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Visualizza articoli per tag: figlia mia

Figlia Mia

Giovedì 22 Febbraio 2018 10:16
Probabilmente il significato caldo e profondo di Figlia mia sta tutto nel ritornello di una canzone vintage di Gianni Bella: Questo amore non si tocca. Il brano è lo spartiacque che divide il film in due sezioni ben distinte: la prima parte narrativamente lenta e dove si pianificano scaltramente degli obiettivi, la seconda parte più vivace ed emotivamente carica, Nel centro c’è la performance canora. E’ questa la granata esplosiva che scuote il viaggio in solitudine di due madri, che si contendono una figlia innocente a suon di ripicche e colpi bassi. Figlia mia è un’opera solare, ma allo stesso tempo piena di ombre, di antri oscuri e di cunicoli infiniti, dove è meglio abbandonare per sempre quel senso di possesso, che inibisce il significato stesso di madre ed imprigiona la prole in un loop depressivo e non edificante. Amore non è dominare e Laura Bispuri, per la seconda volta in concorso al Festival di Berlino dopo l’intenso Vergine Giurata (2015), ci regala una parabola arcaica e fisica, che cerca di sconfiggere questo sentimento scorretto.
 
Nello scheletrico e spigoloso paesaggio della Sardegna assistiamo ad un’accesa diatriba tra due donne allo stesso tempo complici e rivali: Tina (Valeria Golino) ed Angelica (Alba Rohrwacher). Due madri che hanno come soggetto la piccola Vittoria (Sara Casu), di soli 10 anni. La prima è una madre modello, sempre pronta a soddisfare i bisogni della figlia, annullando addirittura il suo essere donna. La seconda (madre naturale), di contraltare all’acqua santa, è il diavolo. Essere debole che non tiene alla propria vita, data perennemente in pasto all’uomo. Vittoria, alla nascita, viene data in affidamento a Tina. L’accordo, solo verbale, viene spezzato quando Angelica sente il richiamo forte di una repressa maternità. La ragazzina è contesa tra le due madri, che adesso, non volutamente, arrivano anche a ribaltare i propri ruoli. Vittoria vivrà momenti dubbiosi ed incerti, che gli faranno percorrere una strada irta e tortuosa nel raggiungimento di un traguardo inaspettato, che gli cambierà per sempre la vita.    
 
I presupposti per uscire dalla kermesse tedesca con qualche premio c’erano tutti, peccato per le due interpreti principali, Golino e Rohrwacher, la loro prova attoriale è profondamente drammatica quanto il vero tormento di queste madri. Purtroppo il film esce a mani vuote dalla Berlinale edizione 68, dove avrebbe potuto strappare un premio ex-equo come Miglior Attrice.
 
Laura Bispuri dirige con mano autarchica. La sua macchina da presa segue maniacalmente le tre protagoniste per buona parte del film. Questa caparbietà ed intimità scova l’essenza primitiva delle 2 madri, donne difficoltose che perdono parte di se stesse per stare con la figlia. Questo scavo è il cuore della drammaturgia, dal quale ne conseguirà la crescita dei personaggi. Percepiamo il loro spogliarsi delle troppe stratificazioni, culminando, grazie a Vittoria, in un rinnovamento difficoltoso, ma necessario. 
Pellicola esclusivamente al femminile, in un film dove l’uomo conta meno di zero. Il marito di Tina è un salmone, che non va neppure controcorrente. 
Figlia mia a conti fatti è un film riuscito e consapevole. Pregevole è anche non calcare sul moralismo, visto giustamente, che quello non vuole essere il centro focale del film. Piccole sbavature sono evidenziabili in qualche forzatura e nell’eccessivo uso di simbolismi. E’ il classico film che può essere commentato nel più comune dei cineforum. Quest’ultima affermazione non vuol essere al negativo, anzi è sinonimo di nascita di riflessione e commenti: indagare sul significato di maternità.
 
I figli sono di chi li fa o di chi li cresce? Qui sicuramente di entrambe. E Vittoria in un trepidante finale (che vive con pathos anche lo spettatore) si eleva anche lei a madre, consapevole di poter crescere un passo alla volta e ci dice senza fronzoli: togliamoci di dosso gli abiti vecchi e logori di tristezza e guardiamo avanti, ripuliti e perché no sorridenti. Il percorso è appena cominciato, ma il vigore e la tenerezza di quest’ultima scena danno già l’idea di una rinascita alla portata delle tre donne. Si perché ora Vittoria è donna.
 
Di David Siena