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The Last Showgirl

Sabato 22 Marzo 2025 21:31
Shelley è una ballerina che da ormai trent'anni si esibisce a Las Vegas in uno spettacolo che fa dei lustrini e delle piume il suo cavallo di battaglia. Balla una coreografia semplice che gioca le sue carte migliori puntando tutto su costumi succinti che mettono in mostra più le doti fisiche che quelle artistiche. Non è il suo sogno di bambina, ma è la carriera per la quale ha deciso scientemente di sacrificare anche l'amore dell'unica figlia. Ora che non è più giovane e vede finire tutto quello che ha costruito rendendo vani tutti i suoi sacrifici non è disposta a rinunciarci. Lotta con tutte le sue forze per riuscire a trovare di nuovo un posto su un palco perché bisogna fare il lavoro che si desidera per riuscire a sopravvivere in un mondo che non fa sconti e si fa ogni giorno più difficile. Il film è un faro acceso puntato sul viso di Pamela Anderson (nel suo primo ruolo drammatico che ci fa dimenticare la bomba sexy che ha rappresentato sullo schermo per troppo tempo).  Si concede senza remore alla regista Gia Coppola che la dirige in un racconto duro, vero, spietato. Si mostra al naturale, con le sue rughe, i seni cadenti sempre strizzati in un corpetto che poco lascia all'immaginazione. In scena indossa grandi ali che si incastrano nelle porte, si lacerano e fanno perdere preziosi soldi, quelli trattenuti dal compenso per apportare le riparazioni. Shelley è arrivata all'ultima spiaggia, è sul viale del tramonto, sa di essere alla fine ma fino all' ultimo si aggrappa all' illusione di poter conservare un po' di quella luce che le ha permesso di sentirsi amata, ammirata, desiderata, forse anche capita. Ha un' amica che come lei non è più giovane ma si è già rassegnata a svolgere un lavoro che non ha nulla di artistico. Serve cocktails in un club ed è costantemente umiliata vedendosi passare davanti giovani ragazze più fresche e disinibite. La scena del suo balletto solitario, al centro del locale, su un cubo, sotto gli sguardi indifferenti degli avventori sulle note della struggente ballade di Bonnie Tyler "Turn around (Total eclipse of the heart) è l' emblema di un film che prende per mano lo spettatore e lo costringe a guardare tutto lo squallore di chi svolge un lavoro che disprezza perché per quello che si vorrebbe fare veramente non c'è più tempo e non c'è più spazio. 
Un film duro, livido, sporco, che non concede mai nemmeno un piccolo sprazzo di speranza. Rimane appiattito e monocorde insistendo nel mostrare un' unica sola faccia della medaglia, rimestando sempre nel torbido.
Las Vegas, la città che non dorme mai, accoglie solo lavoratori giovani e belli per garantire il divertimento più sfrenato a chi può spendere per la sua notte brava. Tutto il resto è relegato a una patetica macchietta. 
Il rapporto con la figlia che, ormai adulta la giudica e la condanna, non è approfondito ed un'occasione mancata che avrebbe donato maggiore profondità e spessore alla storia. Rimane un'incontro fugace frutto di un desiderio di riconciliarsi con il passato per perdonarsi di un male volontario ma necessario che è stato inflitto ma si è anche scelto per se stessi come conseguenza minore pensando di poter regalare un futuro migliore a chi si ama. Molto interessante la contrapposizione tra il luogo chiuso del locale, le luci forti del palco che segnano la distanza con la penombra che gravita intorno e che metaforicamente inghiotte tutto quanto. La pace e il sogno sono invece rappresentati da albe e tramonti che sanno ammantare anche le periferie più squallide di poesia a rimarcare quanto non esista nulla di veramente brutto quando si insegue un sogno.
 
Si cerca di fare quello che si ama anche se lo si è costretti a fare in un contesto difficile. Si va in scena per l'ultima volta con il sorriso, da professioniste collaudate, perché "The show must go on". 
 
Virna Castiglioni