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Visualizza articoli per tag: e ora parliamo di kevin

...E ora parliamo di Kevin

Domenica 04 Marzo 2012 13:48

Atteso dal Festival di Cannes della scorsa stagione è infine arrivato, si fa per dire, nelle nostre sale uno dei pochi autentici film d'autore: "We need to talk about Kevin" diretto dalla giovane regista inglese Lynne Ramsay.
Per noi fortunati spettatori romani la programmazione ha previsto unica sala il Barberini, non oso pensare cosa abbia dovuto fare un appassionato leccese o un trevigiano per poter assistere alla proiezione, forse il biglietto d'ingresso era abbinato a un volo low-cost.

Comunque, dicevo autentico film d'autore riferendomi al fatto che, a parte i soliti noti che l'autorialità se la possono permettere (vedi Malick, Lars Von Trier e ultimamente Nicolas Winding Refn) è diventato sempre più raro assistere a seconde o addirittura in questo caso a terze opere che non debbano scendere a patti con il demone del box-office. Si perchè seppure piuttosto giovane la nostra Lynne è al suo terzo lungometraggio dopo l'esordio notevole di "Ratcatcher" (1999) e il seguente "Morvern Callar" (2002). Un cinema per niente facile quello di Lynne Ramsay, fatto di suspence e di ossessioni, ma che puntualmente al momento del colpo di scena, vede arrestare l'azione narrativa per tornare indietro o addirittura volare oltre a raccontare angosce precedenti o future della protagonista. Protagonista si e al femminile a dispetto del titolo perché se è vero che nel film si parla di Kevin, la protagonista assoluta è Eva, madre di Kevin e non casualmente, per il nome che porta, madre di tutti noi, prima procreatrice di questa santa Terra destinata a generare il Male. Eva è una straordinaria Tilda Swinton che nel suo essere anoressico-androgino raccoglie tutta l'essenza della madre spiazzata, affranta, angosciata da una gravidanza, da una maternità e da un "dopo" che possiamo cogliere e vivere insieme a lei fin dai titoli di testa.

Il suo camminare insicura, inciampando con queste scarpe deformate, indossate da un piede troppo magro e a disagio, rimane una immagine indelebile, che nella scena finale avrà un significato enorme. Il desiderio sarebbe di vederla camminare scalza per non vederla soffrire, magari come Jessica Chastain la signora O'Brien di "The Tree of life" che sembra danzare, libera e in armonia con Madre Natura sull'erba del giardino con i suoi figlioletti. Ma questa è un'altra storia. Tornando all'opening del film, grande significato ha la scena iniziale che ricorderebbe a prescindere dalla successiva apparizione della Swinton, il grandissimo regista inglese Derek Jarman del quale l'attrice era strumento indispensabile per le proprie opere. Non a caso fotografia e messa in scena per Lynne Ramsay sono di uno stile quasi pittorico, durissime nell'essenza ma romanticissime nella forma, proprio come per Jarman. E dire che qualcuno del film alla sua presentazione a Cannes aveva parlato di "film-horror". Ma come si può? Come è possibile focalizzare e ridurre questo film alla sola natura "evil" di Kevin? Se alcune venature horror sono presenti nel film, è solare che da parte di Lynne Ramsay non c'è nessuna intenzione di fare un film di genere: non dobbiamo sottostare ad alcun sussulto sulla poltrona, a musiche "da paura" o peggio a movimenti di macchina nevrotici e caotici tipici del genere horror. Il film scaturisce dalla cultura inglese ed è radicato in modo così netto che mai per un momento ci è dato pensare ai thriller made in USA.
In questo e in molto altro Lynne Ramsay da garanzia di autorialità, di scuola e tradizione culturale che fanno del suo "We need to talk about Kevin" un prodotto spiazzante ma esaltante, angoscioso ma poetico. Una ventata di forte personalità in un panorama cinematografico fin troppo omologato in questi ultimi anni.

La sensazione al termine della visione, o meglio il "sapore" che lascia il film della Ramsay è lo stesso provato vedendo "Lasciami entrare" di Tomas Alfredson alla sua uscita: qualcosa di nuovo e di classico allo stesso tempo, qualcosa di irripetibile nonostante molti ci proveranno...

Marco Castrichella