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The Danish Girl. Anteprima Veneziana

Venerdì 11 Settembre 2015 09:09
Rimane saldamente ancorato al suo cinema delicato e politicamente corretto, Tom Hooper (Les Miserables – 2012), e per l’ennesima volta non sbaglia. The Danish Girl colpisce al cuore parlando di amore universale e di come si possa trovare se stessi in fondo alla propria anima. 
La pellicola tratta la storia di una coppia danese di inizio novecento, entrambe affermati pittori e dediti alle belli arti. Gerda Wegener (Alicia Vikander, Ex Machina - 2015) ed il marito Einar Wegener (Eddie Redmayne, fresco di premio Oscar come Miglior Attore protagonista per La Teoria del tutto – 2014) vivono in una Copenhagen patinata e per bene. La loro relazione è salda ed affiatata, ma quando per pura casualità la sposa chiede al marito di posare per un suo dipinto che ritrae una ballerina, in Einar scatta qualcosa di anomalo. Un desiderio che è presente nella sua mente fin dall’infanzia. Una voglia irrefrenabile di uscire dalla sua mascolinità per entrare in quel universo femminile tanto agognato. Tormento interiore che ha trovato l’uscita dal labirinto grazie alla bellezza dell’arte. 
The Danish Girl è liberamente tratto dal libro omonimo di David Ebershoff pubblicato nel 2000, che racconta la vita della prima transgender della storia attraverso i suoi diari segreti. La trasformazione da uomo a donna di un artista affermato, che ad un certo punto della sua vita ha deciso di diventare Lili Elbe.
Il regista Tom Hooper, premio Oscar per Il Discorso del Re (2010), a livello umanistico punta sull’amore e meno sulle forti problematiche legate all’integrazione nella società dell’epoca. Dirige con intimismo due personaggi uniti dalla passione per la vita e per se stessi, che vivono l’amore all’unisono. La sua tecnica di regia è ineccepibile. Inquadrature artistiche che sembrano quadri parlanti. Uso degli spazi e delle profondità che mettono in risalto ed aiutano la narrazione a fluire con dinamicità, portandoci nelle stanze e nei salotti aristocratici, mai appesantendoci. Merito è dovuto anche alla fedele ricostruzione storica ed alla sua compattezza. Menzione d’obbligo è per l’uso della fotografia (Danny Cohen, cinematographer dei due precedenti film del regista). Le geometrie sono esaltate dall’uso perfetto delle luci.
Uscendo dai tecnicismi, che erano d’obbligo menzionare, parliamo dei meriti di un film che osa nell’interpretazione dell’amore ed un po’ meno sul dolore e sulle frustrazioni, che un argomento del genere implica. Per capirci, il disagio interno ed il dualismo faticoso da accettare tra la materialità del corpo ed il proprio essere immateriale. E’ l’unica mancanza in The Danish Girl, dove della critica pungente potrebbe trovare dei difetti, imputandogli una visione classica e corretta da film acchiappa Oscar. La drammaturgia si avvale di due interpretazioni sopra la norma: Eddie Redmayne prenota la Coppa Volpi al Festival di Venezia edizione 72 come migliore attore, o magari attrice? Sembra veramente il caso di dubitare sulla categoria, perché la sua Lili emerge in superficie. E’ una donna che si rivela e scopre la sua femminilità. Si realizza con lo spazio creato dall’arte. Identità forte e coraggiosa come lo è nella realtà una transgender. Non vi è il minimo dubbio che si innamori di se stessa, pronta per vivere una vita autentica. Corroborata dal partner, una Alicia Vikander in stato di grazia. Da lei traspare la sofferenza, ma anche la tenacia nel supportare il suo unico vero amore. Un affetto senza distinzione di sesso, oltre le barriere fisiche, reso imprescindibile dall’amore per la bellezza intrinseca nei sui quadri. L’espressione massima di se espressa su tela aiuta Lili a sbocciare.  Il potere curativo dell’arte, non è corretto dire che ci può solo salvare, indubbiamente porta in trionfo l’anima rimasta per troppo tempo legata alle convenzioni e falsi moralismi.
Assolutamente da non perdere The Danish Girl, in Italia uscirà nel mese di Febbraio 2016, al quale nel finale gli abboniamo qualche manierismo di troppo, che scaturisce in momenti di commozione. Sinceramente, se valutiamo il messaggio unico della pellicola, non dovremmo piangere, ma alzare gli occhi al cielo facendo esplodere la gioia.
 
David Siena
 

Animali fantastici e dove trovarli

Giovedì 17 Novembre 2016 14:24
Svampito e  anticonvenzionale anche per il mondo magico, Newt Scamander (il premio oscar Eddie Redmayne) è un “magizoologo” esperto di creature fantastiche. Vuole scrivere un saggio“Animali Fantastici e Dove trovarli” che sarà nel futuro un libro di testo per la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts dove studierà il famoso Harry Potter.  J.K. Rowling la celebre scrittrice che con i suoi otto romanzi ha incantato due generazioni (dal 1997) firma una sceneggiatura del tutto inedita, per un progetto che farà da base ad una serie di 5 film. Approdato a New York nel 1926 Scamander, porta con sé una strana valigetta di pelle, all’interno le sue creature bussano, scalciano, fanno versi, smaniano dalla voglia di uscire. Lo Snaso, una sorta di morbido ornitorinco cicciotto, attratto come le gazze da tutto ciò che luccica riesce nella fuga e trascina dietro di sé una serie di mirabolanti conseguenze. Scamander attira l’attenzione del M.A.C.U.S.A. (il Magico Congresso  degli Stati Uniti D’America) e finisce sotto accusa, Tina (Katherine Waterston)  ex Auror (gli incaricati contro le Arti Oscure) vede nel seguire il caso una nuova occasione per riscattarsi e tornare nell’ordine. Intanto Percival Graves (Colin Farrell) spietato investigatore del mondo magico, trama nell’ombra per evitare una guerra tra umani e Babbani, ignari che esista la magia ma sempre più consapevoli che  possa esistere una qualche forza soprannaturale e maligna. Quello che manca alla pellicola diretta da David Yates, regista degli ultimi quattro film di Harry Potter, è la novità. Tutto sembra attingere dal calderone delle idee passate, il senso di déjà vu potrebbe essere voluto perché il mondo della Rowling si deve distinguere da quello degli altri film di genere. L’incredibile e appassionante varietà di creature, realizzate grazie all’aiuto della CGi mischia la giusta dose di tenerezza ad una sottotrama più cupa e, come sempre è accaduto nella saga, più matura e adulta. Al centro il tema della diversità, le inclinazioni non rispettare, le passioni represse e le attitudini castrate che generano mostri. Deliziosamente british, ricrea le atmosfere fumose degli anni ‘20, costumi e scenografie da teatro rendono qualsiasi  elemento di fantasia assolutamente credibile e fruibile per chi conosce bene questo mondo e chi invece ci si affaccia per la prima volta. 
 
Francesca Tulli

Animali Fantastici: I crimini di Grindelwald

Venerdì 16 Novembre 2018 16:35
J. K. Rowling firma con la sua penna magica, la sceneggiatura del secondo titolo della saga “prequel” di Harry Potter, Animali Fantastici: I crimini di Grindelwald.
Parigi è la città degli amanti, dopo una mirabolante fuga dalla prigionia Gellert Grindelwald (Johnny Depp) sceglie la capitale francese come culla per attuare il suo piano malvagio, schiavizzare i nati senza poteri magici i 'babbani' (o meglio, sarebbe piú politicamente corretto chiamarli “no-mag”) e lasciare che i purosangue siano i padroni del mondo magico. Newt Scamander (Eddie Redmayne) magizoologo, dolce premuroso tenero con ogni creatura, qualsiasi sia l'aspetto o la natura, viene coinvolto, controvoglia, da un giovane Albus Silente (Jude Law) nella lotta contro Grindelwald, ha una missione segreta, e solo lui, per il solo merito di avere un esemplare senso della giustizia può portarla a compimento. Sulle tracce del criminale anche la Auror, Tina Goldstein (Katherine Waterston) compagna di avventure di Newt. L’intera trama orbita intorno a Credence (Ezra Miller) un ragazzo orfano senza risposte. Il film, non privo di difetti risente del bisogno spasmodico di dare risposte agli appassionati. E’ dedicato principalmente a loro, alle persone cresciute aspettando una lettera per la scuola di magia di Hogwarts, ai lettori rapiti dalle vette di epicità toccate dai romanzi. La narrazione aggiunge rami agli alberi genealogici già sviluppati e intricati dei protagonisti e confonde volutamente le acque per cercare l’effetto sorpresa, che esasperato sul finale arriva. Il merito  vero per la riuscita del film va alla scelta di trattare tematiche attuali e adulte, dalla corruzione politica alla discriminazione di qualsivoglia natura. La scenografia barocca, polverosa e vissuta, rende credibile l’esperienza visiva, il film è stato quasi interamente girato nei Warner Studios di Leavesden a 30 chilometri da Londra, dove sono state ricostruite gigantesche porzioni di set, compresi gli interni e le strade parigine. A firmare la colonna sonora, nuovamente James Newton Howard, che riprende, i temi musicali firmati da John Williams per la saga principe. Le creature, di cui lo Snaso merita una menzione speciale, sono nate dall’incrocio tra CGi e tecniche tradizionali, coinvolgendo molti esperti del settore dalla Double Negative alla ILM. Che lo si voglia considerare o no un degno segmento del mondo che ha stregato due generazioni, merita sicuramente di essere visto.
 
Recensione di Francesca Tulli