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L' apertura è al cardiopalma: una giovane donna è una maschera di sangue e subisce l' aggressione spietata di un uomo ma non se ne intuisce il movente e tantomeno il destino che lega i due personaggi. Poi il film si apre con una scena familiare che vede di nuovo la donna sorridente anche se un pò agitata intenta a prepararsi per un appuntamento galante. L'uomo che sta per incontrare non lo ha ancora mai visto di persona ma solo dietro il vetro di uno smartphone come ormai avviene per migliaia di relazioni che passano prima dai social e poi forse si concretizzano anche nel piano della realtà. La donna è davvero molto bella e il suo incedere con un abito succinto e scollato di velluto bordeaux catalizza in toto l' attenzione. Una volta arrivata nel luogo scelto per l'incontro sembra tutto perfetto. Il locale è un famoso ristorante stellato ai piani alti di un grattacielo con una vista mozzafiato. Anche il suo accompagnatore si scopre essere un uomo giovane e affascinante con tutte le carte in regola per farle passare una piacevole serata. Tutto sembra procedere per il verso giusto. Appena ha inizio la cena invece, come se fosse il segnale convenuto, avrà inizio per lei un incubo messo a punto da un misterioso uomo o donna che si diverte a giocare con lei attraverso l'uso del telefono. Il game ha sempre lo stesso rigido schema. Il molestatore interroga la sua vittima con una domanda con due possibili scelte di risposta una delle quali è sicuramente sbagliata e la farà precipitare sempre più nel rischio. Il passo falso, se compiuto, espone il suo piccolo bambino, che è rimasto a casa accudito dalla sorella, in una situazione di estremo e irreversibile pericolo. La donna è infatti una madre single perché l'ex marito era un violento e, prima di togliersi la vita, ha fatto passare a lei e al figlio momenti di terribile paura. Già una prima mancanza del film è questa prima parte che rimane come un flash per nulla approfondita e non si collega veramente al resto del racconto. Un incipit che avrebbe potuto essere meno pesante e con meno strascichi psicologici per legarsi meglio al resto della storia. La parte centrale del film è tutta incentrata sul gioco di ruolo al telefono. Gli ordini e i comandi da parte dello stalker diventano sempre più imperiosi. Lo schema è ripetuto fino allo sfinimento e non è nulla di originale. La trama non presenta azioni né troppo disturbanti ma nemmeno troppo spaventose. Il più delle volte suscitano invece l'ilarità dello spettatore che se all' inizio non sa bene come interpretare il gioco ne avverte dopo poco la mancanza di una vera suspence.
Il film ha però il plauso di farsi seguire senza annoiare e fa crescere la voglia di vedere quale potrà essere il finale che si sceglierà di rappresentare.
La lunga scena finale che vede il gioco pericoloso ormai finito perché smascherato e ribaltato a favore della vittima innocente è infarcita da una lunga serie di mosse che hanno dell'incredibile ma soprattutto dell' inverosimile, sono platealmente delle iperboli e delle esagerazioni che non riescono nell' intento di colpire essendo troppo surreali. Viene costantemente da pensare che sia tutto troppo esagerato però, pur essendo un palese difetto, ne costituisce anche il principale pregio. Il film, grazie a queste evidenti gonfiature, diventa puro intrattenimento, non fa calare l'attenzione, anche se riesce solo in parte a cogliere di sorpresa oppure ad impaurire. Succede davvero troppo e tutto insieme e quando la tensione (non c'è né mai stata una vera e propria) cala del tutto siamo ancora una volta poco sorpresi dal lieto fine zuccheroso fino all' eccesso. Tutto bene quel che finisce bene ma quello che c'è nel mezzo è un discreto guazzabuglio che sortisce l' effetto opposto per il quale era stato messo in atto.
Un film rivedibile nelle dinamiche con un' apertura e una chiusura che non si amalgamano in modo fluido al resto del racconto come se esistesse un corpo centrale e un incipit e una chiusura messe lì un pò a caso, senza troppo pensarci.
Virna Castiglioni
Il panda è un animale sacro, protetto, tutelato ma soprattutto per il suo aspetto buffo e pacioso è amato proprio da tutti, in primis i bambini che lo chiedono come peluche da stringere e coccolare prima di dormire e fare bei sogni. In questo film "Moon" è un cucciolo vero trovato da Tian mentre si trova in vacanza dalla nonna paterna nella foresta cinese dello Sichuan. Decide di chiamarlo in questo modo perché la sua testa ricorda una luna piena. Questa permanenza dovrebbe costituire una sorta di castigo nelle intenzioni del severo padre per l' insuccesso scolastico ma si rivelerà invece una splendida avventura di scoperta e amicizia. Tian è un dodicenne senza amici che passa le sue giornate attaccato ad una consolle di videogiochi vivendo una realtà parallela come se il mondo reale non gli interessasse ma è un ragazzino intelligente e sensibile che ha solo bisogno di un po' di fiducia per aprirsi al mondo ed esprimere tutto il suo grande potenziale. Ha una sorella maggiore, Liya che è la gioia e l'orgoglio dei genitori ma anche lei scoprirà di essere prigioniera di un ideale di perfezione che non esiste e se ne libererà.
In questo percorso di crescita e di consapevolezza di sè per entrambi i fratelli sarà fondamentale il ruolo della nonna, autorevole ma mai autoritaria, ferma e decisa senza mai smettere di essere anche dolce e comprensiva.
"Moon" è uno delicato e poetico film per ragazzi. Non tanto e non proprio per bambini piccoli perché si toccano temi delicati e profondi che non possono ancora essere ben compresi da chi ha ancora poca o pochissima esperienza di vita. Il cucciolo di panda, però, affascina proprio tutti: grandi e piccoli in un coinvolgimento totale in una storia di amicizia e profondo rispetto che fa bene al cuore.
Il film si fa portavoce anche di un messaggio di tutela e preservazione della specie animale, qualunque essa sia. Non si dovrebbe mai avvicinare un animale selvatico e non si potrebbe, per il suo bene, invadere il suo habitat e il suo spazio vitale. Il panda non fa eccezione e nonostante la vicinanza fra Tian e Moon sarà fondamentale comprendere che ognuno deve poter vivere nel suo ambiente naturale senza forzature. Il legame speciale fra i due anche se dovrà interrompersi continuerà a distanza perché quando due anime si incontrano rimarranno connesse e unite per sempre.
Virna Castiglioni
Al centro della narrazione un oggetto inanimato ma di grande valore sia economico che affettivo ma soprattutto riconosciuto di importante rilevanza mondiale. Un oggetto che per i più è semplicemente un quadro, un disegno ben eseguito, un abbellimento da esibire su una parete ma che per chi se ne intende davvero e ha fatto dell'arte il fulcro della propria carriera potrebbe invece rappresentare l'occasione della vita e il motivo per consacrare il proprio operato e accrescere il proprio prestigio a livello internazionale. Non si tratta infatti di un quadro qualsiasi ma di una tela che si pensava fosse andata distrutta, trafugata dai nazisti nel 1939 che nei loro scellerati piani avrebbero voluto fare piazza pulita di tutto ciò che non era riconducibile alla razza ariana e non ne incarnava i valori ritenuti fondanti.
"I girasoli" di Egon Schiele riappare in Francia al pari di un miracolo, in una modesta casa abitata da un giovane operaio. Il ritrovamento genera iniziale scetticismo perché la notizia, se fosse vera, sarebbe una di quelle rivelazioni capaci di fare tremare i polsi anche ai più esperti intenditori. Il protagonista è infatti un famoso battitore d'aste e la sua reazione iniziale è cauta e misurata perché sa bene che i facili entusiasmi sono anche i primi destinati a spegnersi in breve tempo. Eppure qualcosa gli fa propendere per arrischiarsi in un approfondimento andando direttamente di persona a Mulhouse, nella periferia parigina, per verificare che non sia davvero un falso e una conseguente delusione. In questo viaggio personale ma anche collettivo si fa aiutare da una ex moglie nonché collega e da una sua giovane stagista. Entrambe queste figure rimangono però appena delineate e accennate forse anche per ribadire la prevalenza e l'egemonia maschile nel mondo delle case d'asta.
Interessante l'indagine registica del punto di vista di ognuno dei molteplici personaggi che ruotano intorno all'opera d'arte ritrovata. Vengono esplicitati in modo molto particolareggiato sia gli umori che i pensieri che dettano i comportamenti dei tanti attori in scena. Un film corale dove il vero assoluto protagonista rimane sempre questo quadro di rilevanza e di fama mondiale. "I girasoli" di Egon Schiele sarebbe in grado di modificare le vite di tutti i personaggi coinvolti, qualora si riuscisse a pilotare il ritrovamento a proprio esclusivo vantaggio. La regia crea la giusta suspence che ci fa conoscere i retroscena di un mondo patinato ma che nasconde dietro la rilucente bellezza e il fascino ammaliatore sordide nefandezze soprattutto quando si ha la possibilità di condurre a proprio favore il gioco e si ha la fortuna di imbattersi in persone umili ma soprattutto ignoranti in materia che non hanno contezza di ciò che capita loro tra le mani.
Queste persone poco istruite, smaliziate, che si imbattono in opere d'arte senza capirne il senso ultimo rappresentano la parte genuina e vera al cospetto di giganti della menzogna capaci di manipolare e raggirare, senza troppi sensi di colpa destreggiandosi tra sgambetti e affondi. Il loro atteggiamento sembra quasi di fastidio perché non capiscono fino in fondo il valore che rivestono certe opere e sono scettiche nel vedere una tale partecipazione e un tale interesse riposto nei confronti di un oggetto che è rimasto appeso ad una parete senza che ricevesse alcun riguardo e sopra il quale si è sempre gettato uno sguardo superficiale. Forse rivestiva più appeal quel tiro al bersaglio che gli faceva compagnia sul muro. La felice intuizione di un amico di famiglia cambierà le sorti di molti. Un film che scopre le sue carte piano piano, che non ha fretta di bruciare le tappe, che fa degli sguardi e dei silenzi il suo punto forte. Per tutto il tempo vuole dirci che le scoperte più strabilianti e memorabili a volte sono il frutto di mere casualità e solo la fortuna di trovarsi al momento giusto nel posto giusto può contribuire a fare emergere tesori che si pensava fossero andati perduti per sempre. Il film mette bene in evidenza la miopia nazista intenta nel perseguire uno scopo di malvagio terrore non portando rispetto per nulla e nessuno che fosse anche solo d'intralcio al piano scellerato di conquista e sottomissione di un popolo ritenuto il male assoluto. Un film che illude lo spettatore facendo presagire prima o poi un clamoroso coupe de theatre facendo di tutto per far credere che sta per verificarsi la meno probabile delle ipotesi.
Virna Castiglioni
Nominato al California Indies come film indipendente e rientrato nella selezione ufficiale agli Hollywood Best Indie Film Awards nella sezione relativa ai film psicologici, Lady Cobra – Una killer in blues sarà al centro di un week-end in ricordo del critico cinematografico Adriano Aprà (18 Novembre 1940 – 15 Aprile 2024) presso il Centro culturale La Camera Verde di Roma, in via Giovanni Miani n. 20, 20a e 20b.
Miglior lungometraggio al Milan Gold Awards, quindi vincitore del Gold Award nella categoria Indie Feature Film (low budget) al Florence Film Awards, del premio per il miglior film indipendente al Cannes Arts Film Fest e di quello per la miglior regia (feature film) al Madonie Film Festival, Region of Sicily, il lungometraggio d’esordio del genovese Fabio Giovinazzo prosegue dunque il proprio cammino con grande successo, suscitando sempre più interesse da parte di cinefili e addetti ai lavori grazie alla sua singolarità.
Lady Cobra – Una killer in blues racconta di una veterana di guerra in congedo, disadattata ma idealista, che alterna il lavoro come fioraia all'attività di killer a pagamento. Vestita di rosa, riceve i suoi clienti in un cimitero e si sposta su una potente Cobra degli anni Sessanta. Considerata la migliore, è conosciuta nell'ambiente con il nome di Lady Cobra e porta sempre a termine ogni incarico sfruttando la sua infallibile Smith & Wesson. Il naufragio sentimentale con un uomo di cui è ancora invaghita la spinge in un vortice di follia che la porterà a ribellarsi alle ingiustizie di una società sempre più depravata.
Insieme alla protagonista Nicoletta Tanghèri e alle voci di Davide Aloi e Antonio Carletti, fanno parte del cast Gabriele Bartoletti, Paola Bazurro, Andrea Benfante, Raffaele Casagrande, Paolo Drago, Anna Giarrocco, Fabio Taddi e, appunto, Adriano Aprà nella sua ultima interpretazione, a proposito di cui il regista Giovinazzo ricorda: “Prezioso e commovente, il cameo di Adriano Aprà nel mio film ha già il fascino di una malinconia che, pur in alto grado dolorosa, cede nel farsi lambire da quella luccicanza che proprio il grande critico cinematografico sapeva diffondere con garbo”.
Sceneggiato dallo stesso Giovinazzo con la collaborazione di Antonio Lusci e Alessandra Chiodi, Lady Cobra – Una killer in blues è un dramma che, tra ossessioni pop e un simbolico espressionismo, sposa un forte senso di alienazione. È l'enigmatico ritratto di una donna che cade senza respiro nell'abisso della solitudine, tra affari sporchi, colpi di pistola e vendetta sullo sfondo di un paesaggio storico che apre al fumetto, a proposito di cui Nicoletta Tanghèri dichiara: “Interpretare Lady Cobra è stata un’esperienza di grande spessore artistico e umano. Aver avuto l’opportunità di vestire gli abiti di una figura femminile così ricca di sfaccettature mi ha permesso di mettermi completamente in gioco come attrice e, al tempo stesso, forte è maturata la via da seguire per un’esperienza di vita decisamente rara”.
Le proiezioni presso La Camera Verde si terranno Venerdì 11 Aprile 2025 alle ore 20.30, Sabato 12 Aprile 2025 – con interventi di Fabio Giovinazzo e Nicoletta Tanghèri – alle ore 18.30 e alle ore 20.30 e, infine, Domenica 13 Aprile 2025 alle ore 19.30.