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Visualizza articoli per tag: ravello

5 (Cinque)

Venerdì 19 Agosto 2011 15:53

L'attore Francesco Maria Dominedò, relativamente noto al cinema ed in televisione per ruoli al limite della legge (La squadra, Fatti della banda della Magliana, Il rabdomante) e con un background da regista, torna dietro la macchina da presa in grande stile con questa nuova opera.


5 (Cinque), ispirato ad una storia vera, è un prodotto molto vicino per tipologia di personaggi, ma anche per l'impronta della sceneggiatura di Riccardo Papa, al fumetto ed al genere seriale hard boiled, con una regia che appare forse un po' troppo patinata e vicina allo stile del videoclip.
Un film corale che racconta la storia di un gruppo di ragazzi della periferia romana, cinque appunto - come i sensi, come i lati del pentagono, come la stella ad altrettante punte, il numero della casta mistica, quello delle dita della mano del “braccio violento della legge” - che si conoscono sin da piccoli e che in comune hanno avuto la dura esperienza del riformatorio. Si ritroveranno adulti con molta voglia di rivalsa, nella speranza di svoltare con un grosso affare di droga, per poter finalmente fare la vita che sognano. Ma non tutto andrà come previsto...


Il cast è formato da attori non tutti esattamente sconosciuti, tra cui si notano Matteo Branciamore, Emma Nitti e numerose apparizioni speciali, come quelle di Rolando Ravello, Angelo Orlando, Claudia Zanella, Francesco Venditti e Massimo Bonetti. Tutti, amalgamandosi alla perfezione, hanno lavorato con fluidità, mettendo in scena una sorta di evocazione di Romanzo Criminale con echi di Sleepers, senza voler esserne copia sterile, ma anzi, distaccandosi e prendendo vita propria, mantenendo buono il livello di tensione, aiutati da ritmi veloci e riprese in steadycam. Tra gli attori spicca Alessandro Borghi, un quasi esordiente, con un ruolo principale, calato perfettamente in un personaggio vissuto, sofferto ma anche molto pulito, decisamente credibile.
Piacevolmente citazionista, la pellicola spazia da evocazioni monicelliane a contaminazioni con Di Leo e Tarantino e si apprezza in particolare per uno spiccato gusto nei confronti del travestimento, che vede molte delle partecipazioni speciali al limite del grottesco, evidenziando una forte vena autoironica di Dominedò.


Nel complesso il film, malgrado mostri qualche impasse nella fase di montaggio e qualche lungaggine in scene ininfluenti o trascurabilissime, come un neomelodico ballo in un ristorante, si dimostra un prodotto di buona fattura, che non esula dall'originalità pur avendo basi note e sbandierate.

 

Paolo Dallimonti e Chiara Nucera

il paese delle spose infelici

Venerdì 02 Dicembre 2011 17:26

 

 

Provincia di Taranto, in un'estate rovente fra splendidi tramonti soffocati dal mostro metallurgico dell'ILVA, sul fiorire degli anni novanta, quando la fine della Prima Repubblica si alterna a "Non è la Rai", forze politiche di dubbio rinnovamento, come Vito Cicerone (Antonio Gerardi), si insinuano sulle traballanti macerie dei vecchi politicanti ormai allo stremo. Veleno (Nicolas Orzella) e Zazà (Luca Schipani) sono due adolescenti uniti dall'amicizia e dal calcio: ma mentre per il primo, ragazzo di buona famiglia, è una passione accessoria, il secondo, fragile nel suo essere spavaldo, è un vero mago del pallone. Il loro rapporto è messo in discussione dalla conoscenza di Annalisa (Aylin Prandi), una ragazza controversa e disperata che tenta il suicidio lanciandosi nel vuoto dal campanile della chiesa. Annalisa è la giovane sposa, i suoi abiti eterei lo ricordano sempre, il suo triste destino si è rivelato nel momento in cui, prossima al matrimonio, il suo compagno ha perso la vita. Consegnatasi ad un piano di pura idealizzazione, staccata emotivamente dalla realtà che la circonda, segna profondamente l'immaginario dei due ragazzi che la identificano come una sorta di figura “mistica”, tappa fondamentale della loro adolescenza. Questo singolare rapporto a tre, teneramente vissuto in uno scenario di emarginazione, oscillante tra amicizia e amore, è al centro del lavoro del trentenne Mezzapesa, che debutta così col suo primo lungometraggio.
Con un curriculum di lavori pluripremiati, sceglie come ambientazione la Puglia, terra dalla quale proviene, in una chiave poetica vicina a quella del collega Edoardo Winspeare, permeata di forte realismo magico.
Prodotta da Fandango, la pellicola è comunque slegata dagli stilemi imposti dalla factory che ha appesantito registi più blasonati come Ozpetek e Ligabue, per nulla esenti dall'onnipresente ingombro di un ghost-director come Procacci. Mezzapesa però non sembra giovarsi di tale indipendenza, pagando invece lo scotto di una sceneggiatura non troppo approfondita e di una mano autoriale ancora acerba per il lungometraggio a soggetto, ma più adatta alla dimensione dell'opera breve e/o documentaria.
Al film nuocciono inoltre un'attenzione troppo minimalista a certi dettagli e la mancanza di ritmo in alcuni passaggi, come se in finale uno straccio di storia, alcuni attori naturali molto dotati e i paesaggi belli e stravolti dall'uomo in quel tacco d'Italia, bastassero a reggere un'opera prima, che rimane irrisolta come i suoi bei personaggi e che non riesce a raccontarsi fino in fondo.
 
Chiara Nucera