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Raya e l'ultimo drago

Giovedì 04 Marzo 2021 11:14
Prima della comparsa delle forze malefiche, cinque draghi, con straordinari poteri cosmici, crearono una pacifica e armoniosa terra chiamata Kumandra. Poi vennero i Druun degli esseri malvagi, una piaga, senza forma con il potere di tramutare in pietra ogni avversario. I draghi si sacrificarono per difendere l’umanità, per sconfiggerli, lasciando a loro guardia un ultimo drago, dipendente da una pietra magica, che spezzata e ricomposta può ridonargli l’antico splendore perduto (il potere dei suoi fratelli e sorelle) e restituire la vita alle vittime dell’incantesimo. Cinquecento anni dopo, la combattiva principessa Raya a cavallo della sua singolare bestia da soma Tuk Tuk, si mette alla ricerca di Sisu il leggendario ultimo drago per restituire la pace al suo popolo e salvare suo padre dalla piaga dei Druun mai davvero scomparsi. A lei si unisce una compagnia strampalata formatasi per puro caso. Sulle tracce della creatura c’è anche la principessa Naamari, una sua vecchia amica di infanzia, forzata dalle circostanze a voltargli le spalle, decisa a trovare il drago e i pezzi della sfera magica prima di lei. Comincia un viaggio parallelo, per ricostruire un regno e un amicizia perduta. I registi di Raya el’ultimo drago, Don Hall e Carlo Lòpez Estrada, in tempi difficili hanno deciso di terminare questo film con tutte le difficoltà del caso dovuti alla pandemia, mirando alla semplicità e rivolgendosi principalmente ad un pubblico di bambini, davvero piccoli, una direzione interessante lontana anni luce dalle tematiche “forti” e commoventi quali la vita e la morte, presente negli ultimi Walt Disney Animation Studios (a Don Hall Big Hero 6, del 2014 valse l’oscar) e dei colleghi Pixar (tra gli altri Onward e Soul ne sono un esempio). Raya è un film sulla diversità. I cinque regni che visita la principessa sono palesemente ispirati a diverse reali locations principalmente del sud est asiatico, Vietnam e Thailandia, ma troviamo anche influenze cinesi, inuit, maori, giapponesi, africane e fantascientifiche. Un gusto orientale in salsa occidentale, l’ironia americana e latina si fonde con il tratto demenziale dei film fantasy cinesi, specialmente laddove Sisu (la cui estetica si basa su i serpenti Naga) rivela una scempiaggine che è propria di ogni continente. Il drago, femmina, si trasforma in una donna pazzarella erede del Mushu di Mulan (1998). Cosa non ha funzionato all’interno del film è evidente, la storia procede lenta a tratti si fatica ad aspettare il passaggio da uno step all’altro durante l’evoluzione della storia. Le premesse erano più che interessanti e in qualche modo, restano a fare da sfondo. Come sottolineato dai registi durante la conferenza stampa, al centro della vicenda c’è un tema poco trattato negli altri film di genere l’amicizia al femminile, proponendo dei modelli completamente differenti da quelli proposti dalle sorelle di Frozen, che sfidano il pregiudizio, così troviamo due principesse imperfette che gli fanno da specchio perché rappresentano due caratteri opposti, anche qui una “scema” ma buona, una intelligente e all’apparenza fredda cattiva e distante, ma con tutto un altro mood. Esplosioni colorate, costumi diversi, portano una ventata di positività, laddove ne abbiamo bisogno. 
 
Francesca Tulli