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Home » Recensioni » Ready Player One
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28 Mar

Stiamo attraversando un periodo storico culturale in cui è impossibile non accorgersi che la pop-cultura, ha preso piede su ogni campo. Passioni coltivate con sofferenza dai nostri bisnonni (perlopiù americani e giapponesi) a partire da gli anni ‘60, oggi espressione di vanto e simbolo di una generazione che ama definirsi “geek”. Una lunga strada su cui hanno viaggiato ogni tipo di media: dalla musica ai fumetti, dai telefilm ai videogiochi, fino alla realtà virtuale. Il cinema e la letteratura, hanno da sempre alimentato questo fuoco, portando nelle case di tutti, personaggi e storie che nella maggior parte dei casi non si possono non conoscere e sono impossibili da dimenticare. Steven Spielberg padre fondatore, della generazione, che sogna dinosauri e idoli d’oro, si è portato avanti e  qualche anno (o forse mese!) prima che in ogni casa, come è stato per i telefoni cellulari, ci sia un visore VR (ora proprietà solo dei pionieri, disposti a spendere qualche centinaio di euro per stare al passo con le lotte di mercato delle grandi case produttrici) sceglie di adattare, con genuino stupore dell’autore stesso, Ernest Cline, il libro Ready Player One (2010) come veicolo per consacrare questa realtà e aprire gli occhi di ogni possibile fruitore. Siamo nel 2045, il giovane Wade (Tye Sheridan) vive come gran parte del resto del mondo, nello scheletro di un grattacielo, lo sfruttamento delle risorse globali ha arricchito pochi e impoverito molti. Uno scenario apocalittico. C’è una via di fuga: Oasis, la realtà virtuale. Il suo creatore e progettista Halliday (Mark Rylance) alla sua morte, ha disposto che il suo degno successore sarà la persona che attraverso indizi e “Easter egg”, riuscirà a trovare tre chiavi magiche all’interno del suo massificato videogioco ottenendo come premio finale la sua fortunata compagnia. Wade, meglio conosciuto con le sembianze del suo alter ego arturiano Parzival, il suo amico Aech, e la bellissima Art3mis (Olivia Cooke) sono solo tre dei miliardi di giocatori che tentano l’ardua impresa, motivati dalla passione e dalla nobile intenzione di migliorare il proprio futuro, al contrario Nolan Sorrento (Ben Medelsohn) il capo della IOI (Innovative Online Industries) cerca di privatizzare Oasis, per il proprio tornaconto monetario. L’intera vicenda, viene narrata attraverso citazioni e riferimenti che coprono uno spettro impressionate di tempo, da scovare e riconoscere, così da coinvolgere lo stesso spettatore nella caccia al tesoro, sorprendetemene accessibile a tutti. Questa caratteristica non è unica: la saga di Matrix (1999) contava “più riferimenti di quanti se ne potessero trovare” secondo le registe, parodie animate dal demenziale South Park (in particolare le puntate di “Imagination Land” del 2007) e i  due lungometraggi 3D dedicati ai mattoncini: The Lego Movie (2014) e Lego Batman-il film (2017) sono solo tre degli esempi in cui, la stessa formula era stata vincente. Spielberg però fa di più: porta il tutto ad un livello di credibilità superiore a suo gusto, dove la realtà non perde il suo spessore e il virtuale non viene condannato. Prende il nostro immaginario e lo riprogramma come un suo classico, contenente tutta la sua sapienza nel fare cinema. Il mondo è pronto a seguire il primo giocatore. 

Recensione di Francesca Tulli

 

  • Regia: Steven Spielberg
  • Paese: Stati Uniti D'America,2018
  • Genere: Fantascienza
  • Durata: 140
  • Cast: Tye Sheridan, Mark Rylance,Olivia Cooke, Ben Mendelsohn, Simon Pegg,
  • Valutazione: 4

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