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50 sfumature di nero

Giovedì 09 Febbraio 2017 19:01
Che i libri di '50 sfumature di' fossero un fenomeno commerciale inarrestabile grazie alla formula magica "principe azzurro+donna emancipata+sadomaso" lo sapevamo dal 2011 quando E. L. James casalinga inglese stanca della routine trovò un editore per il primo dei suoi quattro libri fortunati. Furba e in anticipo su tutti gli altri cambiò i nomi di personaggi principali alle sue fan fiction su Twilight e da Edward Cullen inventò Mr. Grey l'uomo che non deve (o quasi) chiedere mai...biondo occhi azzurri, ricco sfondato da far invidia a Bruce Wayne, scapolo d'oro e con un piccante segreto...la ‘camera rossa’ dei giochi dove “scopa forte” le sue sottomesse con i suoi attrezzi sadici. Tutto scritto in prima persona attraverso gli occhi della povera e innocente Anastasia Steele, la ragazza semplice che gli insegna ad amare. L'adattamento del secondo volume, Cinquanta sfumature di Nero del regista James Foley, sfida la nostra pazienza e si affretta a scalare la vetta degli incassi al botteghino anche in Italia. Facilmente si può intuire perché un film del genere può avere una così grande risonanza nonostante gli inutili avvertimenti della critica, viene da domandarsi cosa il pubblico vuole veramente vedere. Cerchiamo di risolvere questa matassa. Abbiamo lasciato alla fine del primo film, la protagonista 'Ana'-stasia (Dakota Johnson) delusa dalle abitudini da pervertito di Christian Grey (Jamie Dornan) dopo aver ricevuto qualche frustrata consenziente. La ritroviamo a lavorare in una casa editrice alle dipendenze di un capo belloccio che le fa la corte (la protagonista gode di questa abilità di far cadere tutti ai suoi piedi: non cerchiamo di trovarci un perché, è una regola non scritta). Mr. Grey le propone di ricominciare da capo, senza che la loro relazione sia vincolata da contratti ridicoli (che stabilivano quali pratiche sessuali potevano consensualmente praticare sotto le coperte, per fare un esempio esplicativo “frustate si ma fisting anale no”) deciso pur di stare con lei a rinunciare al suo ruolo di “Padrone” ed abbracciare la prospettiva di una relazione normale o come piace chiamarla a lei “alla vaniglia”. Il tutto trasforma la vicenda pseudo trasgressiva nel sogno adolescenziale o no di curare “una povera anima ferita” senza rinunciare al sesso e alla propria indipendenza. La colonna sonora ospita per la prima volta nuovi brani commerciali blasonati per ragazzine, che vengono lanciati durante le scene più hot, come le pubblicità pagate miliardi nelle pause di Sanremo. Quello che lo share vuole vedere è questo, ridere di una storia frivola, svagarsi, appagare il senso di trasgressione guardando un film innocuo che passa per ‘proibito’, dove le scene di sesso (aumentate rispetto al primo) sono adatte ad ogni tipo di pubblico maggiorenne (o quasi) patinate e sfiziose quanto basta, con la giusta dose di attori bellocci e romanticismo da cartolina. Non è perciò difficile intravedere la pochezza che si cela dietro un simile prodotto.  
 
Francesca Tulli