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A real pain

Giovedì 27 Febbraio 2025 16:48

Due cugini diversissimi nei caratteri e nei modi di affrontare la vita. David inquadrato, preciso, paranoico, ansioso ma per la società benpensante e perbenista integrato e realizzato, con un lavoro e una famiglia. Benji solo, solitario, sensibile, empatico ma ai margini, relegato a guardare la vita scorrere davanti e con un pensiero strisciante che vorrebbe fargli commettere gesti inconsulti per poter smettere di soffrire. A legarli, oltre all'infanzia vissuta in simbiosi come fratelli, il ricordo della nonna recentemente  scomparsa, di origini polacche, ebrea sopravvissuta all'Olocausto. Si incontrano di nuovo, dopo che le loro esistenze hanno preso direzioni diverse, in quell' America che accoglie tutti e dona a ciascuno la possibilità di vivere il proprio sogno, a patto che si sia in grado di individuarlo. Il motivo della loro reunion è un viaggio organizzato con una guida che li porterà sui luoghi della Shoah nel Paese della nonna defunta.  Interessante il punto di vista registico che affronta un' argomento così delicato e doloroso senza mai calcare la mano ma anzi introducendo sempre degli elementi che possano alleggerire la situazione che di volta in volta si viene a creare. A partire dal gruppo che si appresta a partire insieme a questa strana coppia di parenti amici che è eterogeneo, poco assortito, formato da esperienze di vita diverse e con modalità di rapportarsi al dolore differenti. Si sceglie, però ed un peccato,  di non esplorare i loro punti di vista facendoli rimanere un contraltare dei protagonisti, utili solo per giustificare questi viaggi turistici sui luoghi della memoria che non sempre sono sentiti ma semplicemente dettati da un imperativo categorico o per essere dei discendenti diretti delle vittime o semplicemente per poter dire di essere in pace con la propria coscienza di cittadini modello, attenti al rispetto per una tragedia che ha sconvolto la geografia mondiale e ha ripercussioni anche oggi a distanza di decenni dalla sua conclusione. Il film è un racconto delicato, in punta di piedi e ha il pregio di non angosciare lo spettatore ma di spostare tutto il peso sulle generazioni che hanno vissuto indirettamente i riflessi di una sciagura che ha coinvolto i propri avi. Manca un finale potente al film. Si chiude un cerchio ma non si raggiunge un livello superiore. Tutto torna ad essere come all' inizio, con un cugino che pensa alla cena di ritorno con la famiglia riunita da riabbracciare e con l' altro cugino che preferisce rimanere ancora una volta in disparte, a latere, ad essere semplice comparsa e non protagonista. In un mondo di John e di Paul anche Benji sceglie di essere Ringo Starr come cantavano i Pinguini tattici nucleari in una loro hit di qualche anno fa. Non si capisce se questo possa essere considerato un pregio o un difetto ma il film dimostra una incontrovertibile verità. Ognuno soffre a modo suo, ognuno reagisce con i mezzi personali che possiede, ognuno ha una sensibilità e una modalità di affrontare il dolore estremamente personale e non può essere giudicato da chi non ha contezza di ciò che si sta passando, né sminuendo ma nemmeno arrogandosi il diritto di comprendere fino in fondo. 

Virna Castiglioni