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Raccorti Sociali

Venerdì 05 Agosto 2011 12:51 Pubblicato in Concorsi

scadenza del bando: 10/10/2011

Promuovere "la narrazione audiovisiva al servizio del bene comune ", attraverso “piccoli film”, di max cinque minuti con colonna sonora originale.

Questo il progetto della terza edizione di Raccorti Sociali, concorso nazionale di cortometraggi dedicato all’impegno nel sociale.
Partner del progetto: il Cesvot - Centro Servizi Volontariato della Toscana, l'AIART - Associazione Spettatori - Onlus - Delegazione di Pisa, la Regione Toscana - Mediateca Regionale.
La premiazione e la proiezione avranno luogo il 20 novembre 2011a Firenze, Cinema Odeon ( Piazza Strozzi ) nell'ambito della manifestazione 50 giorni di Cinema Internazionale.

 

Scadenza: 10 Ottobre 2011

Tassa di iscrizione: PARTECIPAZIONE GRATUITA

Modalità di iscrizione: Inviarela documentazione e l'opera entro il 10/10/2011 ( vedi www.raccorti.it )

Premi: Attrezzature e materiale audiovisivo ( euro 6000,00 )

Info su:
www.raccorti.it
www.cesvot.it
www.mediatecatoscana.it

Ex cinema Palazzo - Sala Vittorio Arrigoni

Venerdì 29 Luglio 2011 14:26 Pubblicato in Full Screen

CAMEO n°4: Valerio Mastandrea & Diego "Zooro" Bianchi

Vincitore del premio Limina 2011 come miglior testo italiano di studi universitari sul cinema, il libro di Andrea Minuz affronta la controversa questione dell'indicibilità dell'Olocausto e la sua rappresentazione al cinema; il genocidio degli ebrei è a tutti gli effetti parte di una memoria collettiva.

Minuz, docente di cinema presso la Sapienza di Roma, il DAMS di Bologna e l'Università del Molise, è già autore di saggi e monografie, tra cui Dell'incantamento. Hitchcock, Bergman, Fellini e il «motivo dello sguardo» (2009) e Friedrich Wilhelm Murnau. L'arte di evocare fantasmi (2010). In questo libro sviluppa un progetto di ricerca estremamente complesso che raccoglie le suggestioni di un pensiero contemporaneo orientato alla messa in discussione dei concetti di indicibilità e irrappresentabilità del genocidio (in particolare le teorie di estetica filosofica di Theodor Adorno, George Didi-Huberman, Pietro Montani, Jacques Rancière, Jean-Luc Nancy), in riferimento alle formule di finzione e modalità simulative del racconto cinematografico.

Venere Nera

Venerdì 29 Luglio 2011 13:24 Pubblicato in Recensioni

Decidere di andare a vedere il quarto film del regista francese Kechiche è stato per certi versi automatico, consequenziale.

Non lo stesso scriverne il commento che solitamente elaboro poche ore dopo la visione.Ci ho messo circa tre settimane. Non è facile scrivere di questo film che è assolutamente fisico, quasi statico nella sua mancanza di dinamicità, e che ti coinvolge in quanto spettatore, e ti mette spalle al muro in quanto “voyeur” pagante.Dopo la bellezza fresca, vitale, folgorante di “Tutta colpa di Voltaire” e “La schivata” è arrivato “Cous cous” opera matura sull’integrazione familiare-razziale e non solo.Ora il film più “difficile” un biopic particolare, sconosciuto ai più: la storia della giovane Saartjie Baartman, ribattezzata la 'Venere Ottentotta'.

Portata in Europa, fu mostrata come fenomeno da baraccone in Inghilterra, Olanda e Francia. Divenne poi motivo di studio per scienziati e pittori, e fu utilizzata anche come oggetto sessuale dalla ricca borghesia del tempo per poi morire drammaticamente e in solitudine a Parigi nel 1815.Ma non finisce qui: da morta gli scienziati ottengono il suo corpo, ne ricavano un calco in gesso, che verrà osservato e conservato insieme allo scheletro e ai barattoli con il cervello e i genitali in formaldeide per quasi due secoli al Musée de l'Homme e restituiti finalmente al Sudafrica solo nel 2002.

Dicevo prima del coinvolgimento sotto forma di spettatore passivo al dramma sociale che viene narrato dal regista franco-tunisino, ebbene la nostra responsabilità culturale, quella del mondo occidentale intellettualmente evoluto, nel dramma di Saartjie è totale.Non si vede nel film una sola persona che si sottragga al ruolo assunto sia esso di spettatore, che di consumatore o ancora di studioso o artista.Se in “The Elephant man” l’ignoranza della povera gente porta a sfruttare l’attrazione della malformazione vi è per contraltare una classe eletta, culturalmente evoluta che ne percepisce il lato umano, poetico, intelligente: in sostanza “scopre” John Merrick e non “l’uomo elefante” soprattutto nelle figure del Dottor Treves e della Signora Kendal.Qui no. Anzi i dottori se ne accaparrano il lato animalesco e solo a quello sono interessati, così come le ricche e lascive platee da salotto.Il dito puntato di Abdel Kechiche è totale: assenti le trovate cinematografiche che in genere addolciscono la pillola come l’uso di musiche sentimentali o inquadrature ammiccanti.Non ci risolleva nemmeno vedere scorrere nei titoli di coda sulla parte sinistra dello schermo le immagini autentiche del ritorno in Sudafrica dei poveri resti di Saartjie Baartman.Non è affatto liberatorio, ma è l’ennesimo, assordante atto di condanna.Alla fine esco non emozionato ma tramortito, sconfitto.Sconfitto dalla Storia e da chi la racconta senza mediazioni.

Marco Castrichella