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Nelle Pieghe del Tempo

Giovedì 29 Marzo 2018 12:17
Per alcuni la fisica quantistica e la magia hanno una stretta correlazione. Scomparire tra le pieghe del tempo e finire chissà dove, è un concetto simile alla fantasticheria che finendo dentro un buco nero, si possa raggiungere un regno incantato, come quello oltre l’arcobaleno de “Il mago di OZ” (1939). “Le pieghe del tempo” è un romanzo pubblicato nel 1963, della scrittrice statunitense Madeleine L’Engle (scomparsa nel 2007) criticato inizialmente per essere stato definito "troppo diverso". Nel 2003 la Disney cercando come da tradizione nelle storie del passato temi attualissimi per sviluppare un adattamento cinematografico produsse il liveaction  “Viaggio nel mondo che non c’è” adattamento dello stesso libro che oggi ha riproposto con la regia di Ava DuVernay mettendo l’accento sull’importanza di avere un cast prevalentemente al femminile. Meg Murry (Storm Reid) è una bimba emarginata, nella sua scuola, soltanto Calvin (Levi Miller) il più carino della sua classe, sfidando le oche che la prendono di mira, è pronto a difenderla. Meg è figlia di due menti brillanti, suo padre, il fisico Alexander Murry (Chris Pine) è scomparso in seguito ad una sua ricerca per arrivare ad altre dimensioni attraverso le “pieghe del tempo”. Convinta che non sia morto, guidata dal suo fratellino adottivo Charles Wallace (Deric MacCabe) incontra tre donne misteriose che possono aiutarla, la signora Cos’è (Reese Witherspoon) stramba e apparentemente antipatica, la signora Chi (Mindy Kaling) dolce e premurosa (peculiare perché si esprime solo attraverso citazioni storico letterarie) e la signora Quale (Oprah Winfrey) una vera leader. Tutte e tre hanno abiti straordinari, eccentrici e bislacchi, una vera sfida per il costumista Paco Delgado (lo stesso di Les Misérables 2012 e The Danish Girl 2015) che guarda sia alla moda che al passato dando a Oprah il trucco probabilmente ispirato a quello di Bowie in Labyrinth (1986). L’avventura porta a scenari originali e variegati potenzialmente interessanti. Dove però i dettagli scintillanti hanno dato carattere e appeal alla pellicola, la fotografia e l’abuso di CGI, seppur di notevole qualità, hanno finito per rovinarla. Le tre protagoniste che trainano la prima metà del film sono state poco sfruttate nella seconda parte e nonostante il cast stellare sfortunatamente nello sguardo dei due attori principali manca il (vero) stupore per la meraviglia e per l’avverarsi dell’impossibile. I due piccoli eroi riescono a fare tutto senza farsi troppe domande, davanti alle insidie proseguono senza alcuna difficoltà reale, portando il trionfo del bene sul male ad un livello di incredulità difficile da elaborare. Tuttavia la pellicola è innocente come il pubblico di bambini e bambine a cui è destinata, meglio se interessati alle materie scientifiche e promuove dei modelli femminili forti e encomiabili.
 
Di Francesca Tulli