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Se permetti non parlarmi di bambini

Mercoledì 28 Settembre 2016 18:21
I figli cambiano la vita, e lo fanno in modo brusco e improvviso. Un travolgente uragano che determina rinunce, riduzione di spazi personali e soprattutto meno libertà. L'istinto a creare il proprio nido familiare non è innato come si pensa generalmente, e sono molti a trovarsi in netto contrasto con il mondo dell'infanzia. In numerosi paesi esistono pertanto gruppi a sostegno di tutti coloro che scelgono di non avere bambini e non nutrono una particolare simpatia nei confronti di essi ( kids haters). Una condizione che conosce bene Vicky, donna bella e indipendente, ma con una particolare predisposizione ad odiare i bambini. Quando Vicky ritrova Gabriel, antica fiamma di cui è stata sempre innamorata, la sua vita subirà un drastico cambiamento. Sì, perché Gabriel, divorziato da tempo, vive con l'adorata figlia Sofia di appena 9 anni, e non appena verrà a conoscenza della profonda antipatia di Vicky per i bambini egli arriverà a nascondere l'esistenza di Sofia combinandone di belle. Ariel Winograd dirige il suo quarto film, scegliendo due attori molto conosciuti e apprezzati nel panorama del cinema spagnolo. Maribel Verdù, attrice con un vasto repertorio di candidature Goya e che interpreta molto bene il ruolo della stravagante Vicky, è affiancata dall'affascinante Diego Peretti che ci restituisce il ritratto di un padre svampito e in piena crisi. Sebbene entrambi siano attori di grande qualità e simpatia, la loro presenza non riesce comunque a rinvigorire una storia di per sé piatta. Poiché è proprio una debolezza di copione a risultare il difetto più rilevante del film. Se avete in mente di affidarvi ad una commedia politicamente scorretta e cinica, abbandonate sin da subito questa illusoria aspettativa. Se permetti non parlami di bambini pecca di scarsità contenutistica pur avendo a disposizione un argomento tanto vasto quanto stuzzicante come quello dei Kid Haters. Le battute non coinvolgono come dovrebbero, e la maggior parte delle situazioni ricreate sfiora quasi il surreale. La scelta di truccare pesantemente la piccola Sofia non aggiunge alcun tono divertente al suo personaggio, piuttosto la rende fastidiosa e disturbante. Il film realizzato da Ariel Winograd, manca di sostanza e di acume, dimostrandosi una commedia in cui si ride poco e si riflette ancor meno.
 
Giada Farrace 

Mine

Sabato 08 Ottobre 2016 20:39
Quando il corpo è bloccato da una condizione di assoluta immobilità, l'impulso al movimento, all'azione, viene automaticamente trasmesso alla mente, la quale elabora questo messaggio innescando un processo di contrapposta attività. Pertanto un flusso inarrestabile di pensieri irrompe nel cervello, passando compulsivamente in rassegna alcuni momenti che appartengono al nostro passato, a quello che abbiamo vissuto. È ciò che accade a Mike, un tiratore scelto appartenente ai marines, inviato segretamente nel deserto dell’Afghanistan assieme al compagno Tommy, per uccidere un pericoloso terrorista. Ma qualcosa va storto durante la missione, e i due soldati americani si perdono nel bel mezzo di una tempesta di sabbia. Isolati dal comando, Mike e Tommy si ritrovano a vagare in un luogo sconosciuto, con numerosi terroristi a poca distanza dalla loro posizione. Privi di alcun segnale di orientamento, i due finiscono accidentalmente in un campo minato, e Mike calpesta una mina.  Per due giorni e due notti egli dovrà restare immobile nel deserto, in attesa di aiuto dall’esercito, sostando in campo nemico, senza alcun tipo di rifornimento. Una lotta estrema per la sopravvivenza, che lo porterà a riconsiderare tutta la sua vita, e a far fronte ad una pressione psicologica ingombrante. Questo thriller ad alta tensione è scritto e diretto da due italiani, Fabio Guaglione e Fabio Resinaro e finanziato dallo stesso produttore di Buried. Il film lavora molto sul piano psicologico e incoscio del protagonista, focalizzando in modo particolare su uno stato emotivo soggetto a continue oscillazioni e ad una pressione mentale pesantissima.  Mine è un film che se da un lato racconta l’adrenalinica vicenda di un soldato, imprigionato all’interno di una situazione asfissiante, dall’altro si sviluppa come un viaggio introspettivo nell’incoscio di Mike, alle prese con un passato e un presente problematici. Sebbene possa apparire pesante, in quanto basato unicamente sul concept del survival, il film scorre in modo fluido nella prima e nell’ultima parte, giocando molto sulla suspence, percepita in larga misura dallo spettatore, che entra in uno stato di comunione con il protagonista. Guaglione e Resinaro, riescono a creare una profonda tensione invertendo radicalmente la prospettiva dell’ambiente claustrofobico e stretto, caratteristico in Buried, impiantando così l’azione in un luogo aperto, sconfinato quale il deserto, che restituisce in modo altrettanto soffocante le medesime sensazioni. Un film che immobilizza, tenendo con il fiato sospeso, e che gioca con le aspettative inconsce dello spettatore, portandolo prima in una direzione per poi cambiare improvvisamente percorso. 
 
Giada Farrace

DeepWater - Inferno sull’Oceano

Sabato 08 Ottobre 2016 22:06
Il 20 aprile 2010 la Deepwater Horizon, una piattaforma petrolifera sommergibile della società svizzera Transocean e noleggiata dalla British Petroleum, esplode violentemente a causa della repentina risalita lungo il canale di trivellazione di alcune sacche di metano instabile. Pur dotata di un meccanismo di prevenzione delle esplosioni, la piattaforma non riesce a contenere l’incendio. La Deepwater Horizon contava circa 126 lavoratori a bordo, 11 dei quali morirono sul colpo, i loro corpi non furono mai ritrovati. Molti vennero gravemente feriti, ritrovandosi a fare i conti con una circostanza inaspettata e infernale. Per 87 lunghissimi giorni milioni di persone hanno seguito con trepidazione la vicenda, incollate agli schermi televisivi pregando per la salvezza di quei poveri individui a bordo della piattaforma. Definito come il più grave disastro ambientale della storia, il cataclisma della DeepWater Horizon causò un riversamento pari a 50.000 barili di petrolio nel Golfo del Messico. Ciò che rappresentava per gli uomini e le donne della DeepWater Horizon una casa, un ambiente di lavoro, una sicurezza, si trasformò improvvisamente in una trappola infernale. Il regista Peter Berg decide di raccontare questo tragico episodio, facendo luce sul dramma umano e sul profondo coraggio delle persone coinvolte in una storia tanto scioccante. Da sempre attratto da storie di coraggio e forte spirito, Berg dirige un film in cui si approfondisce il grande impatto a livello umano che ha generato un evento di tali proporzioni su persone che hanno dimostrato sangue freddo e capacità di compiere gesta straordinarie per poter sopravvivere ad un’incontenibile disastro. Lo sceneggiatore del film Matthew Sand è stato ispirato da un articolo del New York Times, in cui si riportavano alcune interviste fatte a 21 dei sopravvissuti alla catastrofe della DeepWater Horizon. Testimonianze vivide e drammatiche, che hanno rappresentato il resoconto più dettagliato dell’accaduto, e che hanno spinto lo stesso Sand a scavare a fondo ed iniziare a redigere materiale per un film intenso e impegnativo. Un lungometraggio che non poteva non essere diretto da Peter Berg, il quale ha dimostrato di avere il giusto carisma per portare avanti un progetto tanto massiccio e complesso, riuscendo ad afferrare il nucleo pulsante della storia. Il produttore Lorenzo Bonaventura e l’attore protagonista del film Mark Wahlberg, persenti entrambi alla conferenza stampa romana del film, ci hanno esposto alcuni aspetti salienti della pellicola. Bonaventura ha espressamente dichiarato numerose volte di aver creduto da subito in questo ambizioso e articolato progetto, capace di offrire l’opportunità di mostrare al pubblico come funzionano queste piattaforme, raccontando il duro lavoro degli operai che vi lavorano con competenza e dedizione. Il candidato due volte al premio Oscar Mark Wahlberg, è uno dei pochi interpreti che più si avvicinava alla figura di Mike Williams, capo tecnico della DeepWater Horizon al momento del disastro, e che ha confermato quella sua rara abilità nell’esplorare la realtà interiore dei personaggi interpretati, qualità già mostrata al grande pubblico in pellicole come The Fighter e The Departed. Durante la conferenza stampa Wahlberg ha sottolineato come sia fondamentale comprendere il personaggio che interpreta, e come sia stato indispesabile nel caso di Mike Williams, confrontarsi con il suo vissuto, trascorrere del tempo in sua compagnia ed averlo accanto durante le riprese del film, in modo da poter fare tesoro dei suoi consigli. Una squadra d’eccezione quella rappresentata dal cast di DeepWater, in cui ricordiamo anche Kurt Russell, John Malkovich, Kate Hudson, Gina Rodriguez, ognuno dei quali riesce ad entrare in profondità restituendoci un ritratto estremamente realistico e avvincente. DeepWater Inferno sull’Oceano è un film che racconta una storia di coraggio ed eroismo, un lavoro onesto e toccante,  nelle sale italiane dal 6 ottobre. 
 
Giada Farrace

Qualcosa di nuovo

Sabato 08 Ottobre 2016 22:27
Nel 2013 Cristina Comencini scrive e dirige l’opera teatrale La scena con Angela Finocchiaro e Maria Amelia Monti. La commedia riscuote un enorme successo risultando lo spettacolo più visto e applaudito del 2014.
L'entusiasmo del pubblico a teatro e la conseguente adesione completa allo spettacolo, ha portato alla possibilità concreta di riadattarlo per il grande schermo. È così che prende forma Qualcosa di nuovo, un film divertente e sfaccettato, capace di far sorridere e riflettere. Cristina Comencini ha arricchito l'adattamento cinematografico con elementi nuovi particolari, che potessero generare dei maggiori punti di contatto con lo spettatore. La storia ruota attorno a due figure femminili, Lucia e Maria, amiche di vecchia data che si conoscono a fondo, inseparabili da sempre. Due donne completamente diverse che nutrono nei confronti del genere maschile dei sentimenti contrapposti. Maria, madre single di due bambini, ha un approccio molto primitivo ed istintivo con gli uomini, abbordandoli di continuo pur di non restare sola. Lucia, cantante Jazz, è una donna molto indipendente e selettiva, avendo alle spalle una separazione dolorosa, che le ha forgiato una corazza nei confronti del sesso maschile. Due universi femminili così lontani e incompatibili registreranno per la prima volta un punto di contatto quando farà capolino la figura di un uomo, differente da tutti gli altri, capace di rivoluzionare radicalmente il loro quotidiano. Cristina Comencini ci restituisce con grande cura, un quadro dettagliato di due diverse realtà femminili, il quale coincide con uno sguardo verso il futuro, una prospettiva di speranza atta a rammentare la forza della casualità nella vita di ogni individuo. Nella stesura dello script accanto a Cristina Comencini, Giulia Calenda e la camaleontica Paola Cortellesi, che ha arricchito la sceneggiatura di ironia ed effervescenza. Sullo schermo a fianco di Paola Cortellesi c'é Micaela Ramazzotti e Eduardo Valdarnini. Il duo Cortellesi Ramazzotti riesce a giocare bene sui toni della commedia, regalandoci scene divertenti e restituendo allo stesso tempo una grande profondità ai loro personaggi. Una perfetta alchimia anche con il giovane Valdarnini, ironico e capace. Qualcosa di Nuovo è una commedia insolita e diversa per il nostro cinema, analisi della relazione in continuo mutamento tra uomini e donne di generazioni diverse. Un film fresco e piacevole, capace di mescolare momenti esilaranti a sequenze più profonde senza mai precipitare nel banale. Una commedia attuale e divertente nelle sale a partire dal 13 ottobre. 
 
Giada Farrace 
 

Domani

Sabato 08 Ottobre 2016 22:33
Se un'enorme catastrofe ambientale si abbattesse tra molti anni sul nostro pianeta provocando la scomparsa del genere umano come potremmo rintracciarne le cause e fare in modo che non accada?
Cyril Dion e Melanie Laurent, dopo aver letto una ricerca sulle conseguenze catastrofiche che potrebbe registrare il nostro pianeta nel 2100, decidono di intraprendere assieme a una troupe di quattro persone un viaggio che li porterà a visitare dieci paesi differenti, filmando numerose esperienze di vita. Un itinerario alla ricerca di risposte e nuovi modelli per sfruttare in modo sostenibile agricoltura, risorse energetiche, urbanistica e scuole, fornendo suggerimenti utili al miglioramento dell'ambiente e del nostro stile di vita. Il film diretto da Dion e Laurent, è un'opera dall'impronta documentaristica sviluppata in modo sapiente e dettagliato, capace di interagire con lo spettatore, divenendo continuo terreno di riflessioni e approfondimenti. Con grande consapevolezza, si analizzano i danni che il nostro pianeta ha subito nel corso di molti anni e che continua a subire ininterrottamente. I due registi francesi, dirigono un documentario in cui viene tracciato il contorno di quello che potrebbe essere il nostro futuro, coinvolgendo nel corso del film anche personalità di spicco quali Jeremy Rifkin, noto economista sostenitore della sharing economy, e Vandana Shiva, attivista indiana a favore della biodiversità agricola e contro l’azione deleterea delle multinazionali. 
Domani presenta una struttura semplice e allo stesso modo solida, imperniata su un dialogo fuoricampo tra Cyril Dion e Melanie Laurent, che passo dopo passo arriva a toccare tutti I temi presentati ed approfonditi nel corso del film. Cinque capitoli dedicati ad argomenti seri e delicati, che vanno dall’economia all’energia, passando per l’educazione e la democrazia. Ma ciò che rende questa pellicola riuscita e davvero interessante è l’armonia nella  giusta dose di profondità e leggerezza, pur trattando concetti di gran peso. Dion e Laurent dirigono un film acuto e piacevole, accompagnato da un’incantevole colonna sonora curata da Frederica Stahl, capace di valorizzare l’aspetto emozionale e introspettivo dell’opera. Sostenuto da Legambiente, Greenpeace e Slow Food Italia, Domani ha conquistato il prestigioso Premio Cèsar nella categoria Miglior Documentario, confermandosi un grande successo in Francia e Belgio. Nelle sale italiane dal 6 ottobre, Domani rimarca un valore fondamentale appartenente alla settima arte, ossia quello di informare e sensibilizzare su concetti estremamente importanti. 
 
Giada Farrace

Fai bei sogni

Martedì 15 Novembre 2016 16:21
Il giornalista e scrittore Massimo Gramellini, pubblica nel 2012 il romanzo Fai bei sogni, edito Longanesi. Un libro autobiografico, il primo in cui Gramellini si mette a nudo, raccontandoci qualcosa di molto intimo e doloroso che appartiene al suo passato: la morte di sua madre. Egli affronta nel libro questo lutto, avvenuto quando aveva solo 9 anni,  dispiegando così il velo su un evento che ha indelebilmente perturbato la sua vita. La perdita precoce di una madre dolce e rassicurante, è stata per anni edulcorata da una falsa verità, gravando a lungo come un masso sulle sue spalle. Un dolore sordo e silenzioso che accompagna quel bimbo triste e improvvisamente spaesato fino all'età adulta. Momento in cui Massimo farà luce su un'amara realtà, qualcosa che il suo istinto da tempo intuiva. Bellocchio dirige l'adattamento di un libro perfetto, ben scritto, scorrevole e diretto, mai banale ed estraneo alle retoriche. Un compito complesso quello di trasporre su grande schermo una storia sincera e delicata come quella narrata da Gramellini. Parlare  allo spettatore senza ricorrere a svenevolezze, senza urlare lo strazio profondo e viscerale di chi ha perso la propria madre. Il regista di Bella Addormentata e Vincere, riesce come pochi del mestiere, a dare forma a film ricchi di sfumature emotive, gioielli di purezza ed eleganza, escludendo orpelli e sentimentalismi ostentati.  Restando fedele al libro, Bellocchio tocca tanti temi cari al suo cinema, quali la famiglia, il dolore della perdita, e il senso della rinascita. Il personaggio di Massimo, interpretato da un intenso Valerio Mastandrea, è lacerato dalla sofferenza che non ha mai smesso di segnarlo, e di forgiargli un potente scudo di indifferenza affettiva nei confronti del mondo esterno. Un confine invalicabile che lo rende freddo e distante da tutto e tutti. La tragedia dell'oscurità nel film trova perfetta espressione in una fotografia molto cupa, capace di rispecchiare il grigiore spirituale che permea l'animo del protagonista. Uno stato emotivo soffocante, che per Massimo avrà termine solo grazie alla potenza della verità, e all'amore sincero di una donna. Fai bei sogni è un’opera toccante, tanto drammatica quanto amara, che ci fa riscoprire la bellezza del cinema, quello migliore. 
 
Giada Farrace 

Quel bravo ragazzo

Mercoledì 16 Novembre 2016 15:24
Quando in letto di morte lo spietato boss Don Ferdinando Cosimato scopre di avere un figlio di 35 anni ordina ai suoi tirapiedi di trovarlo al più presto. Il ragazzotto si chiama Leone, da sempre vissuto nell'orfanotrofio della parrocchia situata in un paesino sperduto, è la quintessenza dell'ingenuità e della goffaggine. Poco prima di esalare l'ultimo respiro Don Ferdinando decide che d'ora in poi sarà suo figlio a prendere le redini della rispettata famiglia Cosimato. Totalmente estraneo alle turpi dinamiche mafiose, e al mondo violento delle cosche, Leone ne combinerà delle belle seminando disordini nel grigio e rigoroso quotidiano dei malavitosi siciliani. Quel bravo ragazzo segna il debutto al cinema di Herbert Ballerina come protagonista di una storia frizzante e piena di entusiasmo. Il film diretto e sceneggiato dal giovane Enrico Lando,  è un esperimento di comicità nuova imperniata sulla demenzialità, tratto saliente di tutti i personaggi finora interpretati da Herbert Ballerina. Un ritmo fresco che diverte lo spettatore prendendosi gioco di un argomento tanto delicato quanto spinoso come quello della mafia. Ma ciò che contraddistingue questo lavoro da altri esperimenti cinematografici di recente uscita, è quell'aspetto di non sense che permea gran parte della storia, e che si evidenzia come dominante nei dialoghi. Luigi Luciano in arte herbert Ballerina, è esilarante senza eccedere, naturalmente dotato di una mimica facciale capace di far sorridere anche  senza alcun ausilio vocale. Quel bravo ragazzo è un film divertente, godibile e mai volgare, adatto ad un pubblico che predilige il non sense e una comicità innocuamente demenziale che riesce tuttavia a muoversi con disinvoltura in un ambiente tutt'altro che innocuo, quale quello mafioso. Prodotto da Medusa Film, il film sbarcherà nelle sale italiane a partire da giovedì 17 novembre.
 
Giada Farrace

E' solo la fine del mondo

Domenica 04 Dicembre 2016 14:25
Il confine tra cinema e reale è di norma sottilissimo quando lo spettatore si trova innanzi ad una pellicola neorealistica, o ispirata a fatti realmente accaduti. Tuttavia vi è quasi sempre qualcosa capace di destarci da quel magnifico sogno affabulatorio, riportandoci al mondo reale. Si tratta di un momento particolarmente lento o poco coinvolgente che sovente ci distrae dal flusso di immagini a cui siamo sottoposti, allontanandoci anche solo per pochi istanti dal film. Il regista capace di raccontare una vicenda senza distogliere la concentrazione dello spettatore, e rendendolo partecipe attivo degli eventi, è un maestro nell'arte della narrazione su più livelli. È solo la fine del mondo è un film difficile e  spesso impegnativo, ma è a tutti gli effetti un esempio concreto di narrazione perfetta, la miglior prova registica di un vero talento. Xavier Dolan, a soli 27 anni e con già 6 pellicole di qualità alle spalle (tra cui Mommy vincitore a Cannes del Premio della Giuria nel 2014), dirige l'adattamento cinematografico di un noto dramma teatrale francese di Jean-Luc Lagarce.
Un progetto ambizioso e complesso, che mette a dura prova le capacità indiscusse del regista canadese. La sfida viene superata con successo e Dolan realizza un film indimenticabile, sfaccettato, passionale e brusco. Il linguaggio dell'opera teatrale è colorato e alle volte troppo particolare, difficile da riportare in un’opera cinematografica. Ma Dolan ne fa tesoro, e senza stravorgelo, inizia a redigere nel 2010 quella che diventerà la sceneggiatura di È solo la fine del mondo. La storia di Louis, giovane scrittore di successo, che dopo dodici anni decide di tornare a trovare la sua famiglia per comunicare loro una notizia molto importante. Ad attenderlo la vivace curiosità dei suoi cari, l’aggressiva voglia di sapere il motivo della sua visita, e quel misto di ammirazione e rancore segretamente insito in ognuno di loro. Inquadrature strette, dettagli su occhi velati da lacrime che come scrigni si fanno strada in una storia pregna di emozione, contrasto e sospiri, divenendo veicolo di comunicazione tra i protagonisti. Gaspard Ulliel in una delle sue interpretazioni più profonde e sincere, regala allo spettatore l’illusoria sensazione che il Louis da lui interpertrato esista davvero. E’ con i suoi occhi, protagonisti indiscussi di molte sequenze, che ci guardiamo attorno, seguendo le oscillanti traiettorie emotive tracciate dai suoi fratelli e dalla madre. Un Vincent Cassel incandescente convince appieno, offrendo un magistrale ritratto di irrazionalità e tormento. Parole, gesti, abbracci, e urla scorrono violentemente inondandoci di quella particolare suggestione, che solo i film palpitanti di vita riescono a trasmettere. Xavier Dolan dirige il suo sesto film in modo esemplare, concedendo il privilegio allo spettatore di vivere la vicenda intensamente, prendendone parte come se fosse realtà. E’ solo la fine del mondo è un’opera che vi inebrierà fino a consumarvi lentamente, colpendo nel profondo. A fare da contorno, una colonna sonora impeccablile in virtù della sua policromia, nettamente pop, tanto evocativa quanto ipnotica. Quello che uscirà nelle sale italiane il prossimo 7 dicembre è un film impetuoso e ammaliante, che ha il grande pregio di fuggire ogni sorta di patetismo, commuovendo per la sua estrema umanità. 
 
Giada Farrace

Assassin's Creed

Giovedì 05 Gennaio 2017 15:07
Ubisoft Montreal sviluppa nel 2007 Assassin’s Creed, videogioco capace di regalare un’esperienza visiva e interattiva diversa dalla consuetudine offerta dal mondo del game.  Basato sul concetto di open world (condizione grazie alla quale il giocatore è libero di muoversi in ogni angolo del mondo virtuale), il videogioco riscuote in pochi anni un enorme successo conquistando una vasta fetta di appassionati dell’action and adventure game.  La trama del gioco si dipana in differenti epoche che vanno dal 1190 al periodo dell’Inquisizione spagnola, e vede come protagoniste due fazioni in netto contrasto tra loro: l’ Ordine Templare da un lato, schierato per il controllo della vita degli uomini, e la Confraternita degli Assassini dall’altro, fazione mossa dalla volontà di eliminare ogni forma di tirannia nel nome della giustizia.  Il regista Justin Kurzel decide di intraprendere un cammino tortuoso e assai imprudente come quello dei cinegame. Affiancato da Micheal Fassbender (già protagonista nella pellicola Macbeth diretta dallo stesso Kurzel nel 2016), il regista ricrea un personaggio del tutto nuovo, senza riprendere fedelmente una delle avventure della serie.  Il risultato è un film denso di azione e avventura, contraddistinto da immagini fortemente evocative, mosse dalla precisa volontà di ricreare una realtà credibile e allo stesso modo spettacolare. Protagonista della vicenda è Callum Lynch, un criminale che scampa miracolosamente alla morte grazie alla Multinazionale Templare, interessata al peculiare patrimonio genetico dell’individuo. Lynch viene affidato alla dottoressa Sophia Rikkin (Marion Cotillard), figlia del fondatore dell’Abstergo (una delle più grandi e influenti multinazionali farmaceutiche), Alan Rikkin ( Jeremy Irons). Grazie ad una particolare tecnologia elaborata al fine di sbloccare i ricordi genetici, Lynch scopre di discendere da una società segreta, Gli Assassini, attiva nella Spagna del XV secolo. Attraverso il suo antenato Aguilar De Nerha, Lynch si ritroverà nell’Andalusia del 1492, alla ricerca della mela dell’Eden, chiave contenente il codice genetico del libero arbitrio umano. Il film girato in location naturali,  punta sulla ricostruzione di un mondo contornato da mistero e realismo, utilizzando in modo piuttosto pesato la CGI.  Lo sforzo di  Kurzel nel dare una personale interpretazione ad una storia complessa e sfaccettata come quella trattata nella serie videoludica, è ammirevole anche se evidenzia molteplici fragilità. Prima su tutte, è l’assenza di quel massiccio mantello di intrigo e tensione caratteristici del protagonista. Il film è nettamente indirizzato sull’azione, sul movimento, sulle acrobazie, aspetti che finiscono col gravare sulla storia, della quale si comprende ben poco. Molti sono gli interrogativi che non trovano risposta, divenendo lacune incomprensibili per tutti coloro che non hanno familiarità con il videogame. Fassbender è perfetto nel vestire i panni di Aguilar De Nerha, ma non debitamente valorizzato da un contorno poco dettagliato, e troppo legato ad un’azione quasi morbosa, eclissando in alcuni punti la narrazione. Kurzel dopo Macbeth, si trova a dirigere il suo terzo film, un progetto ambizioso e complesso, purtroppo non realizzato al massimo del suo potenziale. 
 
Giada Farrace

Il Padre d'Italia

Giovedì 09 Marzo 2017 18:22

Quando due vite completamente diverse convergono, esse finiscono per compenetrarsi pur essendo originariamente piuttosto lontane tra loro. L'introverso e solitario Paolo conduce un'esistenza tranquilla ai limiti della monotonia nella città di Torino. Una sera incontra casualmente in un locale Mia, una ragazza vulcanica,con alle spalle molti problemi e poca ordinarietà. Mia è incinta, e Paolo le presta soccorso per poi decidere di intraprendere assieme a lei uno strano viaggio alla ricerca del padre del bambino, viaggio che poi si concluderà in Calabria, paese originario della ragazza. Un'avventura che porterà i due protagonisti ad esplorare nel loro intimo ciò che realmente vogliono, e ad analizzarsi nel profondo del loro essere. Fabio Mollo, dopo la regia di Il sud è niente ( 2013), lungometraggio d’esordio selezionato nei più prestigiosi festival internazionali e vincitore del premio Taodue “Camera d’Oro, si cimenta questa volta in un progetto dal respiro fresco e intimista, una storia densa di interrogativi e riflessioni  sul senso della scelta, che abbraccia tematiche delicate e differenti che vanno dalla definizione di una propria identità sessuale alla crisi dell'epoca contemporanea, segnate dal difficile passaggio alla maturità individuale. Affiancato da due attori di tutto spicco, quali Isabella Ragonese e Luca Marinelli, il regista realizza un film dinamico, sorretto da una fotografia e una colonna sonora ricercate e molto trascinanti, piuttosto vicino sotto questi aspetti ai lavori del giovane Dolan. Lo stesso Mollo dichiara di essersi ispirato in buona parte a “Lawrence Anyways” di Xavier Dolan, film che lo ha affascinato e ammaliato. Il padre d’Italia si situa tra la commedia e il dramma, abbracciando  maggiormente i toni del dramma solo nella seconda parte, quando si esplora l’universo del futuro, le conseguenze di esso sulla vita quotidiana, nonchè il senso di diventare genitori. Di forte impatto visivo, il film di Mollo gode di un eccellente impianto scenico ed estetico contornato da vibrazioni elettro-pop, che lo vestono di un vivace appeal formale. La coppia Ragonese- Marinelli, riempie lo schermo incantando per l’assoluta disinvoltura, due talenti di rara eccellenza interpretativa  che si trovano tuttavia a fare i conti con una missione molto delicata e ingombrante, quella di colmare le molte lacune presenti nel film.  I dialoghi spesso approssimativi scorrono senza lasciare alcun segno e senza provocare reazioni di natura emozionale. La sceneggiatura è fresca e intende guardare al migliore cinema contemporaneo, ma pecca di ingenuità a livello di script, riproponendo delle immagini e situazioni piuttosto familiari, già ampiamente trattate. Agli attori è affidata l’impresa di rendere intenso e composito un lavoro di per sè tiepido e impersonale e che, nonostante gli sforzi, rimane un quadro privo di pigmenti.

Giada Farrace

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