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Home » Recensioni » Bellas Mariposas
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20 Mag

Il degrado dei quartieri popolari è un po' come il sale, mantiene le cose, conserva quell'umanità bizzarra, quei personaggi singolari da circo dell'umanità. Bellas mariposas, col titolo ingannevolmente dai suoni spagnoli, ha un'anima sarda e carattere da vendere. E' un film corale, i cerchi si allargano nello stagno: da una tredicenne che da grande vuole essere vergine e cantante, al suo nucleo familiar-popolare, ciò implica una quantità sproporzionata di fratelli e sorelle, fino ai vissuti degli abitanti dei poveri palazzoni fatiscenti nel quartiere Sant'Elia di Cagliari, ricchi di intrecci.

Tutti questi intrecci li dipana la nostra farfallina da cemento, Cate. "Sto facendo troppi ricci" dice, riferendosi alle storie che ci illustra direttamente, infrangendo la quarta parete con candida grazia. Operazione riuscita, è un piacere farci prendere per mano, come fa con la sua migliore amica Luna, e farci guidare per il percorso narrativo. Il suo mondo è fatto di pragmatismo sognante. Sogni davanti lo specchio, cantando a squarciagola col phon, in un bagno sempre super trafficato. Del resto "tutti vogliono andare in bagno". In certi contesti è merce rara una dimensione come il bagno, custode di segreti e simbolo di un'intimità altrimenti miraggio. Il padre è un balordo senza spina dorsale né dignità, che non "ha mai lavorato una giornata intera". E' per questo probabilmente che Cate desidera il più sfigato del quartiere, Gigi, l'antiaereo, il più lontano dalle dinamiche di zona e dai prodotti "umani" tipici locali. Tra i fratelli uno è tossico ad appena 15 anni e il più grande un criminaletto sbruffone che l'unica "dote " che sembra possedere è la virtù più indecente per parafrasare De Andrè.

Cate è Sarda ed il mare, per fortuna, è lì a prendersi cura di lei, a cullarla. Un luogo imprescindibile della sua essenza, ancora meglio del bagno, il mare è la pace, l'eterno, la felicità, dove può danzare con se stessa, dove non c'è vuoto né cemento, ma solo bellezza e pienezza senza fine. Vi si immerge col suo costume olimpionico, che le fa da "corazza di guerriera", da campionessa della vita quale è. Luna ci viene presentata tardi, ma da quell'attimo non sparisce più dallo schermo, affiancando Cate in ogni istante, tanto da uscirne le due, al termine del film, promosse da migliori amiche a sorelle carnali. Merito del babbo naturalmente, forse l'unica cosa gradita, insieme al difendere la madre di Luna dall'aggressione del marito, che sembra essere stato capace di concedere alla figlia. Fortuna che "Gesù non è fannullone come il babbo e la ha ascoltata". Infatti quando si tratta di proteggere il suo promesso Gigi da Tonio, il fratello di Cate che lo vuole uccidere, manda la sua inviata: la "Cova", una maga che potrebbe essere un semplice spettatore dal momento che condivide con noi quello sguardo onnisciente che la porta a delle semplici previsioni, dettate dal buonsenso di chi ha seguito la parabola filmica, più che a delle vere e proprie predizioni, innestando un po' di giustizia divina in tale caos indomito. Una sacrosanta verità, palese nel film, è la maggiore dignità sociale che hanno le donne a discapito degli uomini.

E' innegabilmente un peccato, ed è giusto e mai retorico sottolinearlo, che un film come questo trovi infinite difficoltà di distribuzione in Italia e non per il solito discorso che si basa sul confronto con ciò che esce in sala, ma, al di là di paragoni, per la fattura ed il valore di questo più che valido lavoro sardo/italiano.

 

Kami Fares

 

 

  • Regia: Salvatore Mereu
  • Paese: Italia
  • Genere: Drammatico
  • Durata: 100'
  • Cast: Sara Podda, Maya Mulas, Luciano Curreli, Rosalba Piras, Maria loi, Davide Todde, Simone Paris, Micaela Ramazzotti
  • Valutazione: 3

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