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Non uscirai vivo da questo mondo

Lunedì 24 Novembre 2014 16:45 Pubblicato in Recensioni
Non uscirai vivo da questo mondo è il titolo di un cortometraggio diretto da Riccardo Papa e prodotto da Grapevine Studio nell’ambito dell'ultimo 48 Hour Film Project di Roma, un festival internazionale che mette alla prova la creatività di filmaker ormai da 14 edizioni. Secondo il bando si richiedevano infatti quarantotto ore di tempo per la realizzazione ex-novo di un corto, comprensivo di tutti i suoi step: sceneggiatura, riprese, regia, montaggio, costumi, colonna sonora, effetti, post-produzione e titoli. A garanzia di una costruzione inedita, si richiedeva la presenza di un personaggio da inserire obbligatoriamente nel plot (Carlo Maria o Carla Maria Fontana, archeologo/a), di un oggetto (una pennellessa) e di una frase (“A regime permanente la portata è costante”, primo principio di idrodinamica). Inoltre, per ogni team partecipante sarebbe stato sorteggiato un preciso genere cinematografico da interpretare.
Il lavoro del gruppo Grapevine ha raccolto la sfida aggiudicandosi i premi per i migliori costumi e per il miglior uso del genere, nonché una nomination per la miglior regia. 
Un western post-tecnologico ambientato nella periferia capitolina ha interpretato un eroe delle praterie nello scenario apocalittico del quartiere Centocelle. Il film rilegge in un gusto postmoderno gli oggetti archetipici dello spaghetti western, come cappi, orologi da taschino, sombreri, stellette, pistole, pianoforti e specchi. La desolazione metropolitana si impadronisce dei riconoscibili stilemi di scrittura registica del genere cinematografico, come i primissimi piani dei protagonisti, i campi lunghissimi, le angolazioni eccentriche, i colori caldi e le scazzottate. Il riferimento non si limita ad una mera citazione formale: si percepisce la tensione interiore della sfida e la forza emotiva della fatalità. Il Bildungsroman del picaro nella sua crociata personale contro il cattivo apre il western ad una lettura cosmopolita e futuribile, in un’epoca di disperata povertà, in cui ci sarà ancora spazio per la violenza, ma gli archeologi si preoccuperanno della benzina (chiamata “acqua-carbone”).
Le figure femminili coraggiose e combattive, così come il picaro, il cattivo e l’arlecchino (qui eccentrico nerd), icone del genere, abitano in modo inedito i paesaggi suburbani, evocando un contrasto con l’orizzontalità del vecchio West attraverso il tema di una ricerca verticale, rappresentata dal petrolio, e dall’ascesa dagli inferi, visualizzata nei gironi di cemento e graffiti dell’underground capitolino. 
Il personaggio interpretato con grinta da Francesco Castiglione, eroe maledetto e giustiziere, scuote lo spettatore con la stessa forza di un novello Franco Nero suburbano.
Estremamente raffinata anche la ricerca sui costumi, come confermato dal premio ad Ilaria Carannante: gli occhiali steampunk e la chioma cotonata dello sceriffo, così come le vesti stracciate dell’archeologa, sono efficaci simboli di un futuro malato e di una coscienza storica nichilista. 
La coinvolgente colonna sonora originale, tra cori morriconiani, armoniche e slide guitar, più che un semplice omaggio ai grandi maestri del genere, ne evoca gli echi e lo spirito. Lo stesso spirito che dall’amara vendetta sotto il torrido sole di Django si fonde alle atmosfere distopiche di George Miller. Come se Corbucci avesse incontrato Mad Max!
 
Rossella Catanese

Il RIFF sbarca in Russia

Mercoledì 12 Novembre 2014 22:23 Pubblicato in News
Russia-Italia Film Festival (RIFF), arriva nelle principali città russe per offrire al pubblico dell’Europa dell’Est un ricco carnet di cortometraggi, documentari e cinema d’autore nell’anno del turismo Italo-Russo. I film in lingua originale, proiettati dall’11 al 23 Novembre al Cinema Fakel di Mosca e dal 2 al 14 Dicembre al cinema Rodina di San Pietroburgo saranno tanto pellicole premiate a festival nazionali fra i quali lo stesso Rome Independent Film Festival, che film russi dedicati all’Italia.
 
 
25 spettacoli, 30 proiezioni, 10 città russe coinvolte nella rete del festival, una monosala dedicata all’essai come il Fakel e un grande spazio pluripremiato per la promozione della cultura cinematografica russa come il Rodina, numerosi i dibattiti e incontri alla presenza di registi e autori che daranno vita anche a lezioni tematiche.
 
Fra i film presenti in rassegna: “Ristabanna” di Gianni Cardillo e Daniele De Plano, ultimo film con Ben Gazzara, “The Stalker” di Giorgio Amato, presentato al RIFF Awards 2014. Presenti inoltre alcuni interessantissimi documentari come “l’Italia è in crisi” e “Questa è la nostra vita”, nonché la straordinaria raccolta “fiabesca” “Le fantasie italiane”.
L’evento è stato organizzato con il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura, dell’Agenzia ICE, della Camera di Commercio Italiana, dell’ENIT (Agenzia Nazionale per il Turismo), del club ITAM e della rete statale “MosKino” e “Rodina”, nonché in collaborazione col la piattaforma dedicata al cinema indie Romefilmmarket.com e si configura per la sua natura peculiarmente innovativa soprattutto nella presentazione di pellicole italiane distribuite affatto o poco sia in Italia che in Russia.
 
Per tutte le info http://www.riff-russia.ru/
 

Frank

Mercoledì 12 Novembre 2014 22:00 Pubblicato in Recensioni
Chi è Frank? La domanda, se la pongono tutti, prima o dopo aver visto il film dell’irlandese Lenny Abrahamson, con Michel Fassbender nel ruolo del titolo. Le  risposte sono molteplici, Frank è un uomo tra i “trenta e i cinquanta” che indossa sempre una maschera di cartapesta, con dipinto sopra un enorme faccione sorridente. Senza una spiegazione logica, egli deve sempre descrivere la sua reale espressione a parole, non separandosene mai  quando dorme, mangia o quando fa la doccia. Frank è una persona creativa, capace di far passare il malumore agli sconosciuti, ispirare il genio di molti, schiacciare involontariamente l’autostima di altri creativi, perché è unico. Frank è soprattutto il leader di un gruppo musicale sgangherato, gli Soronprfbs, nome impronunciabile persino per gli stessi componenti; così lo conosce Jon (Domhnall Gleeson) , il tastierista “pel di carota”, che in prima persona racconta agli spettatori cosa significa lavorare e vivere con Frank. Lo fa inizialmente attraverso un incosciente entusiasmo, racconta le sue emozioni come fossero scritte su un diario segreto giorno per giorno,  attraverso twitter (vediamo comparire i suoi “cinguettii” agli angoli dello schermo), ignaro di come e dove lo stia trascinando questa avventura fuori dal comune tra una baita isolata nei boschi e la convinzione di incidere un cd inascoltabile. Gli altri membri della band sono altrettanto incoscienti, tra loro c’è Clara (Maggie Gyllenhaal), una cantante lirica mancata, innamorata di Frank al punto da buttare la sua vita, dietro ad un sogno irrealizzabile. Clara è piena di contraddizioni, all’apparenza è tutto meno che romantica, irascibile folle, dura di cuore, fa di tutto per ostacolare il successo del povero Jon, invidiosa della sua prematura amicizia con il leader del gruppo. Frank non è solo un “mascherone”, in lui si cela un uomo complicato, insicuro, fragile e, allo stesso tempo, un invidiabile talento che trova i testi delle sue canzoni in tutto ciò che osserva, come un bambino, trae ispirazione persino da un pelino di lana fuori posto nella trama di una poltrona. Delizioso spaccato di realtà alienante, la pellicola è tutto meno che una commedia leggera, come può suggerire la locandina: è la storia di una vita fuori dal comune, con tutti i pro e i contro che questo può comportare, come se al mondo non ci fosse più  posto per l’originalità o per chi sceglie di apparire come meglio crede,vivendo una vita totalmente fuori dagli schemi della società. Ci si chiede ancora: Frank è un pesce fuor d’acqua o è il mondo che ancora non è pronto per lui? 
 
Francesca Tulli
 

Dracula Untold

Mercoledì 29 Ottobre 2014 21:56 Pubblicato in Recensioni
Dracula, basta questo nome ad invocare una figura ben distinta nell’immaginario collettivo. Prima del celebre film di Francis Ford Coppola, trasposizione del romanzo di Bram Stoker, erano pochi al cinema i Dracula fascinosi. Nel suo film Gary Oldman, con il cappello a cilindro e gli occhiali fumé, trasformò il conte da orrendo Nosferatu a sex symbol circondato di donne bellissime e capace di provare grandi amori. Non a caso il qui protagonista gallese Luke Evans (famoso ai più dopo aver interpretato Bard in “Lo Hobbit la Desolazione di Smaug” ) è bello, viene dal teatro, ha un nutrito successo tra le fan e, nota curiosa, ha davvero i canini appuntiti. Conosciuto da tutti come il vampiro più famoso nella storia dell’umanità, il principe Vald III di Valacchia è invece ricordato in Transilvania, come un eroe, infaustamente etichettato come un mostro dalla cultura generale. In questo esperimento di Gary Shore, un regista emergente alla prima esperienza, il protagonista è proprio questo, un paladino della giustizia, un padre di famiglia, un marito devoto, costretto dagli eventi a impalare i nemici sul campo di battaglia e a portare la maledizione che lo renderà celebre. Senza lato oscuro nel cuore, con una blanda sete di sangue, una super vista, super forza, super udito, il patto con un vampiro più oscuro (Charles Dance) lo rende invincibile, ma non convince lo spettatore. La pellicola è uno spreco di bravi attori, costumi mostruosamente dettagliati, set giganteschi, e sarebbe anche godibile se le battaglie non fossero ridicole quanto l’acconciatura moderna e improbabile dell’antagonista, il generale turco Mehmed (Dominic Cooper), che sembra uscita da una discoteca anni Novanta. La sceneggiatura è forse la pecca più grande di questo film, insensata, fastidiosa, retorica, certi espedienti sembrano immotivati ed altri sono prevedibili. La produzione è della Legendary Pictures, che lavora a tempo pieno con maestri del fantasy del calibro di Guillermo Del Toro. Si può perdonare la fiducia data ad un regista emergente, il coraggio di costruire un blockbuster all'ombra di colossal che, anche solo considerando gli investimenti delle major, dovrebbero essere perfetti (Diseny, Marvel ecc…), ma le buone intenzioni non bastano a salvare questo titolo dall’etichetta di “guilty pleasure”, ovvero di film gradevole e senza pretese da guardare in compagnia di amici, con  una scorta di pop corn. 
 
Francesca Tulli