Fuoritraccia

Newsletter

Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Home » Full Screen » Visualizza articoli per tag: virna castiglioni
A+ R A-
Visualizza articoli per tag: virna castiglioni

Biancaneve

Sabato 22 Marzo 2025 20:20

"Biancaneve" in questo nuovo remake della fiaba classica è la sola vera protagonista e nessuno degli altri personaggi ha davvero la forza e la spinta giusta per emergere. Rachel Zegler nei panni della principessa orfana è di una solarità e dirompenza che appanna tutto il resto. Il film, per certi aspetti, non si discosta dal classico che vide la luce nel 1937. Quando si attiene all'originale funziona decisamente meglio. Gli stessi abiti che sono indossati ricordano in modo preciso quelli storici che sono entrati nell'immaginario collettivo. Non ci sono deviazioni, cambi di rotta, tutto sembra riportare indietro nel tempo. Quando il film, invece, prende le distanze dalla trama tradizionale, e purtroppo lo fa spesso, lo fa sempre in modo maldestro. Del film funziona molto meglio la parte recitata che non quella animata. I sette nani non sono decisamente all'altezza di tutto il resto. Ma già dal titolo scelto siamo edotti a pensare che in questo remake non siano stati considerati così importanti ma trattati alla stregua di una mera appendice che si mantiene solo per non snaturare del tutto la storia. Appaiono però un intermezzo che sembra preso da un altro film e montato poi in fretta con la parte rimanente. La partitura musicale è invece sorprendente, i testi sono ricchi di significato e accompagnano la crescita di questa bambina che però non si chiama più in questo modo perché ha la pelle candida (e infatti l'attrice, pur essendo straordinaria, non la possiede) ma perché è nata in una notte di bufera e ha saputo sconfiggere il generale inverno. C'era proprio bisogno di dare una spiegazione o si poteva soprassedere in altro modo? Purtroppo non è la sola forzatura alla quale si assiste. Un eccesso di politicamente corretto che ha davvero un po' stancato. Il cuore del capriolo che avrebbe dovuto ingannare la perfida regina è diventata una mela rossa (sarebbe stato meglio non mostrare affatto il contenuto e non suscitare una gratuita ilarità), il principe azzurro che dovrebbe salvare la principessa è diventato un amico speciale (ma non è la differenza più grave) perché è pure un bandito e un suddito, il bacio salvifico non è più un bacio vero e appassionato, è un appoggiare le labbra per svegliarla soltanto.  Sarà lei a fare tutto, a conquistare di nuovo il suo regno perché questa Biancaneve del 2025 è impavida, fiera, onesta e vera ma soprattutto basta a sé stessa e sa affrontare da sola la temuta Regina che si disintegra al suo cospetto. La presenza scenica di Biancaneve è nettamente superiore e relega sullo sfondo tutto quello che ha intorno. Più che una principessa buona e remissiva è diventata una virago pronta ad ad affrontare ogni avversità. Mette in riga anche i nani e, non crolla più addormentata perché ha rassettato la casina nel bosco ma, come un generale di ferro li fa diventare un'impresa di pulizie sotto la sua supervisione. Le coreografie sono un po' pacchiane ma nel complesso sontuose e sapranno conquistare le piccole donne alle quali il film è principalmente destinato. Potrebbe sembrare una debacle ma, in realtà, questa fiaba ha in sé un potere intrinseco talmente forte e sprigiona così tanta magia e un sempiterno fascino che nessuna operazione bislacca di renderla più attuale e in linea con i tempi di una società che si preoccupa più del linguaggio che di cambiare in meglio la sostanza delle cose, potrà mai scalfire.

Virna Castiglioni

Il bambino di cristallo

Sabato 22 Marzo 2025 21:25

La malattia di un figlio è una sventura che rischia di disintegrare la coppia oppure può essere la prova del nove che verifica la solidità del legame.  Il primogenito Austin, figlio della coppia protagonista Scott e Theresa, è stato un "incidente", una sorpresa che ha scombussolato i piani di entrambi e li ha fatti crescere in fretta. Una malattia genetica rara trasmessa dalla madre rende le ossa di questo bambino, di cristallo, e lo spezza in più punti per ben 14 volte fino ai 13 anni. Questa è l'età di quando ha inizio il racconto e, attraverso un lungo flash-back, conosciamo la storia d'amore dei genitori, un paio di pantaloni di colore verde che ha fatto da involontario Cupido e tutte le traversie legate all'osteogenesi imperfetta di cui soffre sia la madre (anche se in forma meno grave) che il primogenito protagonista della storia. Siccome le disgrazie non vengono mai sole questo bambino è anche autistico. Dopo pochi anni la coppia diventerà nuovamente genitore. Questa volta il secondogenito Logan è perfettamente sano. In questo racconto si assiste ad un eccessivo uso di tutela, massima è la cautela riservata ad una storia che trae spunto dalla vita reale ed è già stata raccontata in un libro. 

La regia tende ad edulcorare il tutto rendendo ogni cosa ammantata di troppa tenerezza. Anche quando la coppia litiga e si separa sembra che lo scontro e la conseguente separazione avvenga fin troppo educatamente senza troppi strascichi o recriminazioni. In un modo troppo civile che sembra artefatto. Il lieto fine comunque è sempre dietro l'angolo. Non c'è mai nessuno effetto sorpresa. I dialoghi sono così stucchevoli che sembrano essere ripresi da milioni di altri film romantici. Non c'è mai un cambio di registro. Tutto si mantiene molto ben calibrato in un'ottica di film esclusivamente per famiglie. Se l'intento era cercare la comprensione questa è solo superficiale perché si tende a pensare che nella realtà non possa essere stato tutto così accettato, accettabile come se la disgrazia fin da subito sia stata accolta come meravigliosa opportunità di miglioramento personale e familiare. Qualora invece la direzione cercata fosse la commozione il risultato è, se possibile, ancora più lontano. Non vi è trasporto intenso e si assiste ad una esegesi dei fatti che lascia un pò perplessi non suscitando nemmeno particolare vicinanza emotiva. 

 

Virna Castiglioni

The Last Showgirl

Sabato 22 Marzo 2025 21:31
Shelley è una ballerina che da ormai trent'anni si esibisce a Las Vegas in uno spettacolo che fa dei lustrini e delle piume il suo cavallo di battaglia. Balla una coreografia semplice che gioca le sue carte migliori puntando tutto su costumi succinti che mettono in mostra più le doti fisiche che quelle artistiche. Non è il suo sogno di bambina, ma è la carriera per la quale ha deciso scientemente di sacrificare anche l'amore dell'unica figlia. Ora che non è più giovane e vede finire tutto quello che ha costruito rendendo vani tutti i suoi sacrifici non è disposta a rinunciarci. Lotta con tutte le sue forze per riuscire a trovare di nuovo un posto su un palco perché bisogna fare il lavoro che si desidera per riuscire a sopravvivere in un mondo che non fa sconti e si fa ogni giorno più difficile. Il film è un faro acceso puntato sul viso di Pamela Anderson (nel suo primo ruolo drammatico che ci fa dimenticare la bomba sexy che ha rappresentato sullo schermo per troppo tempo).  Si concede senza remore alla regista Gia Coppola che la dirige in un racconto duro, vero, spietato. Si mostra al naturale, con le sue rughe, i seni cadenti sempre strizzati in un corpetto che poco lascia all'immaginazione. In scena indossa grandi ali che si incastrano nelle porte, si lacerano e fanno perdere preziosi soldi, quelli trattenuti dal compenso per apportare le riparazioni. Shelley è arrivata all'ultima spiaggia, è sul viale del tramonto, sa di essere alla fine ma fino all' ultimo si aggrappa all' illusione di poter conservare un po' di quella luce che le ha permesso di sentirsi amata, ammirata, desiderata, forse anche capita. Ha un' amica che come lei non è più giovane ma si è già rassegnata a svolgere un lavoro che non ha nulla di artistico. Serve cocktails in un club ed è costantemente umiliata vedendosi passare davanti giovani ragazze più fresche e disinibite. La scena del suo balletto solitario, al centro del locale, su un cubo, sotto gli sguardi indifferenti degli avventori sulle note della struggente ballade di Bonnie Tyler "Turn around (Total eclipse of the heart) è l' emblema di un film che prende per mano lo spettatore e lo costringe a guardare tutto lo squallore di chi svolge un lavoro che disprezza perché per quello che si vorrebbe fare veramente non c'è più tempo e non c'è più spazio. 
Un film duro, livido, sporco, che non concede mai nemmeno un piccolo sprazzo di speranza. Rimane appiattito e monocorde insistendo nel mostrare un' unica sola faccia della medaglia, rimestando sempre nel torbido.
Las Vegas, la città che non dorme mai, accoglie solo lavoratori giovani e belli per garantire il divertimento più sfrenato a chi può spendere per la sua notte brava. Tutto il resto è relegato a una patetica macchietta. 
Il rapporto con la figlia che, ormai adulta la giudica e la condanna, non è approfondito ed un'occasione mancata che avrebbe donato maggiore profondità e spessore alla storia. Rimane un'incontro fugace frutto di un desiderio di riconciliarsi con il passato per perdonarsi di un male volontario ma necessario che è stato inflitto ma si è anche scelto per se stessi come conseguenza minore pensando di poter regalare un futuro migliore a chi si ama. Molto interessante la contrapposizione tra il luogo chiuso del locale, le luci forti del palco che segnano la distanza con la penombra che gravita intorno e che metaforicamente inghiotte tutto quanto. La pace e il sogno sono invece rappresentati da albe e tramonti che sanno ammantare anche le periferie più squallide di poesia a rimarcare quanto non esista nulla di veramente brutto quando si insegue un sogno.
 
Si cerca di fare quello che si ama anche se lo si è costretti a fare in un contesto difficile. Si va in scena per l'ultima volta con il sorriso, da professioniste collaudate, perché "The show must go on". 
 
Virna Castiglioni

5 settembre - La diretta che cambiò la storia

Giovedì 13 Febbraio 2025 21:37

La storia in diretta seguita da 900 milioni di persone mentre sta accadendo. Il primo grande evento mediatico trasmesso in mondovisione coincidente con un fatto drammatico. Le Olimpiadi estive del 1972 sono state investite da un enorme importanza ancora prima che avessero luogo. Erano il simbolo della rinascita dopo le due guerre mondiali, il teatro dove il mondo tornava ad unirsi per un evento di pace. Quel suolo tedesco dal quale era partita anni prima una sentenza ingiusta di odio e morte verso il popolo ebraico. Invece tutte queste aspettative furono disilluse.  Un gruppo di terroristi palestinesi facenti capo all'organizzazione "Settembre nero" che rivendicava la liberazione della Palestina fecero irruzione nel villaggio olimpico e tennero in ostaggio undici atleti israeliani. Nei primi concitati momenti uccisero un allenatore e un atleta. Da questo momento in poi fu una corsa contro il tempo ma anche l'occasione per la rete televisiva americana Abc di lasciare un segno indelebile, di diventare la cassa di risonanza e il riflettore capace di mostrare just in time quello che avveniva. TV verità e momento di massima tensione politica che si uniscono in quel "5 settembre" che dà il titolo alla pellicola. La Germania ancora una volta messa sotto giudizio per i suoi comportamenti di gestione dell' emergenza. Si scopre che all' interno del villaggio olimpico non erano presenti guardie armate. Forse per fare dimenticare al mondo intero cosa era avvenuto di aberrante, quando uno spazio era stato delimitato e presieduto da milizie. I giochi olimpici intanto proseguono. Anche in redazione qualcuno scioglie la tensione accumulata assistendo dal monitor a qualche competizione. Ad un certo punto tutto precipita. I terroristi chiedono e ottengono un trasferimento in elicottero al più vicino aeroporto con l'intenzione di dirigersi al Cairo. Nello scalo di Furstenfeldbruck succede l'irreparabile e il bilancio finale sarà di un' intera compagine agonistica sterminata oltre ad un poliziotto tedesco. Anche il commando palestinese, composto da otto fedayyin, subirà cinque perdite. La regia, asciutta e rigorosa crea suspense e tensione drammatica per tutta la durata del film. Per fare questo stringe sempre più il campo, utilizza primi e primissimi piani degli attori coinvolti. Il contesto è tutto in quella redazione giornalistica che punta i propri obiettivi, dissemina le proprie telecamere e sguinzaglia i suoi redattori per essere sul pezzo prima degli altri. Non dovrebbe essere una gara in quanto la posta in gioco è altissima ma il diritto all' informazione, l' ambizione ad essere i primi a documentare creano un cortocircuito di coscienza che tiene in scacco tutti i soggetti coinvolti. Quando la drammaticità della notizia irrompe laconica scritta su un telegramma il filo teso si spezza. Si vorrebbe tanto tirare un sospiro di sollievo che non può avvenire. Le scritte in sovraimpressione che ricordano i fatti avvenuti realmente sono stringate e durissime e lasciano lo spettatore con un nodo in gola. Ancora una volta sul suolo tedesco ebrei innocenti morti.

La commistione fra cronaca di un evento telegiornalistico si intreccia e rimane invischiato con un fatto di politica internazionale. Il gruppo terroristico Settembre Nero che irrompe con forza e brutale violenza e utilizza un evento mondiale per rivendicare una lotta e sopraffare innocenti da immolare ad una causa più grande. Gli ostaggi in cambio del rilascio di 200 prigionieri detenuti nelle carceri israeliane. Pena la loro uccisione.

Ottimo cast di attori diretti da un' efficace regia che sa trasferire allo spettatore sentimenti di angoscia, adrenalina per l' occasione di essere ad un centimetro dalla storia, voglia di conoscere ogni singolo dettaglio. Tutto questo senza dare mai l'impressione di forzare o caricare in modo artefatto la situazione. Tutto il racconto risulta molto credibile. Potrebbe essere andato davvero in questo modo il back stage della telecronaca di un sequestro che ha portato all' uccisione di tutti i membri della squadra olimpica di un Paese, gettando un' ombra nera su una manifestazione di celebrazione sportiva pacifica.

 

Virna Castiglioni

 

Bridget Jones - Un amore di ragazzo

Giovedì 27 Febbraio 2025 21:43

Ne è passata di acqua sotto i ponti dal primo fortunatissimo esordio al quale hanno fatto seguito vari capitoli successivi. Quest' ultimo si conferma commedia deliziosa per passare due ore di buon umore. 

Bridget, adorabile Bridget, è vedova da 4 anni dopo che il marito e padre dei suoi due figli, Mr Darcy, ha perso la vita su una mina antiuomo in Sudan durante una campagna umanitaria alla quale ha preso parte. È ora di tornare a vivere però. Casualmente al parco, in compagnia dei due figli,  incontra un'aitante ragazzo più giovane di lei e, dopo le inevitabili resistenze dovute all'età, si lascia andare per vivere ancora quei palpiti d'amore e tornare a sentire le farfalle nello stomaco. Non ci sono più pigiami da indossare sempre e ovunque ma ora anche vestiti più carini che le consentono di sentirsi ancora giovane e desiderabile. Questa simpatica "eroina del quotidiano", un po' goffa ma tanto simile alla maggior parte delle donne lavoratrici mamme del pianeta terra, ci ha abituato a peripezie amorose che anche questa volta non potevano concludersi con un happy end così scontato e frettoloso. Prima della fine dovrà perdere il suo nuovo principe azzurro, confrontarsi con la nuova avvenente baby sitter giovanissima stylosa ma sorprendentemente efficiente, riuscire a conciliare la ritrovata attività lavorativa con la famiglia e i figli, essere la spalla per i suoi anziani genitori ma anche la complice insostituibile del suo storico amante. Sempre circondata dal nugolo ristretto di amici che le fanno quadrato intorno ma la spronano a ricominciare a vivere davvero. 

Un gran bel da fare per questa adorabile pasticciona. Il film dosa, con grande precisione, parti comiche con momenti più intimi e raccolti. Si ride tanto ma sempre per buoni motivi senza per questo dimenticare, quando serve, una riflessione più profonda. 

Se proprio si deve trovare un difetto può essere la ricerca insistente di un lieto fine. Il film avrebbe avuto senso anche senza per forza trovare un nuovo amore alla single più famosa della cinematografia mondiale.

D'altro canto, questo nuovo esilarante capitolo della vita imperfetta di una perfetta donna dei nostri tempi, si tinge tanto di rosa ed è congeniale per l'imminente periodo di San Valentino. 

 

Virna Castiglioni

Pellizza - Pittore da Volpedo

Martedì 04 Febbraio 2025 21:51

Giuseppe Pellizza da Volpedo, comune agricolo nei pressi di Alessandria, fu un'artista sensibile, ispirato, autentico, umile.

Pur nell' immensità della sua bravura innata, perfezionata da studi intrapresi già da giovanissimo, presso le migliori e più quotate accademie nazionali. Milano, Roma, Firenze e infine Bergamo lo videro studente modello e appassionato.

Gli studi e l'esperienza accumulata lo fecero tornare nella sua cittadina a lavorare alacremente nel suo studio per tutta la sua breve vita. Decise, a soli 39 anni, e dopo aver subito la perdita dell'amata moglie, di un figlio e del padre di togliersi la vita.

Giuseppe Pellizza è ricordato dai posteri per il suo meraviglioso dipinto "Il Quarto Stato" che inaugurò il Museo del Novecento di Milano grazie ad un prestito da un altro museo meneghino: La Galleria d'arte moderna.

Dobbiamo l' acquisto di questa opera alla felice intuizione del primo sindaco socialista della storia amministrativa del Comune di Milano. Emilio Caldara  ne appoggiò l'acquisto con il supporto del Corriere della Sera.

Sebbene, dopo l'avvento del Fascismo fu relegato negli scantinati museali, quando rivenne esposto la sua fama e importanza crebbero enormemente. Fu opera che seppe fornire spunti e ispirazioni contaminando l'arte cinematografica.

L'autore di questa tela manifesto sposta gli ultimi, i dimenticati per metterli in primo piano a farne bandiera orgogliosa di chi non si piega ma, con forza e determinazione, si batte per affermare i diritti di tutti.

Opera destinata, nelle intenzioni deluse dell' autore, all' Esposizione Universale di Torino del 1902 non venne acquistata dalla famiglia reale, per la tematica sociale ivi rappresentata.

Pellizza fu soprattutto un pittore fine paessagista, immerso nella natura e capace di riprodurla efficacemente, passando con disinvoltura dalla tecnica verista a quella divisionista. Abile nello scegliere i colori primari, amalgamarmi a quelli complementari per imprimere il massimo della luce sulla tela.

Il documentario di Francesco Fei è un racconto suggestivo che intreccia vita privata e vita artistica di un uomo che seppe fare del suo sogno un mestiere. Appoggiato dai suoi genitori che non ostacolarono mai la sua indole, sebbene fosse l' unico erede maschio della famiglia.

Con la partecipazione di Fabrizio Bentivoglio, ispirata voce narrante, lo spettatore è portato alla conoscenza di un'artista sensibile e profondo che ha impresso sulle tele tutto il suo grande amore per la natura, la vita agreste, la sofferenza umana, il lavoro e ha saputo imprimere ritratti di commovente bellezza e trasporto a partire dai suoi amati genitori rappresentati a grandezza naturale anche per omaggiarli della loro statura morale.

Virna Castiglioni 

The Opera! - Arie per un'eclissi

Lunedì 20 Gennaio 2025 21:58
La base di partenza affonda le radici in un mito classico che è stato scandagliato, riprodotto, interpretato nei secoli e al quale si è tentato sempre, ad ogni epoca, di trovare senso e giustificazione.
 
In "The opera! - arie per un'eclisse" il duo Livermore e Jep Cucco tentano una fusione ardita e coraggiosa che stupisce e attrae come una calamita lo spettatore.
All' iniziale spaesamento si appassiona sempre di più e alla fine ricostruisce tutti i pezzi che sono stati dispiegati componendo il disegno finale e realizzando la chiusura di un cerchio perfetto che si era talmente allargato facendo confluire al suo interno davvero tante interessanti suggestioni. Quello di "Orfeo e Euridice" è un mito che ha la forza di parlare ad ogni generazione senza mai perdere la sua forza e il suo significato. Raccontato come se fosse un' opera lirica, con utilizzo di musiche di celebri arie che hanno fatto la storia del bel canto. Si spazia da Puccini, Handel, Verdi, Gluck, Bellini, Ravel, Vivaldi e si utilizza  un'opera, tra le tante famose citate,  per inserire la prova necessaria affinché Orfeo possa riabbracciare la sua amata Euridice. Cantare "nessun dorma" senza mai dimenticare per chi lo si stia facendo. Questo progetto visionario ha determinato la nascita di un nuovo genere cinematografico: il musical lirico. Un set virtuale ha accolto il cast nutrito di grandi star come Vincent Cassel e Caterina Murino, Fanny Ardant e Rossy De Palma facendo da corollario a due meravigliosi protagonisti. Il tenore Valentino Buzza nei panni di Orfeo e la soprano Mariam Battistelli in quelli di Euridice contrastati dal basso baritono Erwin Schrott che interpreta Mefistofele, il re degli inferi.
 
The opera è il trait d'union, il ponte sospeso tra lo spettacolo musicale che esce dal teatro, suo luogo privilegiato di elezione, e il racconto cinematografico che si spoglia anch'esso di determinati stilemi per creare qualcosa di innovativo e sorprendente.
 
Un apporto decisivo all' estetica dell' insieme è da riconoscere alla bravura del duo artistico di Dolce e Gabbana. I costumi sono un tripudio di sfarzo, eleganza, gusto, stile inconfondibile e originalità e si amalgamano in modo perfetto alla grandezza del mito eterno raccontato che si è mantenuto longevo conservando la sua attualità semantica fino ai giorni nostri.
 
Operazione complessa ma estremamente riuscita. Ne scaturisce un risultato eccellente che determina un piacere per gli occhi, una delizia per l'ascolto musicale ma soprattutto un senso di appagamento per la rivisitazione contemporanea di un mito che parla di temi eterni con cui l'uomo deve venire a patti durante la sua storia terrena. 
 
Virna Castiglioni

Strange Darling

Giovedì 13 Febbraio 2025 22:03

"Strange darling" è un ottimo horror che si avvale di una fotografia eccellente. Giovanni Ribisi ne è la firma e ci regala immagini che ricordano molto gli anni settanta. Molto colorate e accattivanti. Gli attori protagonisti sono le vere colonne portanti di un racconto semplice ma che si fa via via sempre più intrigante. The electrical Lady è l'incarnazione del male travestito da angelo biondo. È delicata. Ispira tenerezza. È uno scricciolo, ha un corpo esile che ricorda quello di una bambina eppure sa essere furia, belva, malvagia, crudele. Quando entra in "modalità sopravvivenza" può uccidere chiunque le capiti a tiro e interferisca con la sua intenzione di sconfiggere il demone che vede davanti a sé. Compie omicidi con ogni mezzo possibile e senza mostrare il minimo ripensamento o essere sfiorata dalla minima esitazione. 

Il film si avvale di un montaggio che rende tutto più avvincente. Dona alla pellicola il giusto ritmo. Senza lasciare tempi morti. Purtroppo il gioco di tenere sulla corda lo spettatore dura lo spazio di tre capitoli. Il film è suddiviso in 6 parti che vengono presentate allo spettatore in una sequenza non lineare e spezzettano la storia per traghettarla ad un epilogo finale che è anche la parte meno riuscita del film nel senso che diventa quasi pleonastica. Un di più che non lascia spazio ad altre interpretazioni.  All'inizio siamo travolti dalla corsa sfrenata di una giovane ragazza che fugge terrorizzata da qualcosa o qualcuno. Nel breve spazio di qualche sequenza lo spettatore più avvezzo è già indotto a pensare che lo schema non può essere così banale. La ragazza non può essere la vittima e, per il resto della pellicola, rimanga solo la sorpresa di conoscere l'aggressore o la situazione spaventosa che ha determinato l'inizio della corsa disperata. Eppure, se così fosse, il film funzionerebbe lo stesso. La sceneggiatura però vuole sparigliare le carte e fare riflettere sulla situazione opposta. 

Deve per forza esserci qualcosa di diverso dallo schema classico (aggressore uomo serial killer che miete vittime fra fanciulle sexy e bionde). Non può essere tutto cosi semplice. 

L' uso del bianco e nero per presentare l'antefatto sembra proporre qualcosa di anacronistico che si perde nella notte dei tempi. È quasi utopico ai giorni nostri, non è quasi più possibile nella nostra contemporaneità, assistere ad un incontro occasionale fra due persone che non hanno problemi mentali ma cercano solo un modo per divertirsi insieme. Sotto sotto ci deve essere qualcosa di raccapricciante. Non basta scoprire che i due vogliono giocare insieme dei ruoli, che la donna sia la padrona che comandi, che il sesso sia solo l'esca per accalappiare la giusta preda. Non basta più solo la violenza sessuale. È il preliminare a qualcosa di ben peggiore. 

La storia non è un granché, la trama è sottile come carta velina. L' intuizione geniale è il ribaltamento di ruoli e lo scambio fra vittima e carnefice che non segue le logiche comuni. In questo caso l'uomo che è anche un poliziotto (sebbene non troppo convenzionale) non è il cattivo della situazione. Per una volta il maschio non è l' aggressore ma la vittima. 

Il film gioca gran parte del suo fascino nel ribaltare i luoghi comuni, nel prendersi gioco del preconcetto, del cliché. La pellicola è sporca, cattiva, ruvida e cola sangue come se non ci fosse mai un argine che possa fare da sponda.  Non si contano le scene splatter portate alle estreme conseguenze. Un iperbole di situazioni che portano ad un escalation finale cruenta al quale fa seguito una momentanea stasi. Sembra, ma è solo una breve illusione, di poter essere arrivati alla fine dell' incubo e invece la scrittura ha ancora in serbo qualche cartuccia anche se è solo un colpa di coda che non supera in sorpresa quello che è appena avvenuto. 

Il film deve la sua forza ai continui e ben congegnati twist narrativi che sanno cogliere sempre in contropiede.  Le scelte registiche propinano la giusta dose di adrenalina e riescono nell'intento di non far calare mai troppo la tensione. 

Virna Castiglioni

Dog Man

Giovedì 30 Gennaio 2025 22:12

Una coppia formata da un poliziotto e un cane che cerca di contenere il crimine in città ma soprattutto cerca di contrastare il nemico gatto Gino che è il vero villain della storia raccontata. Purtroppo un incidente sul lavoro ferisce entrambi gravemente. L'unico modo per salvare loro la vita è recuperare la testa di Dog (unica cosa rimasta integra) e attaccarla al corpo di Man (unico pezzo rimasto intatto). L' operazione tanto ingegnosa quanto bislacca riesce e ne nasce un super eroe che si chiamerà da questo momento in poi "Dog man". L' unione fa la forza. L' intelligenza di Dog sarà compensata dalla prestanza fisica del corpo di Man e insieme e per sempre diventeranno invincibili. Intanto gatto Gino cerca sul web un macchinario che possa clonarlo per poter avere più possibilità di sfuggire agli arresti e continuare a perpetrare il crimine. Qualcosa va storto perché il risultato è un piccolo gatto che lo scambia addirittura per papà.

Il cucciolo di gatto (Ginetto)  è tenero e la sua dolcezza e ingenuità sarà anche il motivo per far si che il gatto si spogli della sua malvagità e torni a regnare il sereno sulla città.

Perché quando le forze del bene si uniscono il male è destinato a soccombere.

Il film ha un montaggio frenetico, talmente veloce da bruciare molte battute. Si ride poco perché tutto va a una velocità estrema che non consente di distrarsi nemmeno un secondo. 

Per questo il target non può essere troppo tarato verso il basso. Il lungometraggio è più indicato ad un pubblico di bambini non troppo piccoli che possano già comprendere alcune dinamiche come la cattiveria di gatto anche nei confronti della sua collaboratrice che licenzia e non paga neppure. Sicuramente ben confezionata l' animazione, molto colorata e fumettistica, ma da rivedere la sceneggiatura che crea uno schema troppo scontato senza inserire elementi dirompenti. Il finale troppo buonista infine affossa completamente il racconto togliendo quel po' di sale che è un elemento funzionale e che è un peccato togliere del tutto alla fine.

Le scaramucce tra i due acerrimi nemici sono l'architrave della narrazione che sul finale si smonta, senza rispettare i giusti tempi, e conferisce l'impressione di essere un soufflé sgonfio.

Il maggiore difetto del film è sicuramente la durata. Se le tante gag che si susseguono, le varie scenette incalzanti sono contenute in uno spazio di venti massimo trenta minuti (una puntata di una serie per esempio) siamo tutti in grado (piccoli e più grandi) di essere coinvolti dall' inizio alla fine. Invece in questo caso, in un' ora abbondante di svolgimento, i bambini dopo poco saranno distratti e irrequieti mentre gli adulti saranno semplicemente annoiati e guarderanno spesso l'orologio per capire quanto ancora resistere alle avventure strampalate del super cane poliziotto. 

 

Virna Castiglioni

No Other Land

Giovedì 16 Gennaio 2025 22:19

La casa rappresenta per ogni uomo e ogni donna la sicurezza, la protezione, il luogo degli affetti, il contenitore di oggetti carichi di significato emotivo ma soprattutto il luogo dove riporre tutto l'indispensabile e utile per vivere. In Cisgiordania, in un'area che si trova sotto la giurisdizione israeliana, dal 2009 viene messo in atto lo sgombero forzato di una cittadina rurale, demolendo le abitazioni rimaste e, intimando con la forza alla popolazione dissidente, di lasciare immediatamente il territorio che è diventato zona militare controllato da Israele e presidiato dai coloni. Un atto di forza, usurpatore, violento, portato a termine con ogni spiegamento di mezzi possibile getta nello sconforto più grande nuclei familiari interi. Due sole possibilità, entrambe di ripiego e che fanno male al cuore e all'anima: rifugiarsi nelle grotte e vivere una vita al di sotto della superficie, dove verrà costruita una base militare, oppure concentrarsi nelle città alla ricerca di uno spazio ristretto in cui continuare a vivere. Non per tutti può essere una soluzione accettabile. C'e' chi non si rassegna a vedersi strappare da sotto i piedi quel fazzoletto di terra abitato da generazioni di arabi. 

Il documentario, vincitore di numerosissimi premi meritati, è il risultato egregio di un collettivo di artisti israelo-palestinesi e racconta la storia di amicizia fra l' attivista palestinese Basel Adra e il giornalista israeliano Yuval Abraham e la loro lotta di resistenza e la loro protesta. Attraverso filmati amatoriali che risultano molto incisivi, il documentario vuole portare all'attenzione del mondo intero quello che avviene nell' indifferenza generale affinché qualcosa cambi e qualcuno intervenga perchè si possa fermare questa ingiustizia e il calpestio dei diritti fondamentali degli uomini e delle donne che hanno sempre abitato quel territorio. Altra oppressione subita dagli abitanti di quest'area della Cisgiordania denominata Masafer Yatta è la limitazione degli spostamenti. Le auto hanno targhe diverse per essere subito distinte ai posti di blocco e, mentre gli israeliani hanno libera facoltà di muoversi ovunque, per i palestinesi vigono divieti e restrizioni di circolazione pesantissimi. 

Durante uno scontro della polizia un cugino di Basel viene ferito. Non può essere trasportato in ospedale. La sua casa è stata distrutta ed è costretto a vivere in una grotta. Come un animale braccato è rimasto l' unico posto dove ancora il nemico non riesce ad arrivare. 

Questo documentario è fotografia impietosa di quello che avviene in un piccolo lembo di terra conteso fra fazioni rivali dove contano solo le ragioni del più forte e dove il più debole può reagire ma sa che è destinato a perdere anche se non potrà mai, non saprà mai rassegnarsi ad un sopruso che lo vorrebbe privare dell' unica cosa che possiede: un piccolo pezzo di terra su cui stare, dove coltivare, dove fare pascolare gli animali ma soprattutto dove poter vivere in pace. 

Un desiderio che accomuna tutti gli uomini e li fa essere fratelli sotto il medesimo cielo.

 

Virna Castiglioni

Pagina 9 di 9