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Piggy

Mercoledì 05 Luglio 2023 15:41 Pubblicato in Recensioni

Sembrerebbe una classica storia di bullismo declinata tutta al femminile, con una ragazza adolescente in sovrappeso (Sara) presa di mira e additata con l’appellativo di "Miss Bacon" e altri epiteti poco gentili, tutti riferiti alla sua stazza imponente e correlati all’attività lavorativa di famiglia che gestisce una macelleria.
Nemmeno cercando la solitudine e, sforzandosi di rimanere a debita distanza dal branco, questa ragazza riesce a sfuggire alle vessazioni che le sue aguzzine (tre ragazze coetanee tra le quali una sua amichetta d'infanzia) le infliggono ogni qual volta si presenta l’occasione.
Sembra destinata a soccombere sempre, fino a quando interviene in suo favore
qualcuno d’inaspettato.
L’ingresso in scena di questo giovane uomo, anch’egli complessato e problematico ma per altre ragioni, sposta completamente il focus della narrazione e il film acquista, nella mani della brava regista, una veste prettamente thriller/noir.
Questo cambio di registro ad alto tasso adrenalinico introduce anche il tema splatter che da questo momento prende decisamente il sopravvento. D'ora in poi la violenza da verbale e psicologica si fa sempre più fisica e si assiste ad una vera e propria mattanza dove le vittime, questa volta, sono le precedenti carnefici in una legge del contrappasso che non lascia scampo.
Il finale, ancora una volta, spiazza lo spettatore.
La conclusione scontata di una vendetta, sebbene ad infliggerla sia un terzo personaggio che cerca un modo per farsi giustizia da sè e rendere un favore a chi ritiene meriti una vita migliore anche perché esercita un certo ascendente su di lui, non si realizza.
Invece si assiste ad un altro cambio di prospettiva e la vittima non diventa a sua volta aguzzino ma dimostra maturità e ragionevolezza.
Agisce con la testa e fa l’unica cosa possibile per non scendere all’infimo livello dal quale si era partiti.
L'ultima scena è un lungo piano sequenza che accompagna la protagonista, alla quale ci si è inevitabilmente affezionati, verso la salvezza, lontano dal sangue che ha l’ha completamente intrisa facendolo scorrere a fiumi senza che ce ne fosse un valido motivo. Assistiamo ad un escalation di violenza che sembra non avere mai fine e che termina grazie all’intelligenza di chi sceglie di non abbassarsi al livello di chi non ha altri argomenti per reagire ai soprusi.
Un film che parla di bullismo ma che non annoia e non appare mai banale grazie ad un mix vincente di più generi che vengono sviscerati con maestria. La regia crea la giusta suspence, tiene sulla corda, incuriosisce e dimostra in modo originale quali soluzioni siano quelle vincenti per far
desistere i prepotenti.
Si avvale di una fotografia molto realistica, utilizza inquadrature efficaci ad immedesimarsi con il punto di vista dei vari personaggi, si serve di una colonna sonora che sottolinea bene i momenti tensivi e suggella il tutto con un montaggio veloce che tralascia il superfluo.
Il film poi, ed è la cosa più importante, veicola in maniera chiara e netta un bel messaggio: le persone bullizzate che non commettono gli stessi errori dei bulli, rimanendo superiori nelle intenzioni e nei fatti, fa di loro le uniche vere persone vincenti.

Virna Castiglioni

Arriva nelle sale cinematografiche il 13 Luglio 2023 Mi raccomando, nuovo lungometraggio diretto e interpretato da Ciro Villano, dopo Fallo per papà, La legge èuguale per tutti… forse e Ammèn.

Oltre allo stesso Villano, Mi raccomando include nel cast Antonio Medugno, Vittoria Chiolero, Anna D’Auria, Renato Sica, Corrado Taranto, Luciana Nigro, Toni Mazzara, Simone Moretto, Rosaria Russo, Mauro Tarantini, Michele Franco, Nicola Marchitiello,con la partecipazione straordinaria di Davide Marotta, Franco Barbero, Maurizio Mattioli e Gianni Parisi.

Mi raccomando racconta coi toni della commedia agrodolce le vicende di due cognati inperenne conflitto, costretti a lasciare la loro terra per tentare di realizzarsi. Ma nulla è semplice in questo viaggio e i due capiranno presto che niente è come sembra ed è come ci si aspetta che sia. L'eterno confronto nord/sud, quindi, s'innesta in questa commedia divertente e romantica che affronta o prova ad affrontare e a ribaltare una serie di luoghi comuni, oltre ad evidenziare lo scontro tra onestà e disonestà di personaggi che passeggiano sul filo dell'ambiguità, tra simpatia e cialtroneria. Si pensa che i più furbi stiano al sud, ma in realtà le volpi sono ovunque. È così che Ciro, giovane brillante laureato e disoccupato, si ritrova coinvolto in un elaborato stratagemma tra un “geniale”cognato e degli scaltri, ma non troppo, agenti della truffa sabaudi. Attorno a questo nucleo di sincerità apparente vengono fuori contrasti tra sud e nord, in tutti i loro aspetti folkloristici e un amore a rotelle.

 

Il regista dichiara: “Sono legato a questo film soprattutto perché le riprese sono durate tre anni, in quanto ha attraversato il periodo peggiore per il nostro settore. Lo abbiamo iniziato nel periodo di pre-pandemia, poi lo abbiamo dovuto bloccare e, purtroppo, c’è stato un cambiamento di cast. Il bambino, che è uno dei protagonisti, è cresciuto, ma non abbiamo mollato. La tenacia della produzione e del cast tecnico-artistico ha fatto sì che il film venisse portato a termine e che arrivasse ora nelle sale. Quindi, al di là del concetto della commedia, che comunque racconta qualcosa di vero, cioè il fatto di non avere pregiudizi nei confronti del nord e del sud, per me passa addirittura in secondo piano perché la bellezza del film è stata nel farlo e realizzarlo. La pandemia ha distrutto tantissime piccole produzioni indipendenti, soprattutto nel cinema, mentre noi ce l’abbiamo fatta e, alla fine, mi sono emozionato perché ne siamo venuti fuori”.

Con musiche di Pino Tafuto e fotografia di Maurizio Sala, Mi raccomando è prodotto da Salvatore Scarico e Manuela Montella ed è distribuito da Green Film s.r.l..

A Thousand and One

Giovedì 29 Giugno 2023 11:06 Pubblicato in Recensioni

L’opera prima della regista newyorkese A.V. Rockwell è una carrellata intimista sulla vita di una madre e suo figlio di 7 anni, afroamericani di Harlem, sullo sfondo della Grande Melaattraversata dai cambiamenti negli 11 anni dal 1994 al 2005.

La scena si apre con immagini di repertorio degli anni 90: una New York che esplora la sua vitalità e la sua ascesa. Palazzi e tetti urbani che svettano, sovrastando le vite incerte di chi vive nei sobborghi cittadini tra espedienti e piccola criminalità. Inez (Teyana Taylor) è una parrucchiera ventiduenne appena uscita di galera. Ha scontato una non ben precisata condanna per furto, probabilmente in complicità con il suo uomo, ed è in cerca del suo posto nel mondo. 

Inez non ha origini né destinazione. Non ha lavoro, né un posto dove andare. Il suo rifugio diventa Terry, suo figlio di 6 anni che rapisce dall’ospedale in cui era ricoverato per un incidente accaduto nella casa della sua famiglia affidataria.

La parabola lunga dieci anni della crescita di un figlio e, insieme, di una madre poco più che ventenne è un excursus di salite e discese emotive. Nella New York del repubblicano Giuliani prima e di Bloomberg poi, si frastagliano le vicende delle minoranze dei ghetti cittadini, dove la vita sembra scorrere più lentamente e inesorabile e dove chi è più scaltro fugge o incalza la vita, prima che il peggio possa travolgerlo.

L’incontro tra le due solitudini, una con un passato che pesa come un fardello emotivo sulla schiena e l’altra con un futuro incerto di chi ha nostalgia di un nido familiare sconosciuto, pone l’accento sulla riconsiderazione morale di un gesto fuori dai margini della legalità. “Chi è ferito non sa amare” dice Inez al figlio ormai adolescente. Chi si porta dietro laceranti piaghe emotive non sa come riversare il proprio amore sugli altri. In queste parole c’è tutto il suo dolore, il rimpianto e la rabbia di chi paga le conseguenze di colpe non proprie, come chi ruba per necessità. Ruba denaro e ruba i sentimenti; desidera provarli e riceverli disperatamente ma non ha gli strumenti e i mezzi per ricercarli in maniera funzionale. La città divora le anime; è cattiva. Harlem è un ghetto e la sua evoluzione non è solo urbanistica e culturale ma anche politica. La regista lo racconta tenendo sullo sfondo i cambiamenti governativi che hanno accompagnato gli 11 anni in cui si racconta la vicenda.

Quando Terry, che Inez chiama “T.” come un eterno inizio di chi paradossalmente vive di solo presente, senza un passato che lo origini, cresce e si scopre intelligente, più della media dei suoi coetanei, gli si spalancano le porte delle possibilità. Si comincia a intravedere la sagoma di un futuro che prima era solo l’eterna proiezione di un presente senza spessore.

Terry però è legato a quel presente. E’ il nido che ha sempre cercato. E’ la sua identità, formatasi nel ghetto newyorkese di una periferia scalpitante e governata da dinamiche che lui stesso fa ancora fatica a decifrare ma che rappresentano l’identificazione a una collettività di quartiere, primo vero nucleo familiare che si è costruito negli anni di convivenza con la madre e il suo compagno Lucky, la figura paterna e profondamente umana che lo segue nella sua evoluzione da bambino a uomo.

Il bisogno d’amore e di appartenenza è il filo conduttore di tutta la pellicola. Prima in termini di amore materno, poi filiale, poi sentimentale, fino a passare dall’idea di collettività familiare a quella socioculturale, senza trascurare l’idea comunitaria di una minoranza i cui diritti appaiono in continua evoluzione, al pari dei pregiudizi di cui è vittima.

Valeria Volpini

 

Houria - la voce della libertà

Mercoledì 21 Giugno 2023 17:43 Pubblicato in Recensioni

Houria - la voce della libertà è un film fortemente incentrato sulla figura della giovane protagonista ben caratterizzata da una sceneggiatura attenta e ben interpretata dall’attrice Lyna Khoudri molto espressiva e intensa. Houria è anche un film corale perché la lotta per continuare a danzare di questa ragazza temeraria è anche la lotta di tutte le donne per l’emancipazione e la libertà personali. L’ Algeria dove è ambientato il racconto considera ancora il genere femminile una propaggine dell’uomo e non consente loro un’autonomia completa.

Il fil rouge che percorre tutta la pellicola è la danza. Questa disciplina introduce la figura di questa ballerina con un assolo sulla terrazza baciata da un tramonto infuocato fino alla scena finale che ci regala una moderna coreografia di gruppo per la commemorazione dell’amica del cuore che ha trovato la morte nella speranza di raggiungere  l’Europa e vivere all’occidentale da donna libera di scegliere il proprio destino.

Le condizioni socio-politiche del Paese nel quale la storia è ambientata non fanno solo da sfondo alle vicende personali narrate ma sono un tema centrale. Un regime oppressivo e maschilista che copre i criminali anziché perseguirli.  Proprio un’aggressione subita da Houria sarà lo spartiacque tra una vita precedente fatta di grandi sogni e una nuova vita che sarà all’insegna di una costruzione diversa relativamente al suo desiderio di danzare. I problemi fisici conseguenti alla brutale aggressione le impediranno di proseguire la carriera da danzatrice professionista e le toglieranno anche l’uso della parola. Da questo punto in poi sarà la danza a parlare per lei e per tutte le altre donne vittime di violenze e al suo posto griderà il dissenso e sancirà il riscatto. Un gesto violento e meschino non sarà in grado di piegare questo giovane virgulto di donna ma le infonderà un nuovo coraggio. La sua amica alla vigilia della partenza le dice proprio “non è la fine del viaggio ma è l’inizio di una nuova vita”.

La regia, attraverso uso sapiente della fotografia e una colonna sonora che richiama motivetti di musica leggera italiana, crea uno spaccato tra la positività delle scene di danza e la cupezza delle scene ambientate di notte, in vicoli scuri, in luoghi di degrado e in situazioni di illegalità dove si cerca un modo per andare avanti da sole senza l’aiuto di alcuno. Houria scommette somme di denaro in combattimenti clandestini fra arieti che, per ironia hanno il nome di potenti della terra, per poter acquistare un auto nuova alla madre.

Un film duro ma mai negativo tout court perché permeato di coraggio e forza di volontà. Nessuno e niente potrà spegnere il sorriso sul volto di chi ha deciso di non arrendersi mai. Un film che non brilla per originalità ma che è ben diretto e molto ben interpretato e infonde speranza allo spettatore che non può non rimanere affascinato dalla grazia e dalla bellezza di chi risponde con il sorriso alle ingiustizie e cerca con il suo operato di essere per gli altri quel raggio di sole che illumina anche il destino più buio.

 

Virna Castiglioni