Fuoritraccia

Newsletter

Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Home » Recensioni » Visualizza articoli per tag: Roberto Benigni
A+ R A-
Visualizza articoli per tag: Roberto Benigni

Pinocchio

Giovedì 19 Dicembre 2019 11:54
Era il 1881, l'autore fiorentino Carlo Collodi riscriveva la concezione di romanzo di formazione per ragazzi, pubblicando su “Il giornale per i bambini” “Le avventure di Pinocchio”. Studiato nelle scuole italiane e reso celebre in tutto il mondo grazie (anche) al classico di animazione Disney del 1940 (dall’omonimo titolo Pinocchio), il burattino divenne un esempio da (non sempre) seguire per generazioni. Non sorprende che il regista romano Matteo Garrone, abbia sentito la sua storia alla tenera età di sei anni e abbia “sfruttato” la sua fama mondiale per farne un film. Geppetto (Roberto Benigni) mastro falegname in disgrazia, vive i suoi giorni di solitudine in assoluta “povertà” (la parola più ripetuta nel romanzo) un giorno vede passare il teatro dei burattini e spiando 
attraverso le grate di un carroccio si innamora dei fantocci di legno al suo interno. Si rivolge a mastro Ciliegia (Paolo Graziosi) suo vecchio collega e amico per avere un pezzo di legno da cui fabbricarsi con le proprie mani, “proprio da me un burattino di legno” desiderando che “sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali” immaginando la fortuna che avrebbe potuto avere girando per il mondo con la sua creatura. Mastro Ciliegia, gli regala a sua insaputa un ceppo magico. Pinocchio (Federico Ielapi) prende vita e Geppetto, si ritrova improvvisamente padre. Nell’Italia che fu, una serie di situazioni difficili, inganni e prove da superare porteranno il protagonista a diventare uomo o meglio “un bambino vero”. Nella fiaba compaiono personaggi antropomorfi, pupazzi parlanti e creature fantastiche, Garrone, dopo essersi affidato allo studio italiano Makinarium per gli effetti speciali del suo “Racconto dei Racconti” (2015) qui si avvale di un team internazionale, Jessica Brooks al trucco (nel dipartimento make up di grossi blockbusters, quali Star Wars L’Ascesa di Skywalker (2019), Guardiani della Galassia (2014), Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald (2018) Dumbo (2019) e serie TV di successo, quali Il Trono di Spade (2017-2019)) il designer esperto di trucco prostetico Mark Coulier (tra gli altri meriti) due volte Premio Oscar (2015,2012) per The Grand Budapest Hotel (2014) e The Iron Lady (2011) non sorprende che Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini nei panni dei viscidi truffatori Il Gatto e la Volpe risultino perfettamente credibili, lo stesso vale per  il Grillo Parlante (Davide Marotta), la Lumaca (Maria Pia Timo), Il giudice  Gorilla (Teco Celio) , il Signor Tonno, Il Pesce cane, Lucignolo, la Fata Turchina (Marine Vatch) e le decine di personaggi noti, di cui forse il più “amabile” è Mangiafuoco, un “terribile” Gigi Proietti. Tra le location dove il tempo sembra essersi fermato scelte da Dimitri Capuani, troviamo le colline della Val di Chiana Senese e una frazione di Sinalunga, La Fratta, dove parte del set è stato ricostruito da zero. Garrone affidatosi alle illustrazioni storiche di Enrico Mazzanti e alle parole di Collodi (la sceneggiatura è una limatura del testo originale) ha trasposto fedelmente la storia senza osare passi falsi, conservandone anche le brutture la pesantezza, la polvere, dove per l’acclamato Dogman (2018) aveva scritto una storia inquietante e satura di realismo, qui torna all’infanzia, una fiaba anacronistica, ma dalla “morale” pur sempre “reale”.
 
Francesca Tulli