Straniante ritratto di un giovane che non si omologa, non si adatta, rifugge le categorie e sembra inventarne una tutta sua che non ha voglia di condividere con gli altri. Racconto per tratti, per digressioni, per sommi capi, per tappe. Ci sono quelle fisiche che segue il personaggio che da Palermo si sposta per raggiungere la sorella più grande a Londra ma poi rifugge per la medievale Siena per poi scappare ancora nella cosmopolita Milano e ancora nella esoterica Torino per poi concludere il suo viaggio alla ricerca delle radici di nuovo al sole della sua terra natia sicula. Un film che racconta del tormento, del viaggio interiore che ognuno fa dentro sé stesso, per poter trovare una direzione fuori. Il protagonista di questo racconto è respingente quanto grazioso. È un cucciolo, un fratello minore, un compagno di scuola al quale si è comunque affezionati anche se non brilla e non balla. Un imbranato che non c'è anche quando c'è. Leonardo Gravina detto Lele è un outsider, non ha bisogno del gruppo ma anzi lo rifugge come se ne potesse venire contaminato. Puro e innocente alla ricerca di un piacere sempre e solo solipsistico. Da non condividere. Geloso della sua privacy al punto da non permettere a nessuno di invaderla. Piuttosto si impegna a raccontare bugie a chi vorrebbe saperlo integrato, benvoluto, immaginarlo normale fare le cose che a diciannove anni fanno tutti. Già tutti ma non lui. Lele è un alieno costretto a vivere negli anni 2000 quando avrebbe tanto desiderato vivere al tempo di Dante. In questo film ci sono delle felici intuizioni che vengono però subite abbondanate. Un gettare il sasso e ritirare prontamente la mano. Alla macchina da presa un esordiente che sembra aver tanto da dire ma non riesce ad arrivare fino in fondo. Soprattutto ad arrivare con convinzione. Il giovane attore scelto, sebbene bravo, regge in toto una sceneggiatura complessa ma non avendo le spalle abbastanza forti per farlo. C'è uno schema abbozzato, uno schizzo che non si concretizza in un vero e proprio disegno.
Peccato perché l' idea di raccontare la giovinezza partendo da una ricerca diversa, senza mostrare i soliti clichés poteva ambire a risultati migliori. Invece assistiamo ad una storia frammentata, troppo parcellizzata che si perde nel particolare per non riuscire mai ad esplodere nel paradigma. Un film che rimane aperto, troppo vago, un contenitore per una riflessione, una fra le tante, sul mondo giovanile oggi così vuoto e mai così ricco di potenzialità. La possibilità di muoversi, studiare all'estero, fare esperienze lontano da casa, vivere contesti internazionali interculturali un tempo appannaggio di pochi e ora alla merce' di tutti, sembrano essere diventati solo un altro sfondo che circonda ogni volta gli stessi dubbi, le stesse incertezze, le stesse paure e difficoltà. Essere giovani è sempre un viaggio fatto di pericoli e irto di ostacoli soprattutto messi in gran quantità proprio da sé stessi. Riuscire a sopravvivere a se stessi è la vera competizione a cui si è chiamati, da giovani.
Un film che cerca una sua originalità, non omologato ai soliti racconti post adolescenziali pieni di luoghi comuni e in contrapposizione o con generazioni diverse o con l'intera società. Il messaggio vincente della pellicola così strana e straniante è che si può essere giovani una sola volta nella vita ma solo in giovinezza è tutto nelle proprie mani e in potenza e quello che si deciderà di diventare dipende da quello che abbiamo deciso o non deciso di essere, nel bene e nel male.
Virna Castiglioni