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120 Battements par minute

Domenica 28 Maggio 2017 13:24
120 Battements par minute è un viaggio nel tempo che ci riporta nella Francia dei primi anni novanta. E precisamente nel cuore pulsante di Act Up-Paris: un gruppo di attivisti che lottano contro la politica di Mitterrand e le lobby farmaceutiche. La loro battaglia è contro l’Aids, giovane e spietata malattia che dai primi anni ottanta ha mietuto vittime in ogni parte del globo. Rivendicano a voce alta di poter essere adeguatamente curati, colpendo i punti nevralgici dell’indifferenza. All’interno di questa coesa comunità spicca Sean (Nahuel Pérez Biscayart), militante malato che nella sua radicalità trova la sua ragione di vita. Nathan (Arnaud Valois), neofita del gruppo, rimane affascinato la carisma di Sean. Tra di loro nasce una complice ed appassionata intesa, che li vedrà lottare giorno per giorno nella speranza di salvare le proprie vite dalla morte. 
 
 
L’incubo HIV disturba ancora i nostri sonni e Robin Campillo con il suo 120 Battements par minute ci sensibilizza e ci sprona a non sottovalutare il problema, attualmente snobbato soprattutto dai più giovani. 
Il regista marocchino (conosciuto per la sceneggiatura de La Classe: nominato all’Oscar come miglior film straniero nel 2008 e vincitore della Palma d’Oro nello stesso anno) confeziona un film non retorico e politicamente corretto, che rapisce la critica internazionale (vince il premio Fipresci) e lascia il segno nella giuria del festival. Almodovar & C. lo premiano con il Gran Premio della Giuria. Dirige, scrive e monta la sua opera allontanandosi dal moralismo più semplicistico, entrando realisticamente nella malattia e nei cuori dei malati, elevandosi anche ad essere manifesto dell’orgoglio omosessuale. 
 
Campillo stupisce con una regia a tratti intima e a tratti concitata. La prima è pura confidenza, con delicatezza racconta i protagonisti, le loro fragilità e le loro forze. Li guarda da vicino, in ogni senso possibile: meccanico e umano. Riesce nello scopo di raccontare a 360° la persona, non solo quella parte che si avvicina alla morte. Contesto individuale profondo che si raccorda alla perfezione con la highway corale ed animata, dove la direzione artistica diventa un tutt’uno con la protesta e la lotta. Nella sede di Act Up si assapora spirito di unione. I partecipanti si scontrano duramente, ma sono tremendamente coesi. Comunità che esce comunque vincitrice. La verbosità perpetua diventa l’urlo di protesta, che scuote ognuno di noi. Il potente dibattito è il linguaggio che il regista usa per raggiungere il suo scopo e che rende il film diverso da altri del suo genere: ricordarci energicamente che l’Aids è vivo e vegeto e chi ne fa parte non deve essere dimenticato o ghettizzato. 
La spinta di Campillo perde decisamente di mordente quando si sposta sul dolore. Eccede in drammaticità, focalizzando per troppo tempo l’attenzione della camera da presa su immagini che hanno già ampiamente svolto il proprio compito narrativo. Le intenzioni stazionano facendo nascere dei tempi morti indesiderati. Qui il costruttivo lascia troppo spazio al distruttivo. Aspetto concentrato sul corporale che stona, rispetto alle vivide scene di sesso che ricordano l’amore de La Vie d’Adèle (Palma d’Oro 2013), dove il corpo è il mezzo per esprimere noi stessi. 
 
A conti fatti 120 BPM risulta sbilanciato, come quando sia passa dalla lotta (comizi che finisco anche nel sangue) al ballo liberatorio in discoteca. Non per il passaggio materiale, questo è ben costruito, ma per l’ingresso sullo schermo di fantomatiche molecole del virus. Qui sconfina: l’espressione è troppo invasiva e dalle sfumature pacchiane.
 
Rimane un po’ di amaro in bocca dovuto a queste dissonanze. Se da una parte ci apre gli occhi con perle visive (Senna color sangue), dall’altra abbatte l’edificato forse per troppa foga. La lunghezza eccessiva della pellicola è un altro punto a sfavore. 
Una menzione di riguardo va fatta per il giovane attore argentino Nahuel Pérez Biscayart, regala una performance sentita: sensibilità e grinta rendono il suo personaggio dominante e memorabile.
 
David Siena