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Visualizza articoli per tag: luigi lo cascio
Mafia e Antimafia raccontati a circa un migliaio di studenti di Roma e del Lazio 
con il giornalista e autore tv Giovanni Anversa, il magistrato Francesco Cascini e l’attore Luigi Lo Cascio
 
4 dicembre 2018, Auditorium Parco della Musica, ore 9.00. Via Pietro de Coubertin, 30 
 
Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente! Peppino Impastato/Luigi Lo Cascio
 
 
 
Il prossimo 4 dicembre 2018 l'Auditorium Parco della Musica ospita una giornata evento di Cinema&Storia, il Progetto Scuola ABC Arte Bellezza Cultura promosso da Regione Lazio e Roma Capitale, in cui oltre 900 studenti delle scuole superiori di Roma e del Lazio potranno incontrare il magistrato antimafia Francesco Cascini e il giornalista Giovanni Anversa, a partire dalla proiezione del film I Cento Passi diretto dal regista Marco Tullio Giordana, che narra la storia di Peppino Impastato, un giovane giornalista siciliano assassinato dalla mafia 40 anni fa, proprio nel giorno in cui viene ritrovato il corpo senza vita di Aldo Moro ucciso dalle Brigate Rosse dentro il portabagagli di una R4 rossa in via Caetani a Roma, il 9 maggio 1978.
 
Si tratta di un’occasione speciale per proporre agli studenti il grande cinema italiano d'impegno come chiave di lettura per conoscere un capitolo non secondario della Storia d'Italia e per parlare di mafia, di impegno sociale e di lotta alla corruzione anche attraverso la testimonianza di un ospite come Luigi Lo Cascio, il protagonista della pellicola.
 
I Cento Passi è "un film sulla mafia” come scrive Marco Tullio Giordana nelle note di regia in Cinematografo 2007, ma "anche un film sull'energia, sulla voglia di costruire, sull'immaginazione e la felicità di un gruppo di ragazzi che hanno osato guardare il cielo e sfidare il mondo nell'illusione di cambiarlo. È un film sul conflitto familiare, sull'amore e la disillusione, sulla vergogna di appartenere allo stesso sangue. È un film su ciò che di buono i ragazzi del '68 sono riusciti a fare, sulle loro utopie, sul loro coraggio. Se oggi la Sicilia è cambiata e nessuno può fingere che la mafia non esista, ma questo non riguarda solo i siciliani, molto si deve all'esempio di persone come Peppino, alla loro fantasia, al loro dolore, alla loro allegra disobbedienza".
 
Il debutto cinematografico di Luigi Lo Cascio, David di Donatello nel 2001 come miglior attore, avviene proprio con I Cento Passi che è unanimemente considerato tra i film d’impegno civile più influenti degli anni duemila. Il film racconta con attenzione e intelligenza la storia di Peppino Impastato, giornalista e attivista italiano, membro di Democrazia Proletaria, assassinato dalla mafia il 9 maggio 197 a causa delle sue ripetute denunce contro le attività di Cosa Nostra a Cinisi, il paese siciliano dove era nato e abitava.
 
Intervengono Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio, Francesco Cascini, magistrato, Giovanni Anversa, giornalista e autore televisivo.
 
Saranno presenti i Partners del Progetto Cinema&Storia, Nicola Borrelli, Direttore Generale Cinema MiBac, Roberto Cicutto, Presidente e A. D. Istituto Luce Cinecittà, Fabio Ferzetti e Giuliana Gamba, Giornate degli Autori, Luciano Sovena, Presidente Roma Lazio Film Commission.
 
Cinema&Storia è promosso dalla Regione Lazio con Roma Capitale, nell’ambito del POR-FSE Lazio 2014 - 2020/Asse III - Istruzione e formazione/Obiettivo specifico 10.1. L’iniziativa è curata dal Progetto ABC Arte Bellezza Cultura con Roma Lazio Film Commission, Giornate degli Autori, Istituto Luce Cinecittà, e il sostegno della Direzione Generale Cinema del MiBAC. Si ringrazia Rai Cinema.

Lacci

Martedì 08 Settembre 2020 13:26
Apre l’edizione 2020 del Festival di Venezia l’ultimo film di Daniele Luchetti, regista romano che spesso pone al centro delle sue opere la natura delle relazioni familiari e sentimentali. 
La storia si apre nel contesto della Napoli dei primi anni 80. Vanda (Alba Rohrwacher) e Aldo (Luigi Lo Cascio) sono una coppia con due figli, un maschio e una femmina, che subito affronta una crisi nel momento in cui lui s’innamora di Lidia,  una collega più giovane che gli farà mettere in discussione il suo ruolo genitoriale e maritale.
Ma il tempo non è sempre portatore di soluzioni edificanti. La seconda metà del film racconta la vita diadica dei più adulti Vanda e Aldo, interpretati stavolta da Laura Morante e Silvio Orlando che, dopo un weekend al mare trovano, al loro ritorno, il proprio appartamento devastato da ignoti e il gatto Labès, unica proiezione di vero e confortevole amore, scomparso.
A questo punto il film ci mostra anche i figli, ormai adulti, dei due protagonisti: Anna (Giovanna Mezzogiorno) e Sandro (Adriano Giannini), che non dividono mai la scena con i propri genitori, rendendo così più evidenti i differenti impatti psicologici delle azioni genitoriali nei confronti di figli inermi.
La natura dei sentimenti e come questi veicolino i rapporti umani è il filo conduttore della narrazione incentrata sulla famiglia protagonista del film di Luchetti, che si muove tra le macerie di una storia familiare che resiste al carico emotivo di un disamore latente che esplode fin dalle prime scene, per colpa o merito di un terzo e giovane personaggio femminile che detona il placido menage di una famiglia medio-borghese dell’Italia dei primi anni 80.
C’è una importante centralità dei dialoghi e delle parole che, seppure esplicativi delle dinamiche sentimentali e familiari, rendono il film a tratti verboso e quasi didascalico. Si ha l’impressione che i personaggi, seppure coinvolti dal pathos emotivo della lotta e della riconciliazione, vogliano spiegare allo spettatore, senza enuclearle davvero, le cause dei loro drammi interiori e le tensioni familiari conseguenti. E tanto i discorsi sono importanti (Aldo è una voce in radio) e puntellano la narrazione, che i momenti tensivi tra i personaggi principali sono resi muti dal regista, che sceglie discretamente di farsi più da parte, rendendoli così, in quei casi, paradossalmente più efficaci e autentici.
Il film mostra le conseguenze psicologiche dell’infanzia, e quindi anche le conseguenze dei rapporti genitoriali, sulla vita dell’uomo adulto e sul valore che questo darà alla propria vita e alla gestione delle proprie pulsioni.
La figura del padre raccontata da Luchetti è quella di un genitore distratto, corrivo, seppure a suo modo presente, che non sa o forse non vuole cogliere davvero le proprie responsabilità in nome di una malcelata sfrontatezza nell’inseguire una felicità amorosa che appaghi l’unico sentimento autentico che provi un uomo vanesio. E’ un padre degli anni 80, di una società in divenire, in cui la famiglia comincia a non essere più, o almeno non solo, il centro della vita dell’uomo. Al tempo stesso però, il personaggio interpretato da Lo Cascio raggiunge il massimo della sua dignità nel momento in cui esprime la volontarietà di seguire la natura delle sue vere passioni. 
“Noi abbiamo fatto un patto, e rispettarlo è un fatto di lealtà. Se ti sei innamorato è un altro conto. Se tu ora dici la verità salvi la vita a tutti” dice Vanda ad Aldo, dopo che lui le confessa il suo tradimento. In questa battuta c’è tutto il senso che nutre lo spirito del messaggio filmico di Luchetti e c’è l’archè di quello che vedremo nell’ora successiva. 
La vera scelta, quella importante davvero, che farà Aldo, non sarà infatti quella di andare via, ma quella di tornare e tenere per sempre il vero amore rinchiuso in un cubo di legno inespugnabile. Come in un’urna, in cui il passato è il laccio corrosivo di un presente privo di reale ed onesta autenticità sentimentale.
I lacci a cui fa riferimento il titolo del film sono infatti legami, a volte nodi, a volte catene, che nutrono lo spirito delle relazioni umane e che in una scena, svolta narrativa nel film, sono fisicamente motore di riconciliazione e strumento di redenzione per un padre per anni assente.
Il vero errore, sembra dire il regista allo spettatore, è quindi quello di non far corrispondere le proprie azioni ai propri sentimenti, costruendo così legami che possano esplicitare un esemplare senso di responsabilità in chi li subisce.
 
Valeria Volpini