Fuoritraccia

Newsletter

Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Home » Recensioni » Visualizza articoli per tag: The Golden Glove
A+ R A-
Visualizza articoli per tag: The Golden Glove

The Golden Glove

Mercoledì 13 Febbraio 2019 17:25
The Golden Gloves (guanti d’oro), notare che qui troviamo una “s” in più rispetto al titolo del film, ma poco cambia per la disamina e il parallelismo che andiamo a spiegare, era una competizione di boxe amatoriale americana in voga dalla fine degli anni 20. Ci si deve essere ispirato Fritz Honka, il protagonista di questo film. E di conseguenza scommettiamo che il suo sport preferito sia stato proprio il pugilato, visto che era il numero uno, ahinoi, a prendere a pugni delle povere donne per poi ridurle a brandelli. I suoi non erano guanti d’oro, ma pugni di morte: il mezzo per esternare una grave malattia mentale, colma di diseducazione e di frustrazione.
The Golden Glove di Fatih Akin sconvolge così la kermesse berlinese (in concorso).  Il vincitore del Golden Globe 2018 per Oltre la Notte adatta l’omonimo romanzo di Heinz Strunk ,che racconta degli efferati delitti del serial killer Fritz Honka ad Amburgo nei primi anni 70. 
 
Nel quartiere a luci rosse della città tedesca vive l’alcolizzato Honka (Jonas Dassler). Il suo appartamento trasuda colpe e cattivi odori. Nelle sue mani tiene sempre ben salde una bottiglia ed un sega. Quest’ultima la usa per tagliare le sue vittime, per poi stipare i pezzi del corpo nei muri. Tutti si lamentano del fetore proveniente dalla sua casa, ma lui dà la colpa alla cucina dei suoi coinquilini di origine greca. L’attuale malcapitata si chiama Gerda Voss (Margarethe Tiesel), che accortasi degli strani atteggiamenti di Fritz riesce a scappare mentre lui è al lavoro. Quando tutto sembra precipitare l’uomo sembra rinsavire, fino al momento in cui si invaghisce di una collega ed i suoi incubi tornano a visitarlo. L’alcol diventa ancora il suo miglior amico. A braccetto vanno verso l’autodistruzione. La goccia che farà traboccare il vaso ha il viso di una bellissima teen-ager, che trascinerà il viscido individuo fino alle fiamme dell’inferno.
 
Fatih Akin dirige con mano da navigato cineasta. Piani sequenza magistrali che mettono in mostra l’estremismo di una mente malata. La regia si allinea all’oltranzismo del killer così da rendere il film estremamente vivido ed angosciante, complice anche una messa in scena impeccabile.
Il regista tedesco si affida ad una violenza vontrieriana ed a una scarsa sceneggiatura per legittimare le proprie intenzioni: comporre un film piatto, volutamente non empatico, ma rivoltante da far attorcigliare lo stomaco. Si perché il mostro di Firenze tedesco è privo di sostanza, è brutalità pura. Non c’era bisogno di entrare in chissà quale psicologismo. Solo ferocia per descrivere questo mostro contemporaneo.
Un riuscito B movie tendente al grottesco e non retorico, che se ne sbatte degli attuali movimenti pro-femminismo. Qui non c’è nessuna pietà per le donne, sgraziate e oltre l’orlo della crisi di nervi.
 
Di spessore la prova attoriale di Jonas Dassler. Il suo mostro è impressionante, aiutato anche da un trucco da Oscar. Spodesta il diavolo dal suo trono degli inferi e ci conduce al suo interno. Mondo di prostitute, desideri malati, alcol a fiumi, flatulenze e divampanti fiamme. 
 
The Golden Glove esce completamente dai canoni dei film precedenti del regista. I temi dell’integrazione, emigrazione lasciano spazio agli incubi e alle paure dell’autore. Fatih Akin è nato proprio ad Amburgo. Mettendo in scena l’uomo nero si propone di combattere i propri demoni e lo fa non risparmiandosi. Confeziona un film moralmente discutibile visto il suo atteggiamento scorretto, ma corretto nell’essenza e nei contenuti.
 
David Siena