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David 2017. Le Candidature

Martedì 21 Febbraio 2017 18:15
Sono state rese note tutte le candidature che concorreranno il prossimo 27 marzo alla cerimonia ufficiale dei David di Donatello 2017, che si terrà presso gli Studios di via Tiburtina. 
 
A fare incetta di candidature troviamo Indivisibili e La pazza gioia, 17 a testa, ma Veloce come il vento segue con un totale di 16. Doppiamente candidato Valerio Mastandrea (Miglior Attore Protagonista per Fai bei sogni e Miglior Attore Non Protagonista per Fiore). 
 
 
Nella categoria MIGLIOR FILM 
 
Fai bei sogni regia di: Marco Bellocchio
Fiore regia di: Claudio Giovannesi
Indivisibili regia di: Edoardo De Angelis
La pazza gioia regia di: Paolo Virzì
Veloce come il vento regia di: Matteo Rovere
 
 
MIGLIOR REGIA
Marco Bellocchio, per Fai bei sogni
Claudio Giovannesi, per Fiore
Edoardo De Angelis, per Indivisibili
Paolo Virzì, per La pazza gioia
Matteo Rovere, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORE REGISTA ESORDIENTE
Michele Vannucci, per Il più grande sogno
Marco Danieli, per La ragazza del mondo
Marco Segato, per La pelle dell'orso
Fabio Guaglione, Fabio Resinaro, per Mine
Lorenzo Corvino, per WAX: We are the X
 
 
MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE
Claudio Giovannesi, Filippo Gravino, Antonella Lattanzi, per Fiore
Michele Astori, Pierfrancesco Diliberto, Marco Martani, per In guerra per amore
Nicola Guaglianone, Barbara Petronio, Edoardo De Angelis, per Indivisibili
Francesca Archibugi, Paolo Virzì, per La pazza gioia
Roberto Andò, Angelo Pasquini, per Le confessioni
Filippo Gravino, Francesca Manieri, Matteo Rovere, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORE SCENEGGIATURA ADATTATA
Fiorella Infascelli, Antonio Leotti, per Era d'estate
Edoardo Albinati, Marco Bellocchio, Valia Santella, per Fai bei sogni
Gianfranco Cabiddu, Ugo Chiti, Salvatore De Mola, per La stoffa dei sogni
Francesco Patierno, per Naples '44
Francesca Marciano, Valia Santella, Stefano Mordini, per Pericle il nero
Massimo Gaudioso, per Un paese quasi perfetto
 
 
MIGLIOR PRODUTTORE
Cristiano Bortone, Bart Van Langendonck, Peter Bouckaert, Gong Ming Cai, Natacha Devillers, per Caffè
Pupkin Production e IBC Movie con Rai Cinema, per Fiore
Attilio De Razza, Pierpaolo Verga, per Indivisibili
Marco Belardi per Lotus Production (una società di Leone Film Group) – in collaborazione con Rai Cinema, per La pazza gioia
Angelo Barbagallo per Bibi Film con Rai Cinema, per Le confessioni
Domenico Procacci con Rai Cinema, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORE ATTRICE PROTAGONISTA
Daphne Scoccia, per Fiore
Angela e Marianna Fontana, per Indivisibili
Valeria Bruni Tedeschi, per La pazza gioia
Micaela Ramazzotti, per La pazza gioia
Matilda De Angelis, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA
Valerio Mastandrea, per Fai bei sogni
Michele Riondino, per La ragazza del mondo
Sergio Rubini, per La stoffa dei sogni
Toni Servillo, per Le confessioni
Stefano Accorsi, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA
Antonia Truppo, per Indivisibili
Valentina Carnelutti, per La pazza gioia
Valeria Golino, per La vita possibile
Michela Cescon, per Piuma
Roberta Mattei, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
Valerio Mastandrea, per Fiore
Massimiliano Rossi, per Indivisibili
Ennio Fantastichini, per La stoffa dei sogni
Pierfrancesco Favino, per Le confessioni
Roberto De Francesco, per Le ultime cose
 
 
MIGLIOR AUTORE DELLA FOTOGRAFIA
Daniele Ciprì, per Fai bei sogni
Ferran Paredes Rubio, per Indivisibili
Vladan Radovic, per La pazza gioia
Maurizio Calvesi, per Le confessioni
Michele D'Attanasio, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORE MUSICISTA
Carlo Crivelli, per Fai bei sogni
Enzo Avitabile, per Indivisibili
Carlo Virzì, per La pazza gioia
Franco Piersanti, per La stoffa dei sogni
Andrea Farri, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIOR CANZONE ORIGINALE
"I CAN SEE THE STARS", musica e testi di Fabrizio Campanelli, interpretata da Leonardo Cecchi, Eleonora Gaggero, Beatrice Vendramin, per Come diventare grandi nonostante i genitori
"ABBI PIETÀ DI NOI", per Indivisibili, musica, testi di Enzo Avitabile, interpretata da Enzo Avitabile, Angela e Marianna Fontana, per Indivisibili
"L'ESTATE ADDOSSO", musica di Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti, Christian Rigano e Riccardo Onori, testi di Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti e Vasco Brondi, interpretata da Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti, per L'estate addosso
"PO POPPOROPPÒ", musica e testi di Carlo Virzì, interpretata dai pazienti di Villa Biondi, per La pazza gioia
"SEVENTEEN", musica di Andrea Farri, testi di Lara Martelli, interpretata da Matilda De Angelis, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORE SCENOGRAFO
Marcello Di Carlo, per In guerra per amore
Carmine Guarino, per Indivisibili
Marco Dentici, per Fai bei sogni
Tonino Zero, per La pazza gioia
Livia Borgognoni, per La stoffa dei sogni
 
 
MIGLIORE COSTUMISTA
Cristiana Ricceri, per In guerra per amore
Massimo Cantini Parrini, per Indivisibili
Catia Dottori, per La pazza gioia
Beatrice Giannini, Elisabetta Antico, per La stoffa dei sogni
Cristina Laparola, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIOR TRUCCATORE
Gino Tamagnini, per Fai bei sogni
Maurizio Fazzini, per In guerra per amore
Valentina Iannuccilli, per Indivisibili
Esmé Sciaroni, per La pazza gioia
Silvia Beltrani, per La stoffa dei sogni
Luca Mazzoccoli, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIOR ACCONCIATORE
Mauro Tamagnini, per Fai bei sogni
Massimiliano Gelo, per In guerra per amore
Vincenzo Cormaci, per Indivisibili
Daniela Tartari, per La pazza gioia
Alessio Pompei, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORE MONTATORE
Consuelo Catucci, per 7 minuti
Chiara Griziotti, per Indivisibili
Cecilia Zanuso, per La pazza gioia
Alessio Doglione, per La stoffa dei sogni
Gianni Vezzosi, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIOR SUONO
Presa diretta: Gaetano Carito – Microfonista: Pierpaolo Lorenzo – Montaggio: Lilio Rosato – Creazione suoni: New Digital Sound – Mix: Roberto Cappannelli, per Fai bei sogni
Presa diretta: Valentino GIANNÌ – Microfonista: Fabio Conca – Montaggio: Omar Abouzaid e Sandro Rossi – Creazione suoni: Lilio Rosato – Mix: Francesco Cucinelli, per Indivisibili
Presa diretta: Alessandro Bianchi – Microfonista: Luca Novelli – Montaggio: Daniela Bassani – Creazione suoni: Fabrizio Quadroli – Mix: Gianni Pallotto c/o SOUND DESIGN, per La pazza gioia
Presa diretta: Filippo Porcari – Microfonista: Federica Ripani – Montaggio: Claudio Spinelli – Creazione suoni: Marco Marinelli – Mix: Massimo Marinelli, per La stoffa dei sogni
Presa diretta: Angelo Bonanni – Microfonista: Diego De Santis – Montaggio e Creazione suoni: Mirko PERRI – Mix: Michele Mazzucco, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIORI EFFETTI DIGITALI
Chromatica, per In guerra per amore
Makinarium, per Indivisibili
Mercurio Domina, Far Forward, Fast Forward, per Mine
Canecane, Inlusion, per Ustica
Artea Film & Rain Rebel Alliance International Network, per Veloce come il vento
 
 
MIGLIOR DOCUMENTARIO
60 - Ieri, oggi, domani, di Giorgio Treves
Acqua e zucchero: Carlo Di Palma, i colori della vita, di Fariborz Kamkari
Crazy for football, di Volfango De Biasi
Liberami, di Federica Di Giacomo
Magic Island, di Marco Amenta
 
 
MIGLIOR FILM DELL'UNIONE EUROPEA
Florence, di Stephen Frears
Io, Daniel Blake, di Ken Loach
Julieta, di Pedro Almodovar
Sing Street, di John Carney
Truman – Un vero amico è per sempre, di Cesc Gay
 
 
MIGLIOR FILM STRANIERO
Animali notturni, di Tom Ford
Captain Fantastic, di Matt Ross
Lion, di Garth Davis
Paterson, di Jim Jarmusch
Sully, di Clint Eastwood
 
 
MIGLIOR CORTOMETRAGGIO
A casa mia, di Mario Piredda
Ego, di Lorenza Indovina
Mostri, di Adriano Giotti
Simposio suino in re minore, di Francesco Filippini
Viola, Franca, di Marta Savina
Il miglior cortometraggio Premio David di Donatello 2017 è: A CASA MIA di Mario Piredda
 
 
DAVID GIOVANI
Michele Placido, per 7 minuti
Pierfrancesco Diliberto, per In guerra per amore
Gabriele Muccino, per L'estate addosso
Paolo Virzì, per La pazza gioia
Roan Johnson, per Piuma
 
 

Donne nell'arte. L'8 marzo all'Apollo 11

Giovedì 02 Marzo 2017 14:37
Mercoledì 8 marzo presso il centro culturale Apollo 11, via Bixio 80 a Roma, si terrà dalle 17,15 l'incontro “DONNE  NELL’ ARTE” , un
omaggio alle donne che lavorano nel campo artistico con proiezioni, anteprime, trailer, cortometraggi, spot, videoclip, presentazioni libri e dibattito. L'ingresso è libero. 
 
 
“Le donne nell’arte” è un’iniziativa promossa dall’associazione culturale Romarteventi e Cinema D'Autrice di Elena Tenga, in collaborazione con APOLLO  11  e la direzione artistica di Francesca Piggianelli. 
 
- ANTEPRIME cortometraggi: “BAGNI” di Laura Luchetti, ”EGO” di Lorenza Indovina, “La slitta” di Emanuela Ponzano, presenti le registe
 
- LIBRI : presentazione di alcuni libri di successo alla presenza delle autrici tra cui citiamo Emanuela Mascherini con “Alice senza meraviglie” Valentina Tonelli con “Ascoltami in silenzio per raccontare di me”modera la giornalista e scrittrice Chiara Nucera
 
- CINEMA : incontri ed anticipazioni alla presenza della distributrice Lucy De Crescenzo della Europictures , la produttrice Pilar Saavedra della Moliwood films, la sceneggiatrice e regista Manuela Tempesta, la sceneggiatrice e produttrice Carlotta Bolognini, la regista Giovanna Gagliardo ed altre ospiti
 
- OMAGGIO  ad  Anna Magnani con annuncio  della quarta edizione “Premio Anna Magnani” alla presenza del direttore artistico Matteo Persica, autore di successo del libro dedicato ad Anna Magnani
 
- DIBATTITO: incontro sul tema “Le donne nell’arte....ieri…oggi…domani” con la partecipazione delle maestranze del panorama artistico, cinematografico e di stampa, registe, scrittrici, sceneggiatrici, giornaliste, produttrici e distributrici, modera la giornalista Anna Maria Piacentini.    
 
ORE 21:00 Film “APRI GLI  OCCHI”di Leyla Bouzid   biglietto 3.00 euro  
        
Un ringraziamento ad Antica Distilleria Petrone ed al Cioccolato Venchi
 

Globi d'Oro 2017. Annunciate le candidature

Martedì 30 Maggio 2017 14:02
L’Associazione della Stampa Estera è lieta di annunciare le cinquine dei Globi d’Oro 2017, i premi della Stampa Estera ai film italiani arrivati alla 57a edizione.
I vincitori saranno svelati durante la cerimonia di premiazione a inviti che si terrà mercoledì 14 giugno a Villa Medici.
L’ Associazione della Stampa Estera annuncia inoltre il Globo d‘Oro alla Carriera al regista Dario Argento e il Gran Premio della Stampa Estera a Restaurare il cielo di Tommaso Santi. Entrambi i premi saranno consegnati durante la cerimonia del 14 giugno.
 
 
GLOBO D’ORO ALLA CARRIERA a DARIO ARGENTO 
 
L’Associazione della Stampa Estera in Italia conferisce quest’anno il suo Premio alla Carriera a Dario Argento, maestro indiscusso della suspense e del brivido. Dario Argento definisce se stesso «il più grande assassino del cinema italiano» per i suoi 90 omicidi eccellenti in quasi cinquant’anni di carriera. Con un tocco d'ironia e con raffinata maestria ha saputo tenere gli spettatori col fiato sospeso fino all’ultimo.
Molto amato all’estero, firma le sue opere mettendo in scena le sue mani, come faceva Hitchcock con il suo profilo. A lui chiediamo di non smettere mai di terrorizzarci.
 
GRAN PREMIO DELLA STAMPA ESTERA a RESTAURARE IL CIELO di Tommaso Santi
 
Talvolta le favole escono dai film, si fanno spazio nella realtà e mostrano che c’è “un mondo possibile”. Un mondo dove intesa, accordo e collaborazione fanno sì che eccellenza artigiana e tradizione italiana arrivino a restaurare un pezzo della storia comune dell’umanità. 
Fatti che, di per se, sono già un piccolo miracolo. 
 
 
CANDIDATURE DELLA 57a EDIZIONE DEI GLOBI D’ORO
 
 
MIGLIOR CORTOMETRAGGIO
 
Blue Screen di Riccardo Bolo e Alessandro Arfuso
Buffet di Alessandro D’Ambrosi, Santa De Santis
Confino di Nico Bonomolo
Penalty di Aldo Iuliano
Uno scatto d’autore di Consuelo Pascali
 
MIGLIOR DOCUMENTARIO*
 
60 - Ieri Oggi Domani di Giorgio Treves
Cacciatore di paesaggi di Fabio Toncelli
Cinque mo(N)di di Giancarlo Soldi
Il pugile del Duce di Tony Saccucci
Italian Offshore di Marcello Brecciaroli, Manuele Bonaccorsi, Salvatore Altiero
Liberami di Federica Di Giacomo
L’uomo che non cambiò la storia di Enrico Caria
Our War di Bruno Chiaravalloti, Claudio Jampaglia, Benedetta Argentieri
Uberto degli Specchi di Marco Mensa, Elisa Mereghetti
Via della Conciliazione di Raffaele Brunetti, Piergiorgio Curzi
 
MIGLIOR OPERA PRIMA
 
Chi salverà le rose di Cesare Furesi
La pelle dell’orso di Marco Segato
La ragazza del mondo di Marco Danieli
Le ultime cose di Irene Dionisio
Our War di Benedetta Argentieri, Bruno Chiaravalloti, Claudio Jampaglia
 
MIGLIORE COMMEDIA
 
Beata ignoranza di Massimiliano Bruno
Che vuoi che sia di Edoardo Leo
In guerra per amore di Pierfrancesco Diliberto
Lasciati andare di Francesco Amato
Questione di Karma di Edoardo Falcone
 
MIGLIORE SCENEGGIATURA
 
Fai bei sogni  - Marco Bellocchio, Edoardo Albinati, Valia Santella
La pazza gioia - Paolo Virzì, Francesca Archibugi
La ragazza del mondo - Marco Danieli, Antonio Manca
La tenerezza - Gianni Amelio, Alberto Taraglio
Veloce come il vento - Matteo Rovere, Francesca Manieri, Filippo Gravino
 
MIGLIORE ATTRICE
 
Valeria Ciangottini per Cronaca di una passione
Angela e Marianna Fontana per Indivisibili
Isabella Ragonese per Il padre d’Italia
Micaela Ramazzotti per La tenerezza
Sara Serraiocco per La ragazza del mondo
 
MIGLIORE ATTORE
 
Stefano Accorsi per Veloce come il vento
Renato Carpentieri per La tenerezza
Carlo Delle Piane per Chi salverà le rose
Luca Marinelli per Il padre d’Italia
Michele Riondino per La ragazza del mondo
 
MIGLIORE MUSICA
 
Enzo Avitabile per Indivisibili
Nino D’Angelo per Falchi
Stefano Di Battista per Sole Cuore Amore
Andrea Farri per Lasciati andare
Marcello Peghin per Chi salverà le rose
 
MIGLIOR FOTOGRAFIA
 
Maurizio Calvesi per Questione di Karma
Vincenzo Carpineta per La stoffa dei sogni
Daniele Ciprì per In guerra per amore
Daria D’Antonio per La pelle dell’orso
Michele D’Attanasio per Veloce come il vento
 
MIGLIOR FILM
 
Fai bei sogni di Marco Bellocchio
Indivisibili di Edoardo De Angelis
La pazza gioia di Paolo Virzì
La stoffa dei sogni di Gianfranco Cabiddu
La tenerezza di Gianni Amelio
 
 
 
* Per la prima volta nella storia dei Globi d’Oro, l’Associazione della Stampa Estera ha preferito creare una decina, invece di una cinquina, per la sezione documentari tenendo conto della grande crescita e 
qualità delle produzioni di questo genere in Italia durante l’anno 2016/2017.

The Hateful Eight

Martedì 02 Febbraio 2016 22:58

Ambientato durante la Guerra civile, The Hateful Eight, ottavo e ultimo lavoro di Quentin Tarantino,  si mostra molto particolare nel suo genere, essendo un mix di generi, tanto che potremmo chiederci se, abbandonato l'aspetto di un western classico, in realtà non si debba parlare di thriller, commedia, film drammatico, claustrofobica pellicola ad alta tensione, film di Natale post Natale? Il vero problema non è quello di incasellare il tutto in precisi parametri cinematografici, bensì quello di ritrovare un senso più compiuto dietro le abbaglianti immagini.

Si parte così con un prodotto corale dove tutte le vecchie glorie del cinema di Tarantino tornano nel tentativo di riprendere da dove le avevamo lasciate, esattamente dove le avevamo lasciate. Proprio per questo sembra per certi versi di assistere ad un'autocelebrazione, dove non solo ritroviamo coloro ai quali eravamo abituati ma anche e soprattutto ambientazioni che non ci sono nuove in una storia che è tutto fuorché originale. Tutto comincia in una landa desolata nel più feroce degli scenari in cui un uomo possa trovarsi, una terra dove la natura è nemica e dove immense gelide vallate segnano la linea dell'orizzonte. L'ambientazione western era già stata affrontata nel precedente Django Unchained, ci ritroviamo quindi davanti ad un omaggio, ancora una volta, ai grandi maestri del passato ma in particolare, come dichiara Tarantino, a Sergio Leone, abbondando in citazioni e, soprattutto, in autocitazioni. 
Ma oltre che a Leone, anche se in chiave leggermente dissonante, The Hateful Eight è chiaramente legato a La Cosa di John Carpenter, a sua volta pellicola ispiratrice de Le Iene. Da La Cosa, oltre che il protagonista Kurt Russell e il direttore della colonna sonora, Tarantino riprende le stesse ansiogene e innevate ambientazioni, per protagonisti che rinchiude dentro scricchiolanti pareti di un rifugio isolato, limitati fisicamente sotto il giogo della costante minaccia di un nemico invisibile ma tangibile al contempo, nella classica lotta alla sopravvivenza.  Un luogo non luogo perduto in un tagliente gelo, in cui solo un rifugio può sembrare un porto sicuro, dove non vi è in realtà salvezza perchè tutti saranno l'uno contro l'altro per causa e indole, divisi in fazioni ma purtroppo esenti da colpi di scena. Un discorso preciso va intrapreso sulla scrittura alla base di questo lavoro, che inizialmente si presenta come un thriller grottesco con struttura teatrale, serratissimi dialoghi in un'unità di luogo e di tempo, nonostante i numerosi, ma non necessari, flashback a ripercorrere gli eventi da più angolazioni, come una sorta di Rashomon postmoderno in cui ognuno, o quasi, racconta la sua versione dei fatti. Si entra in un percorso accidentato posto ad evidenziare,  ma finendo con il mortificare e appiattire, la bravura degli stessi interpreti. Ecco che si ripropongono i medesimi personaggi con le medesime formule interpretative attuate in passato, in questo non c'è novità né scelta coraggiosa per oltre tre ore che non valgono l'opera magnificente che si voleva portare a termine e, anche se non si può assolutamente dire che quello che ci scorre davanti è un brutto spettacolo, il cliché a volte può essere decisamente ridondante. Tarantino non ha la cifra di opere monumentali, come i grandi autori su cui forgia i suoi lavori, e ancora una volta la sceneggiatura citofonata dall'inizio alla fine, rende troppo prevedibile il tutto, strizzando continuamente l'occhio al grande pubblico, abbassando il target giocando sulla facile comprensibilità, alle mode old style del momento, all'esplosione patinata di colori e campi lunghi nell'abbondante postproduzione che invalida la presenza di una tecnica registica. 
Definire The Hateful Eight un Le Iene in salsa western è un'affermazione troppo azzardata: non è presente nemmeno un vago ricordo dell'originalità prepotente di un lavoro che ha dato seguito a imitazioni per i 20 anni successivi. Parlando di copie di copie in una rete di infiniti rimandi artistici mediatici e pubblicitari, anche la colonna sonora inedita, creata dal Maestro Ennio Morricone, è una riproposizione. Diversi brani, erano stati composti proprio per  La Cosa ma mai utilizzati all'epoca quindi riarrangiati e utilizzati ora, tutti tranne uno che è invece presente nel film di Carpenter. 
Forse questo è un po' il passo più lungo della gamba, quello dal sentore di inadeguatezza, dall'indole di un quasi sequestro di persona, che ci attanaglia per un lungo lungo tempo in cui avremmo potuto anche scappare all'intervallo, o iniziare a vederlo da subito dopo, un po' a scelta. 
 
Chiara Nucera

Venezia 74. Tutti i premiati

Lunedì 11 Settembre 2017 10:57
Appenna terminata la 74esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, edizione che si è distinta dopo molti anni per innovazione e varietà del programma portanto titoli quali Brutti e Cattivi di Cosimo Gomez, Gatta Cenerentola, la risposta a La La Land con Ammore e Malavita dei Manetti Bross, ma ancora mother! che ha diviso la critida di Darren Aronofsky, l'intensissimo Nico 1988 di Susanna Nicchiarelli che ripercorre la vita della modella e cantante berlinese. Presenze come Bardem, Penelope Cruz, Michael Caine voce narrante di My Generation, entusiasmante documentario sulla generazione sixties, Jim Carrey, i leoni alla carriera Robert Redford e Jane Fonda, John Woo, gli amici di sempre Clooney e Damon e moltissimi altri nomi del cinema internazionale, tra cui il primo fra tutti Guillermo Del Toro non hanno fatto altro che rendere la chermesse singolare e vivace e impreziosire ancora di più le proposte italiane che mai come quest'anno hanno trattato il sociale e le periferie italiane distinguendosi anche fuori dalla competizione ufficiale in lavori come Il Contagio di Botrugno e Coluccini, ma anche in Nato a Casal di Principe di Bruno Oliviero. 
 
 
 
 
Di seguito vi proponiamo l'elenco completo di tutti i premiati del concorso ufficiale e delle sezioni parallele.
 
La Giuria di Venezia 74, presieduta da Annette Bening e composta da Ildikó Enyedi, Michel Franco, Rebecca Hall, Anna Mouglalis, Jasmine Trinca, David Stratton, Edgar Wright e Yonfan,  dopo aver visionato tutti i 21 film in concorso, nella cerimonia ufficiale tenutasi il 9 settembre presso la Sala Grande del Lido di Venezia, ha deciso di assegnare i seguenti premi:
 
LEONE D’ORO per il miglior film a:
THE SHAPE OF WATER  
di Guillermo del Toro (USA)
 
LEONE D’ARGENTO - GRAN PREMIO DELLA GIURIA a:
FOXTROT
di Samuel Maoz (Israele, Germania, Francia, Svizzera)
 
LEONE D’ARGENTO - PREMIO PER LA MIGLIORE REGIA a:
Xavier Legrand
per il film JUSQU’À LA GARDE (Francia)
 
COPPA VOLPI
per la migliore attrice a:
Charlotte Rampling
nel film HANNAH di Andrea Pallaoro (Italia, Belgio, Francia)
 
COPPA VOLPI
per il miglior attore a:
Kamel El Basha
nel film THE INSULT di Ziad Doueiri (Libano, Francia)
 
PREMIO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA a:
Martin McDonagh
per il film THREE BILLBOARDS OUTSIDE EBBING, MISSOURI di Martin McDonagh (Gran Bretagna)
 
PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA a:
SWEET COUNTRY
di Warwick Thornton (Australia)
 
PREMIO MARCELLO MASTROIANNI
a un giovane attore o attrice emergente a:
Charlie Plummer
nel film LEAN ON PETE di Andrew Haigh (Gran Bretagna)
ORIZZONTI
La Giuria Orizzonti della 74. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, presieduta da Gianni Amelio e composta da Rakhshan Banietemad, Ami Canaan Mann, Mark Cousins, Andrés Duprat, Fien Troch, Rebecca Zlotowski, dopo aver visionato i 31 film in concorso, assegna:
 
il PREMIO ORIZZONTI PER IL MIGLIOR FILM a:
NICO, 1988
di Susanna Nicchiarelli (Italia, Belgio)
 
il PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIORE REGIA a:
Vahid Jalilvand
per BEDOUNE TARIKH, BEDOUNE EMZA (NO DATE, NO SIGNATURE) (Iran)
 
il PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA ORIZZONTI a:
CANIBA
di Véréna Paravel e Lucien Castaing-Taylor (Francia, Usa)
 
il PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIORE INTERPRETAZIONE FEMMINILE a:
Lyna Khoudri
nel film LES BIENHEUREUX di Sofia Djama (Francia, Belgio, Qatar)
 
il PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIOR INTERPRETAZIONE MASCHILE a:
Navid Mohammadzadeh
nel film BEDOUNE TARIKH, BEDOUNE EMZA (NO DATE, NO SIGNATURE)
di Vahid Jalilvand (Iran)
 
PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA a:
Alireza Khatami
per il film LOS VERSOS DEL OLVIDO di Alireza Khatami  (Francia, Germania, Paesi Bassi, Cile)
 
PREMIO ORIZZONTI PER IL MIGLIOR CORTOMETRAGGIO a:
GROS CHAGRIN
di Céline Devaux (Francia)
 
il VENICE SHORT FILM NOMINATION FOR THE EUROPEAN FILM AWARDS 2017 a:
GROS CHAGRIN
di Céline Devaux (Francia)
PREMIO VENEZIA OPERA PRIMA
La Giuria Leone del Futuro - Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis” della 74. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, presieduta da Benoît Jacquot e composta da Geoff Andrew, Albert Lee, Greta Scarano e Yorgos Zois, assegna il:
 
LEONE DEL FUTURO
PREMIO VENEZIA OPERA PRIMA “LUIGI DE LAURENTIIS” a:
JUSQU’À LA GARDE
di Xavier Legrand (Francia)
VENEZIA 74
 
nonché e un premio di 100.000 USD, messi a disposizione da Filmauro, che sarà suddiviso in parti uguali tra il regista e il produttore.
VENEZIA CLASSICI
La Giuria presieduta da Giuseppe Piccioni e composta da studenti di cinema provenienti da diverse Università italiane: 26 laureandi in Storia del Cinema, indicati dai docenti di 12 DAMS e della veneziana Ca’ Foscari, ha deciso di assegnare i seguenti premi:
 
il PREMIO VENEZIA CLASSICI PER IL MIGLIOR DOCUMENTARIO SUL CINEMA a:
THE PRINCE AND THE DYBBUK 
di  Elwira Niewiera e Piotr Rosołowski (Polonia, Germania)
 
il PREMIO VENEZIA CLASSICI PER IL MIGLIOR FILM RESTAURATO a:
IDI I SMOTRI (VA’ E VEDI)
di Elem Klimov (URSS, 1985)
VENICE VIRTUAL REALITY
La Giuria internazionale della sezione Venice Virtual Reality, presieduta da John Landis e composta da Céline Sciamma e Ricky Tognazzi, assegna:
 
PREMIO MIGLIOR VR a:
ARDEN’S WAKE (EXPANDED)
di Eugene YK Chung (USA)
 
PREMIO MIGLIORE ESPERIENZA VR (PER CONTENUTO INTERATTIVO) a:
LA CAMERA INSABBIATA
di Laurie Anderson e Hsin-Chien Huang (USA, Taiwan)
 
PREMIO MIGLIORE STORIA VR (PER CONTENUTO LINEARE) a:
BLOODLESS
di Gina Kim (Corea del Sud, USA)
 

Fuocoammare

Lunedì 22 Febbraio 2016 13:31

Dopo un anno e mezzo di riprese e documentazioni sul luogo nasce Fuocoammare, scaturito proprio “dall'esigenza di fare da eco alla tragedia dei profughi di Lampedusa”,  quello che secondo Gianfranco Rosi, recentissimo Orso d'Oro a Berlino proprio per questo lavoro, “è un film politico a prescindere” in quanto tale materia è la sostanza di cui si nutre e dalla quale prende le mosse l'esigenza alla base del film.

Sembrerebbe un'ottima frase di lancio se poi tutto non riconducesse ad un film asettico diviso nettamente in due parti, inframezzate dai racconti di un medico responsabile dei soccorsi, che si occupa con grande umanità di tutti i casi che l'isola accoglie.
Un senso critico nasce spontaneo, quello che ci fa chiedere cos'è la politica e qual è davvero la funzione di un film documentario e, forse, esperti del settore fomentati a parte, è anche ciò che diversi spettatori si sono chiesti vedendo questo lavoro.
Fin da quasi subito si avverte preponderante il senso di un'urgenza narrativa vuota, che non viene esplicitata nella gravità degli accadimenti, per un film che non entra nel merito della vicenda che sceglie di raccontare, o meglio ne tratta una parte che potrebbe tranquillamente essere considerata marginale. Ci si chiede qual è il doveroso confine tra realtà e finzione, come in passato mi accadde davanti alla visione di Sacro GRA, opera precedente del regista che gli valse il Leone d'oro nel 2013 alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. 
Davanti ai lavori di Rosi, mi approccio con un certo sconcerto, sentendomi privata di qualcosa, come se il diritto di vedere e sapere mi sia stato negato,  rimpiazzandolo con una farsa ben architettata, questo quello che ho provato davanti al Leone d'Oro, questo quello che ho riprovato davanti a Fuocoammare. Perché c'è la necessità di fare un lavoro così poco coraggioso? Probabilmente perché mantenendo i piedi entro un certo confine, che sia per tutti inequivocabilmente politically correct, non c'è il rischio di non compiacere la grande massa di spettatori e la grande massa di addetti ai lavori che sposano un certo tipo di cinematografia che poco osa, mai sull'orlo, che nulla dice e che nulla toglie, ma che concettualmente impoverisce negandoci il diritto di sapere. Rosi sembra osare poco, anzi per nulla, indugiando su elementi totalmente spettacolarizzanti, come una lacrima di sangue che solca il viso di un disgraziato vivo per miracolo dopo la traversata, un tempo troppo lungo, per poi negarci completamente ciò che sarebbe lecito sapere, mostrandoci i morti ammassati nella stiva di una carretta del mare solo per la lungimiranza di uno dei soccorritori che spiega al Maestro quanto sia importante vedere ciò che realmente accade, l'impatto dirompente di un avvenimento storico di portata mondiale e che ci tocca così da vicino. Rosi ci priva e si dilunga su tutta una parte fondamentalmente inutile e appesantita di racconti infarciti della noia di un'isola dove non accade niente, dove si vive di mare e attraverso i profughi che quello stesso mare a volte restituisce alla terra, altre inghiotte. Non vi è nemmeno l'elemento di forte contrasto tra piani narrativi, dato da una vita routinaria e tranquilla e la disperazione di chi giunge sulle nostre coste, perché c'è sempre un filtro patinato, l'occhio del regista che tutto mitiga e tutto alleggerisce, sospendendo nel tempo e nello spazio tutto ciò che ci scorre davanti.
Rosi mette in bocca ai protagonisti frasi, suggerisce scene, fa spiegare in camera, da quello che dovrebbe essere uno dei mentori della vicenda, quanto sia terribile ciò che accade, filtrando il  tutto e non avvicinandosi mai abbastanza alla tragedia e alla vita sottratta a causa di sordide politiche internazionali, di leggi oscene, di guerre scellerate, di paesi resi schiavi, cosa che invece qualche anno prima aveva fatto, molto meglio e molto più esplicitamente, “Mare Chiuso” (2012) di Stefano Liberti e Andrea Segre, affidando la narrazione per brevi tratti ad immagini potenti come un pugno nello stomaco, quelle dei telefonini degli stessi naufraghi sui barconi. Il non osare diventa una mancanza di onestà intellettuale per un mondo che, come l'occhio pigro del suo protagonista lampedusano, si rifiuta di vedere. Quell'occhio pigro coincide con lo sguardo del regista. E ora che la tragedia è stata massmedializzata, vincendo pure un premio internazionale, infarcita di curate immagini atte solo a rievocarla, quasi da farla sembrare irreale, stiamo tutti molto meglio? Probabilmente questo film mette in pace gli animi, come fece un po' Bertolucci con The Dreamers raccontandoci che tre ragazzotti che giocavano alla politica erano il 68' francese, magari lui lo fece con un po' più di disincanto e soprattutto si trattava di una storia di finzione, ma un documentario dovrebbe assumersi anche il dovere di cronaca, perché il cinema non è solo un bel gioco ma, in alcune occasioni, dovrebbe essere impegno civile. 
 
Chiara Nucera
 
 
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Fuocoammare, unico film italiano in concorso al Festival di Berlino 2016, è nientemeno che un documentario sulla problematica e scomoda situazione che vive giornalmente l’isola di Lampedusa nel Mar Mediterraneo. Migliaia di profughi cercano la salvezza, rifugiandosi su questa piccola isola. A bordo di improbabili navi o traghetti, famiglie in fuga dal proprio paese di origine spendono cifre assurde per cercare di sfuggire a morte certa, ignare del fatto, che una probabile e mascherata dipartita è proprio lì davanti a loro. Meraviglioso e lucente mare, che ha la doppia valenza di portatore di vita e di tragedia. Blu profondo, luogo nefasto e tomba di speranzosi esseri umani alla mercé dei mercanti di uomini. 
 
Di tutto questo, Gianfranco Rosi ha deciso di farne un documentario. Accolto con il favore della critica della Berlinale, è stato decretato il vincitore di questa sessantaseiesima edizione. Di contro, a mio parere, il risultato dell’opera filmica è riuscito solo in parte. A differenza del premiato Sacro GRA (Leone d’oro a Venezia nel 2013), dove l’umanità nell’analizzare la vita delle persone ai margini era palpabile e creava vere emozioni, in Fuocoammare questo non è presente. Porta l’occhio dello spettatore su quello che non conta. Lo obbliga a focalizzarsi su immagini che non creano una vera empatia, ma ti costringono ad assistere ad un dolore vissuto solo in superficie e non nelle viscere.
 
Rosi ha curato anche la sceneggiatura e la fotografia di questo singolo, ma globale dramma. Quello che vediamo sullo schermo è la testimonianza di una sciagura accaduta a 20 miglia dalla costa Libica e il normale ritmo della vita di ogni giorno di una famiglia di lampedusani. Occhio puntato su un ragazzino (Samuele Pucillo, che interpreta se stesso), che comincia l’avventura della sua vita immerso in un mondo incontaminato e lucente. Impara i primi armamenti del pescatore, che sarà il mestiere che farà da grande, senza non poche difficoltà legate alla sua giovane età. 
I bambini, in questo paradiso, giocano e guardano al mondo senza pensare a quelle acque, che hanno davanti tutti i giorni, come ad un luogo di morte. Ci sparano contro con dei simbolici movimenti delle braccia senza sapere che c’è un filo diretto, che unisce quei giocosi spari e il fuoco che scaturisce in alto mare.
Samuele oltretutto ha un occhio pigro. Metafora perfetta, che ci porta a pensare al nostro modo di vedere la situazione di Lampedusa.
 
Parallela alla vita di Samuele troviamo quella della comunità, che prende il suo completo giovamento dal mare. Ci si aspetta tutto da quelle acque. Ci si immerge e si lascia che la vita marina venga all’uomo, senza quasi costringerla a farlo. In antitesi con quello che per i profughi significa e procura: un sudore tannico di corpi aggrovigliati su di una bagnarola decadente prossima alla caduta. Questi due mondi non sono pressoché mai a contatto, lì separa una voragine che porta il disequilibrio in quest’opera. Vi è estenuate massimizzazione nel dividere vita e morte, che sono le due facce opposte della stessa moneta. Non possono essere scisse. I mondi appena descritti sembrano far parte di due universi lontani lontani. L’unione è obbligatoria e fondamentale e qui latita. Solo nella figura del Dottor Pietro Bartolo, il medico che soccorre i profughi disidratati, ustionati e quasi morti, troviamo i veri momenti significativi di Fuocoammare, vera soggettiva e punto di unione tra gli isolani e i profughi. 
 
Fuocoammare, che è politico a prescindere e dove non ci sembra il caso di addentrarci, ha comunque il pregio di mostrarci la realtà complessa che vive l’isola di Lampedusa. Le immagini sono ben curate attraverso una fotografia sempre oscura e filtrante nei momenti che contano. 
Una scena che mi pone una domanda frequente nella mia mente è questa: il ricucire o il rammendare i corpi e le menti è veramente così semplice come riesce ai due ragazzotti quando giocano a fare la guerra ai dei malcapitati fichi d’India? Perché distruggiamo per poi metterci una pezza? E’ l’assurdo gioco che porta una sopravvivenza sterile ai sopravvissuti e anche ai noi, che proprio non mi dà pace.
 
David Siena
 
Venerdì 1 dicembre alle 18.30, presso la sala Deluxe della Casa del Cinema nel contesto del Roma Independent Film Festival, professionisti della comunicazione cinematografica interverranno per affrontare la questione da più punti di vista, secondo le loro specifiche competenze. 
 
 
 
Qual è il ruolo dei critici? Quanto questi sono in grado di orientare il pubblico nelle scelte? Come fare una campagna coinvolgente come quella di Lo Chiamavano Jeeg Robot?
Ha ancora un senso parlare di critica e comunicazione nell’epoca dei social in cui i contenuti sono volatili e trasmissibili da tutti?
Una condizione particolare, quella in cui versa il mondo dell’informazione, nella quale si cercherà di fare un po' il punto della situazione.
 
 
Ospiti della tavola rotonda: Fabio Ferzetti, Marco Giusti, Pedro Armocida, Paola Casella, Alessandra Tieri, Francesca Pierleoni.
 
 
L’incontro sarà moderato da Chiara Nucera (Fuoritraccia| Cose dell’Altro Cinema)
 
 
Prima del dibattito, alle 17.30 sempre in sala Deluxe, si potrà assistere alla Premiére italiana di Post Truth Times (Spagna, 2017, 52’) con la presenza in sala del regista Héctor Carré. Il documentario è una lucida analisi, dati alla mano, sull’uso dei media e la manipolazione delle notizie, affrontando i casi delle elezioni americane di Trump e del referendum Brexit.
 
 
 
Tutti i dettagli sul programma consultando www.riff.it  

Lo chiamavano Jeeg Robot

Giovedì 25 Febbraio 2016 15:55
Dopo essere sfuggito ad un inseguimento, Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria) finisce nelle acque del Tevere e ingerisce una sostanza radioattiva che gli donerà dei superpoteri. Enzo accoglie questo dono come una benedizione per la sua carriera da delinquente ma tutto cambierà nell'incontro con Alessia (Ilenia Pastorelli) che in lui vedrà il mitico Hiroshi Shiba, l'eroe dei cartoni animati giapponesi Jeeg Robot d'acciaio. 
Questa in breve è  la storia di Lo chiamavano Jeeg Robot, il film che dopo 6 anni di ricerca budget e lavorazione, ha visto la luce per mano di Gabriele Mainetti e della sua Goon Films.
Quella dei cartoni animati e dei supereroi si può dire sia da sempre una fissa di Mainetti che già aveva affrontato le tematiche in opere precedenti e che negli anni passati si era fatto conoscere sia come attore che per i corti,  tra cui spicca “Tiger Boy” (2012) Nastro d'argento 2013.  Questo è il primo lungo del regista romano, che gli è valso il contributo ministeriale per l'Opera Prima. 
Un lavoro che sembra riuscitissimo nell'assicurare tutti i cliché più accattivanti del momento in un mix del tutto originale: la moda degli anni Ottanta, i supereroi, il glam riportato alla ribalta dei media dalla morte recentissima (nemmeno a farlo apposta) di uno dei re indiscussi David Bowie, ispiratore tra l'altro del personaggio dello Zingaro (Luca Marinelli), malvivente atipico con velleità artistiche. In uno scenario metropolitano, con derive alla Rocky Horror, si sviluppa una vicenda di droga e mala, dove abbondano le lotte tra camorra e criminalità di borgata, per una Tor Bella Monaca apocalittica, in un western postmoderno dove buoni e cattivi si mischiano senza terra di confine. Ognuno ha in sé una duplice natura: ogni personaggio spinto dalla voglia di arrivare o solo dal desiderio di sopravvivenza, dall'essere famosi o sparire tra le crepe di una stanza, dalla brama di una meta ambita sbiadita o patinata, stridente in forti contrasti antitetici. Nessuna lacuna in questo film perfettamente ordinato nella sua lucida follia, dalla valida sceneggiatura di Nicola Guaglianone e Menotti. Era da tempo immemore che il cinema italiano non partoriva un prodotto così ben fatto, una vera boccata d'aria per un settore che stava emettendo gli ultimi rantoli, da cui Mainetti è riuscito ad emergere creando il suo giovane Frankenstein.  
Si libera così, in un colpo solo, di tutto il vecchiume di un'arte rimasta tale ormai nel ricordo,  giogo della spocchia a colpi di machete di chi ci ha fatto due palle, trovando unica giustificazione alla banalità il nascondersi dietro l'appellativo di “autore”. Questo invece non è un film d'autore, non lo vuole essere o forse sotto sotto sì, ma in fondo chi se ne frega perché qualsiasi sia l'intento, che comunque sembra dalle dichiarazioni del regista abbastanza giocoso, è il risultato che conta. 
Oltre che sulla destrezza di Mainetti, va spezzata certamente una lancia a favore degli interpreti, tutti azzeccati e abili, anche nei ruoli minori. Marinelli ha messo a segno negli ultimi mesi due film meravigliosi, con il precedente “Non Essere Cattivo”, opera postuma di Claudio Caligari, due sole interpretazioni che bastano a far pensare che sia nato un nuovo mostro. Due ruoli molto distanti ma al contempo simili tra loro, dichiarando di  essersi ispirato per lo Zingaro ad Hannibal Lecter, del resto si parla sempre di mostro che emerge, qui “sparato a cannone” come le sue canzoni con tutti gli sgargianti toni del glam pop, cimentandosi oltre che in una strepitosa interpretazione di Un'emozione da poco, rifatta sull'impronta di una sedicenne Anna Oxa (a Sanremo 78' dove riviveva uno Ziggy Stardust nostrano), con Nada, la Bertè e la Nannini. Anche Santamaria ritrova la sua forma smagliante, proponendosi come uno degli ultimi relegato ai margini, un depresso cronico solo e asociale che si ciba di budini e film porno e che, nonostante i 20 chili in più, da orso buono nichilista e ladruncolo di periferia subirà un'evoluzione personale. Si potrebbe continuare ancora per molto con tutti gli spunti di valutazione che offre un simile lavoro, ma è meglio non indugiare oltre rimandando alla visione al cinema, azzittendoci sui titoli di testa. In questo caso, l'unica cosa sensata da fare. 
 
 
Chiara Nucera

Cannes 71. La Giuria

Mercoledì 18 Aprile 2018 14:53
Appena annunciata la giuria ufficiale della 71esima edizione del Festival di Cannes. 
 
In un concorso dal volto rinnovato, in cui vi saranno registi presenti per la prima volta alla kermesse, la Giuria della prossima edizione del festival, che si terrà dall'8 al 19 maggio prossimi, sotto la presidenza di Cate Blanchett, si compone di 5 donne e 5 uomini di 7 nazionalità e 5 continenti differenti.
La cerimonia di assegnazione dei premi sarà celebrata il 19 maggio nel corso della cerimonia di chiusura.  
 
 
di seguito i nomi dei giurati
 
 
 
Cate Blanchett – Presidente
(Attrice, produttrice, australiena) 
 
Chang Chen
(Attore, chinese)
 
Ava DuVernay
(Sceneggiatrice, regista, produttrice, americana)
 
Robert Guédiguian
(Regista, sceneggiatore, produttore, francese)
 
Khadja Nin
(Autore, compositore, interprete, burundese)
 
Léa Seydoux
(Attrice, francese)
 
Kristen Stewart
(Attrice, americana)
 
Denis Villeneuve
(Regista, sceneggiatore, canadese)
 
Andrey Zvyagintsev
(Regista, sceneggiatore, russo)

Hardcore!

Giovedì 14 Aprile 2016 22:17
Hardcore! si presenta come un prodotto innovativo per il cinema moderno che abbraccia più generi, in una ricerca di assoluta originalità che tuttavia stride.
É infatti il primo film interamente girato in soggettiva muovendosi sulla scia degli Sparatutto colpendo la fascia di pubblico più sensibile, ovvero quella dei ragazzi e degli appassionati di videogames. 
Il risultato non è sorprendente: nonostante la curata colonna sonora pompata al massimo e adrenalinica (una delle cose più riuscite di tutto il lavoro), la partenza è fiacca e abbastanza confusa.
La storia, molto semplice, e per buoni tratti poco lineare, ci presenta il cyborg Henry che si trova in costante fuga contro tutto e tutti per una lotta alla sopravvivenza che lo porterà a ritrovare la sua originaria natura umana, parallelamente al riaffiorare dei ricordi.
La trama è però abbastanza poco originale, a volte banale, richiama facilmente quei nostalgici amanti di Silent Hill, o dei più moderni Far Cry con un miscuglio di cinema fantascientifico di 10/20 anni fa, talvolta scontrandosi con l'horror alla Romero, con un esercito di zombi pronto ad assalirti dietro ogni angolo. 
Ai primordi del film c'è però un videoclip, quello che il filmmaker e cantante Ilya Naishuller, frontman del gruppo punk Biting Elbows, realizza per “Bad Motherfucker”, una vicenda dai risvolti  fantascientifici vissuta dall'ottica del protagonista. Il video riscuote talmente tanto successo divenendo un fenomeno virale che raggiunge i 120milioni di visualizzazioni. A seguito di questa popolarità, il produttore Timur Bekmambetov, contatta Naishuller incoraggiandolo a sviluppare in un lungometraggio il concept di partenza, al quale dopo vari passaggi approda come spercial guest Sharlto Copley (Elysium, District 9, Maleficent) con un ruolo scritto su misura per lui. Girato quasi interamente a Mosca e alcuni giorni a Los Angeles, in location reali e con macchine da presa GoPro3 attaccate ad appositi caschi, oltre che con equipaggiamenti creati ad hoc, Hardcore! vorrebbe abbandonare i vecchi canoni della cinematografia sostituendoli con un'esperienza cruda e immediata per il suo pubblico, abbattendo il confine dello schermo.  I social media hanno avuto un'importanza fondamentale per la produzione realizzata anche grazie al sostegno dei numerosissimi fan, avvertiti in maniera capillare del progetto, che hanno aderito ad una campagna online lanciata sul portale di Indiegogo. Purtroppo diversi sono i punti oscuri di questo lavoro che avrebbe meritato maggiore attenzione soprattutto in fase di scrittura, svecchiando un po' la storia che per ora rimane qualcosa di sicuramente già visto perché cristallizzato nei ricordi di almeno un paio di generazioni, nonostante l'affannoso tentativo di novità. Un inaspettato cameo di Tim Roth ci riscatta dall'immagine di un cattivo involontariamente troppo simile ad un incrocio tra Michael Pitt di “Last Days” e Biff Tannen di “Ritorno al Futuro – Parte II”.
 
Chiara Nucera
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