfondimento introspettivo che eleva il personaggio a uno status di icona. E, senza voler ambire a tale obiettivo, non c'è nemmeno il racconto di una evoluzione umana dettata da una presa di coscienza profonda e resipiscente. 
Tutto è, per lo più, soffocato da una deriva horror che vuole ambire a pistolotto ideologico con una chiave sedicentemente innovativa ma che finisce con l'essere involontariamente trash.
Le musiche e il dinamismo delle scene che le accompagnano sono gli elementi più piacevoli di un film che nasce tondo e muore quadrato, vagando tra le forme di vari generi e che, per questo forse non trova una quadra.
 
Valeria Volpini