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Jupiter - Il destino dell'universo

Giovedì 05 Febbraio 2015 10:51
Quanti registi oggi giorno, sono in grado di scrivere un soggetto fantascientifico da zero attingendo al classico, senza tradire il proprio gusto, per portare un messaggio personale al pianeta terra? Domanda che potrebbe sembrare retorica ma che in questo caso sottolinea un'eccezione. I fratelli Lana e Andy Wachowski (famosi creatori di Matrix) ci aprono gli occhi ancora una volta su nuovi mondi, dissetando un panorama arido di idee, che ultimamente attinge sempre da vecchie glorie per rigenerarsi, producendo e dirigendo Jupiter Ascending. 
Jupiter Jones (Mila Kunis)  lavora come donna di servizio, vive con la sua chiassosa famiglia per metà russa e odia la sua vita. Lontano nell'universo, su un pianeta meraviglioso, gli eredi della casata di Abrasax, orfani della matriarca, litigano per l'eredità e  il maggiore e più privilegiato Balem (Eddy Redmayne) non vuole cedere ne al fratello ne alla sorella  la sua preziosa "terra". Pronta (o quasi) per donare i propri ovuli e fare un'po' di soldi facili, Jupiter Jones viene attaccata da alieni mutaforma nella clinica e salvata, o meglio rapita, da Caine Wise (il prestante Channing Tatum) cacciatore di taglie e socio del "veterano" Stinger (Sean Bean). Il salvataggio la porterà decisamente aldilà di ogni umana comprensione in una realtà dove tutti la chiamano "Sua Maestà". Se il filo conduttore di Cloud Atlas (più commovente e spietato) era l'importanza della libertà in ogni sua forma, Jupiter riprende  il tema della verità, quella che, invisibile e poi scoperta, può cambiare per sempre la vita di una singola persona e in questo caso, il destino dell'universo. La scenografia è mozzafiato, spostandoci dalla terra, troviamo palazzi d'oro che somigliano alla Asgard del Thor della Marvel cinematografica, cascate e cupole michelangiolesche, che ricordano il pianeta Naboo nella saga di Star Wars, astronavi eleganti e scomposte nello spazio infinito, i costumi sono dettagliatissimi, raffinati e minuziosi. Quali sono i difetti di questo film? diversi purtroppo. Da appassionata mi rendo conto che sarà di difficile digestione per chi non ama il genere: ha delle sequenze d'azione molto lunghe e caotiche, certi personaggi interessanti avrebbero avuto bisogno di uno spazio più ampio per respirare e nella sceneggiatura ci sono delle debolezze, i  siparietti romantici ad esempio spezzano rovinosamente la continuità degli eventi, la belloccia protagonista è mono espressione pertanto non sembra troppo turbata nel prendere decisioni cruciali e affrettate. Un'ultima nota di demerito (a mio avviso) da imputare al doppiaggio italiano: Eddy Redmayne ha una voce fastidiosissima, capisco la difficoltà di rendere una voce maschile viscida e effeminata ma il ricordo purtroppo va ai nostrani I Soliti Idioti, troppo macchiettistico per risultare efficace, svilendo ogni intento di credibilità.
 
Francesca Tulli
 

Ave Cesare!

Mercoledì 09 Marzo 2016 11:32

Ave Cesare! Dei fratelli Ethan e Joel Coen è un fantastico dipinto della realtà dietro alla cinepresa. Nella florida America degli anni 50 il produttore e regista Josh Broline (Eddie Mannix) di una grandissima casa di produzione (che potrebbe essere la Disney come la Warner Bros) cerca di fare il film perfetto. Si convince di poter realizzare un kolossal alla Ben-Hur su Gesù Cristo senza offendere nessuna religione presente negli Stati Uniti con l’attore più in voga del momento nei panni di un antico romano redento Baird Whitlok (George Clooney). Tutto procede a meraviglia fino a quando Whitlok viene rapito. Per gli altri registi ignari, alle prese con i propri film lo show deve continuare: Laurence Laurentz (Ralph Fiennes) di cui è difficile anche pronunciare il nome, costringe nei panni di un damerino una stella nascente del Western Hoby Doyle (Alden Ehrenreich) ottenendo pessimi risultati. La star casta e pura dei Musical DeeAnna Moran (Scarlet Johansson) è in realtà una donna dissoluta a cui bisogna trovare un marito per nascondere una gravidanza indesiderata. Burt Gunney (Channing Tatum) è potenzialmente perfetto sa ballare cantare (e recitare!) ma lo considerano solo per ruoli frivoli. Tutto questo chiacchierare viene mediato dalla stampa, qui rappresentata da due sorelle gemelle, Thora e Thessaly Thacker entrambe interpretate da una deliziosa Tilda Swinton. Le musiche di Carter Burwell distendono l’intreccio, la fotografia è brillantemente condita dal make up sfarzoso tipico degli anni rappresentati. I registi attualizzano gli anni 50 e ripropongono le stesse dinamiche che chiunque nel mondo del cinema si ritrova davanti da secoli. Gli sceneggiatori sono fondamentali ma sono messi sempre in secondo piano, il pubblico vede quello che vuole vedere, i registi hanno molteplici interessi ma sono consapevoli delle responsabilità che hanno. La finzione è vera, fuori come dentro al film. Indigesto per tanti versi, cervellotico e confusionario per altri è stato ignorato agli Oscar e frainteso da una stragrande maggioranza di pubblico. E’ cinema dentro al cinema, un circo di giostranti incapaci che crea sogni e elude speranze. Un omaggio vestito da parodia, dove l’amore per questo mondo è sentito quanto criticato.

Francesca Tulli