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Felicita'

Domenica 17 Settembre 2023 17:16 Pubblicato in Recensioni

Felicità è un miraggio, un’aspirazione, una chimera, un obiettivo, un traguardo ma ha così tante facce e si sposta con fulminea velocità che non è facile individuare cosa sia e nemmeno afferrarla per tenerla con sé il più a lungo possibile.

Desiré è una acconciatrice che lavora come assistente sui set cinematografici e ha alle spalle una vita difficile all’interno della famiglia problematica e disfunzionale che le è toccata in sorte.

Non ha mai ricevuto incoraggiamenti e supporto ma anzi viene ritenuta da entrambi i genitori una donna stupida che ha solo la dote di essere una lavoratrice indefessa che risparmia il più possibile e alla quale poter chiedere soldi, senza alcuna remora o imbarazzo, ogni qual volta capiti qualcosa a cui far fronte.

Desiré non ha altre aspirazioni che quella di essere felice accanto agli affetti più cari. Vive una storia d’amore con un professore più grande di lei ma è solo apparenza, un castello di carte troppo fragile.

Micaela Ramazzotti, anche regista di questo lungometraggio, si ritaglia e cuce addosso un personaggio perfettamente nelle sue corde, la sua Desirè (con l’accento) ha molteplici sfaccettature e ognuna di queste è messa in luce da una interpretazione senza sbavature, sempre centrata, mai sopra le righe. Micaela dona al suo personaggio tutto quello che le serve per essere funzionale al racconto e per far sì che lo spettatore si immedesimi con questa donna bella, gentile, generosa e disponibile con tutti nonostante riceva solo umiliazioni, angherie, molestie e sia costantemente manipolata da chi dovrebbe invece proteggerla e amarla.

L’unico affetto sincero e puro risiede nel rapporto con Claudio, il fratello minore rimasto a vivere con i genitori e in preda a crisi depressive violente che gli impediscono di ribellarsi all’amore soffocante dei genitori, che lo trattano come un minorato impedendogli di emanciparsi e spiccare il volo da quel nido così opprimente. Micaela Ramazzotti ci racconta un microcosmo familiare ristretto e asfittico fatto di piccoli soprusi perpetrati da genitori gretti che non sanno donare amore nel modo giusto ma costringono i figli ad accettare situazioni scomode e anche pericolose pur di scansare problemi e vivere egoisticamente le loro giornate fatte di niente.

La madre (una perfetta Anna Galiena) rancorosa della carriera della figlia che, a parer suo, ha contribuito a creare, le recrimina anche di essere uscita dal nucleo familiare troppo presto lasciandola sola mentre il padre (un Max Tortora che ci regala una performance molto colorita) si crede uno show-man incompreso e insegue sogni di gloria nelle piccole tv private accettando anche di scendere a squallidi compromessi sessuali pur di avere uno spazio tutto suo. In questo contesto la figura di Desiré appare un angelo biondo tra demoni neri e, sebbene porti sulle spalle tanti e troppi dolori, non perde mai la sua ingenua e infantile bontà e la sua generosa disponibilità che le consentono di intervenire sempre in maniera forte e decisa per salvare chi ama. Non si arrende e ne avrebbe tutte le ragioni ma, come una leonessa, travestita da pulcino bagnato, cerca di difendere chi non può farlo da solo.

L’unica pecca del film è il trascinamento di un finale che avrebbe potuto arrivare prima e invece, come se tutto il marcio che si è visto non fosse ancora sufficiente, si scava ancora più nel profondo come a voler dire che i dolori vanno vissuti tutti fino in fondo senza sconti e solo alla fine, forse, si ha diritto ad avere un premio per gli sforzi fatti.

Il congedo, finalmente, è rassicurante. Lasciamo Desirè sempre scarmigliata e trafelata eppure bellissima mentre il suo specchio è un fratello che invece appare guarito e in procinto di affrontare da solo il mondo esterno. I meravigliosi occhi di ghiaccio di Claudio (intepretato dal bravo Matteo Olivetti) non sono più vuoti ma finalmente vividi, il suo sorriso è ora spontaneo e non più acceso dietro comando, i capelli non son più quelli acconciati secondo il gusto della madre e tutto acquista il sapore di un riscatto e di un nuovo inizio che lo spettatore si augura sia duraturo e fulgido per entrambi.

Micaela Ramazzotti confeziona un ritratto impietoso di una famiglia meschina, indagando anche il tema delicato della malattia mentale, calando il tutto in un contesto periferico ricostruito negli scenari, nei costumi e nell'uso del parlato in modo dettagliato.
Si avvale della bella fotografia di Luca Bigazzi, del montaggio efficace di Jacopo Quadri che rende tutto fluido e scorrevole e una colonna sonora confezionata da Carlo Virzì che sottolinea sia le parti più cupe e tensive che quelle più leggere e grottesche in modo puntuale.
Una prima prova registica che viene superata a pieni voti. Presentato nella sezione Orizzonti Extra all' ultima edizione del Festival di Venezia ha vinto meritatamente il premio degli spettatori Armani beauty.

David Siena 

Assassinio a Venezia

Giovedì 14 Settembre 2023 17:05 Pubblicato in Recensioni

C’è una frase pronunciata da Poirot poco prima della fine di Assassinio a Venezia che racchiude l’essenza del film, toccando nel profondo tutti gli spettatori. E’ un invito a non fuggire, a non rifiutare i propri fantasmi interiori, ma ad accettarli senza remore. Soltanto in questo modo l’essere umano riesce ad oltrepassare i momenti di paura e smarrimento, ritrovando la fiducia in sé stesso. Per una mente illuminata e razionale come quella di Hercule Poirot si tratta di una presa di posizione molto audace, quasi ascetica, capace di sintetizzare bene gli intenti di questo terzo capitolo dedicato all’investigatore più acuto di sempre, firmato ancora una volta dalla raffinatezza stilistica di Kenneth Branagh. Venezia, vigilia di Ognissanti, la città inizia a prepararsi per celebrare la macabra festa di Halloween. Poirot, ormai ritiratosi dalla scena investigativa, vive le sue giornate di pensionamento evitando ogni genere di contatto con il prossimo. Sebbene la sua presenza a Venezia sia motivo di grande curiosità e continue richieste d’aiuto, le pressioni esterne vengono tempestivamente contrastate dalla brutalità quanto mai fisica della sua fedele guardia del corpo (interpretata da un inedito Riccardo Scamarcio). Tutto sembra scorrere su binari imperturbabili, quando un giorno a casa di Poirot irrompe una vecchia amica Ariadne Oliver (interpretata da una strepitosissima Tina Fey), divenuta una celebre scrittrice di gialli, la quale tenta in ogni modo di convincere Poirot ad assistere ad una seduta spiritica che avverrà proprio quella sera stessa, nella funesta dimora di una vecchia gloria della lirica, Rowena Drake (Kelly Reilly). Nonostante la caparbia riluttanza, Hercule alla fine cederà il passo alla curiosità nonché alla volontà di smascherare qualche impostore. Ma durante la sessione avviene un tragico evento: una persona viene uccisa in modo macabro e sanguinoso. Soltanto l’infallibile intuito di Poirot potrà rimettere al loro posto i tasselli di un puzzle lugubre che trascinerà nelle nebbie della paura anche una mente razionale come la sua. Siamo piuttosto lontani dalle atmosfere sfarzose e un po’ pacchiane del precedente Assassinio sul Nilo, di cui forse ricordiamo ben poco se non un modesto tentativo d’indagine popolato da personaggi troppo epidermici e privi di fascino. Branagh ora decide di spiazzare tutti, raccontando una storia che originariamente ha ben poco a vedere con spiriti e terrore. Infatti, sebbene il film rientri nel genere investigativo con un’impronta horror molto radicata, il libro a cui si ispira invece, Poirot e la strage degli Innocenti scritto nel 1969,ricalca il classico schema del giallo senza alcun tipo di cenno all’universo del soprannaturale. Il regista quindi si ispira liberamente all’opera della Christie, realizzando volutamente un capitolo differente da tutti gli altri, capace di distinguersi non solo per il genere scelto, ma soprattutto per il fascino di una narrazione impeccabile e a più livelli. Partendo da quel sentimento angosciante che alberga chiaramente nell’animo di tutti i protagonisti della storia, ci si immerge in un ambiente oscuro, ambiguo e spettrale circondato dal violento fragore delle onde di un mare nero come il buio degli interni. La fotografia in questo senso restituisce un quadro perfetto di analogie cromatiche e spirituali: le fitte tenebre degli ambienti interni sembrano rincorrere uno ad uno i volti degli astanti, finendo spesso per abbracciarli fatalmente. L’entusiasmo di Branagh si percepisce da tanti piccoli dettagli appassionati, come alcuni magnifici esercizi di stile quali angolazioni distorte, fish-eye e quei claustrofobici piani inclinati dal basso e dall’alto volti ad intensificare l’effetto conturbante. Detto questo, siamo di fronte ad un film che va visto al cinema per godere appieno del suo impatto sia sul piano stilistico sia su quello più emozionale. Kenneth Branagh si riconferma un ottimo regista oltre che un brillante interprete, squisitamente legato ad un personaggio che indossa meglio di un cappotto e che difficilmente abbandonerà.

 

Giada Farrace

The Well di Federico Zampaglione in anteprima al Sitges Film Festival

Mercoledì 13 Settembre 2023 16:49 Pubblicato in News

L’horror soprannaturale The well, ultima fatica registica di Federico Zampaglione, sarà presentato in anteprima mondiale al Sitges Film Festival 2023, dove verrà proiettato Venerdì 6 Ottobre nella sezione "Midnight X-treme”, presso il Cinema Retiro.

The well vede protagonista Lauren LaVera (Terrifier 2) nei panni di Lisa Gray, giovane restauratrice che si reca in un piccolo villaggio italiano per portare al suo antico splendore un dipinto medievale. Ma non sa che sta mettendo la sua vita in pericolo a causa di una maledizione legata ad un mostro creato e nutrito dal dolore più estremo.

 

Il regista ha commentato: "Sono più che entusiasta di avere la prima mondiale di The well a Sitges, un festival che amo davvero. Far parte della sezione ‘Midnight X-treme’ è molto emozionante ed è il posto perfetto per il mio nuovo film... visto che è davvero molto, molto estremo! Preparatevi, compagni!".

Nel cast insieme a Lauren LaVera sono presenti Claudia Gerini (DiabolikAmmore e malavitaJohn Wick – Capitolo 2), Giovanni Lombardo Radice (Paura nella città dei morti viventi), Taylor Zaudtke (Sadistic intentions), Linda Zampaglione (Time Is up), Jonathan Dylan King (la serie Netflix From scratch – La forza di un amore), Lorenzo Renzi (Romanzo criminale – La serie), Gianluigi Calvani (The new Pope), Yassine Fadel (la serie tv FBI: International), Melanie Gaydos (Insidious: L’ultima chiave), Stefano Martinelli (Anger of the dead) e l'esordiente Courage Oviawe.

Scritto dallo stesso Zampaglione (Shadow – L’ombraTulpa – Perdizioni mortali, Morrison) insieme a Stefano MasiThe well è una produzione Iperuranio Film, prodotto da Stefano Masi.

 

Io Capitano

Giovedì 07 Settembre 2023 16:04 Pubblicato in Recensioni
Matteo Garrone nel suo “Io Capitano” affronta il tema caldo e, purtroppo sempre attuale, dell’emigrazione dal territorio Africano verso la ricca e sicura Europa.
 
Nello specifico siamo in Senegal dove vivono Seydou e Moussa, due cugini coetanei e molto legati fra loro che per inseguire i sogni di gloria e successo tipici di tutti gli adolescenti del mondo, si impegnano in qualsiasi lavoro capiti loro pur di mettere da parte un cospicuo gruzzolo di denaro che consenta di comprare il biglietto per il viaggio tanto agognato.
 
A costo di preservare questa possibilità, osteggiata dalle famiglie e scoraggiata da chi in passato ha già intrapreso questo viaggio foriero di pericoli, i due ragazzi custodiscono nel loro animo questo segreto.
 
In questo film non c’è nulla di retorico e Garrone è estremamente abile nell’impostazione generale del racconto che tiene lo spettatore concentrato sulle molteplici azioni, peripezie, sfortune in cui si imbattono i due giovani protagonisti nella loro personale Odissea alla ricerca di una Eldorado.
 
Quando il viaggio ha inizio tutto cambia e la narrazione, incentrata sulla solida amicizia fraterna e impregnata di sogni di riscatto, cede il passo a toni che si fanno via via più cupi, i colori sbiadiscono, i dialoghi diventano sempre più stringati fino a lasciare risuonare nel deserto che si trovano ad attraversare un unico grido di aiuto che riecheggerà a lungo nella coscienza di chi ha avuto la fortuna di salvarsi.
 
“Aidez-moi”, scandito come un mantra, riesce a raggiungere solo l’animo sensibile di chi ancora conserva nel cuore quell’innocenza che è indispensabile per non smarrire la rotta.
 
Il regista non prende mai posizione ma lascia parlare le meravigliose immagini affidate alla sapiente fotografia di Paolo Carnera.
 
Siamo raggiunti da un fortissimo “j’accuse” che scaturisce esclusivamente da quello che viene mostrato nella sua asciutta crudezza.
 
Le torture, i soprusi, i pericoli, le vessazioni, le ruberie, le umiliazioni e l’assenza totale di pietas ci puntano il dito contro e ci ricordano che il mondo intero non riesce da troppo tempo a individuare il bandolo che possa sbrogliare la matassa nella quale si perdono vite preziose di uomini, donne e perfino bambini innocenti.
 
Nel film le immagini hanno una potenza deflagrante e sono il terzo vero protagonista. Sono avvolgenti e non ci consentono di distogliere lo sguardo, nemmeno per un attimo.
 
La scena finale è la chiusa perfetta per un’opera che ha il potere di svegliare le coscienze al pari di una doccia fredda. Garrone ci consegna un ritratto potente di cosa significhi essere spinti dalla disperazione e dalla costante paura di non riuscire a raggiungere la salvezza che si staglia, come un miraggio, placida davanti agli occhi.
 
“Io Capitano” non è un film strappalacrime ma anzi cerca di attenersi il più possibile ai fatti facendo parlare le azioni cercando di lasciarlo scevro da patetismi, retorica, politica e polemica. Solo alla fine anche lo spettatore abbandona attenzione e concentrazione e si lascia investire da un tumulto di emozioni che gli fanno versare, copiose, tutte le lacrime trattenute in precedenza.
 
I titoli di coda che congedano il pubblico sono un altro gioiello e ci riportano alle tappe salienti del viaggio e come tele preziose lo rendono ancora più magico.
 
Il cast di attori brilla per naturalezza e spontaneità. I protagonisti regalano personaggi di forza e coraggio ma con i loro sorrisi guasconi e simpatici trascinano tutti dalla loro parte senza se e senza ma.
 
La vera forza del film è proprio quella di raccontare un dramma, riuscendo a non scalfire la magia di un’esperienza anche formativa. Seydou e Moussa abbandonano per sempre la fanciullezza spensierata per gettarsi a capofitto nel mare in tempesta dell’età adulta, rimanendo puri e, soprattutto, senza farsi duri e mai carnefici con il prossimo.
 
David Siena