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Il caso Belle Steiner

Giovedì 13 Marzo 2025 16:53 Pubblicato in Recensioni

Un clima tensivo dal principio alla fine avvolge come un guanto l'intera durata del film. Ad interpretare questo sempre attuale noir una coppia di protagonisti che fa della normalità la chiave per nascondere segreti. Pierre e Clea sono una coppia giovane, senza figli ma con il desiderio maturo di diventare genitori, che ospita una ragazza adolescente, figlia di un'amica, per darle un'opportunità di crescita e di studio in un prestigioso liceo della città. Il liceo intitolato alla memoria di George Simenon è un omaggio al libro dal quale è tratto il film ed è lo stesso in cui il protagonista maschile insegna matematica. Una notte, mentre in casa è presente solo Pierre, la giovane Belle viene uccisa strangolata. Il cerchio si stringe intorno a Pierre o per meglio dire non riesce mai ad allargarsi fino ad includere altri possibili indiziati. Tutto si concentra sull'unico sospettato che era presente sul luogo del delitto ma non si è accorto di nulla. La regia utilizza pochi elementi e li dilata all' ennesima potenza. Carica ogni gesto, anche quello più banale, di tensione. Fa recitare i protagonisti soprattutto con i silenzi, i non detti, le bugie, i retropensieri.

Molto efficace la costruzione del personaggio del protagonista maschile interpretato da un ottimo Guillaume Canet che, da anonimo schivo e solitario uomo diventa il principale colpevole, il potenziale assassino, il feroce lupo travestito da agnello. Canet è perfetto nell' incarnare un uomo tranquillo che non ha particolari ambizioni se non quelle di studiare calcoli nel comfort del suo stanzino e concedersi qualche innocente sguardo alla avvenente dirimpettaia che gira nuda e che forse lo fa anche apposta per farsi vedere dal vicinato. 

La coppia vive un momento di distacco, il legame che li unisce sembra sul punto di rompersi del tutto. La frattura sembra non potersi saldare perché questo evento sconvolge i piani di entrambi in procinto di accogliere in affido un bambino.

Un film che gioca tutto sull'ambiguità, sulle zone d'ombra, sul grigio che aleggia. Non c è una verità univoca e certa e, in assenza di prove schiaccianti, non si dovrebbe condannare chi potrebbe essere innocente. Non importa che tutto il contesto giochi a a sfavore, che l' unico sospettato sia anche antipatico e poco collaborativo. In ogni tempo e luogo dovrebbe valere la regola che non può essere condannato nessuno in assenza di prove certe e probanti. La presunzione di innocenza va preservata e tutelata sempre.

Questo giallo che prende spunto da un classico scritto nel 1952 in questo film viene reso attuale, moderno, interessante e foriero di riflessione.

Virna Castiglioni

A real pain

Giovedì 27 Febbraio 2025 16:48 Pubblicato in Recensioni

Due cugini diversissimi nei caratteri e nei modi di affrontare la vita. David inquadrato, preciso, paranoico, ansioso ma per la società benpensante e perbenista integrato e realizzato, con un lavoro e una famiglia. Benji solo, solitario, sensibile, empatico ma ai margini, relegato a guardare la vita scorrere davanti e con un pensiero strisciante che vorrebbe fargli commettere gesti inconsulti per poter smettere di soffrire. A legarli, oltre all'infanzia vissuta in simbiosi come fratelli, il ricordo della nonna recentemente  scomparsa, di origini polacche, ebrea sopravvissuta all'Olocausto. Si incontrano di nuovo, dopo che le loro esistenze hanno preso direzioni diverse, in quell' America che accoglie tutti e dona a ciascuno la possibilità di vivere il proprio sogno, a patto che si sia in grado di individuarlo. Il motivo della loro reunion è un viaggio organizzato con una guida che li porterà sui luoghi della Shoah nel Paese della nonna defunta.  Interessante il punto di vista registico che affronta un' argomento così delicato e doloroso senza mai calcare la mano ma anzi introducendo sempre degli elementi che possano alleggerire la situazione che di volta in volta si viene a creare. A partire dal gruppo che si appresta a partire insieme a questa strana coppia di parenti amici che è eterogeneo, poco assortito, formato da esperienze di vita diverse e con modalità di rapportarsi al dolore differenti. Si sceglie, però ed un peccato,  di non esplorare i loro punti di vista facendoli rimanere un contraltare dei protagonisti, utili solo per giustificare questi viaggi turistici sui luoghi della memoria che non sempre sono sentiti ma semplicemente dettati da un imperativo categorico o per essere dei discendenti diretti delle vittime o semplicemente per poter dire di essere in pace con la propria coscienza di cittadini modello, attenti al rispetto per una tragedia che ha sconvolto la geografia mondiale e ha ripercussioni anche oggi a distanza di decenni dalla sua conclusione. Il film è un racconto delicato, in punta di piedi e ha il pregio di non angosciare lo spettatore ma di spostare tutto il peso sulle generazioni che hanno vissuto indirettamente i riflessi di una sciagura che ha coinvolto i propri avi. Manca un finale potente al film. Si chiude un cerchio ma non si raggiunge un livello superiore. Tutto torna ad essere come all' inizio, con un cugino che pensa alla cena di ritorno con la famiglia riunita da riabbracciare e con l' altro cugino che preferisce rimanere ancora una volta in disparte, a latere, ad essere semplice comparsa e non protagonista. In un mondo di John e di Paul anche Benji sceglie di essere Ringo Starr come cantavano i Pinguini tattici nucleari in una loro hit di qualche anno fa. Non si capisce se questo possa essere considerato un pregio o un difetto ma il film dimostra una incontrovertibile verità. Ognuno soffre a modo suo, ognuno reagisce con i mezzi personali che possiede, ognuno ha una sensibilità e una modalità di affrontare il dolore estremamente personale e non può essere giudicato da chi non ha contezza di ciò che si sta passando, né sminuendo ma nemmeno arrogandosi il diritto di comprendere fino in fondo. 

Virna Castiglioni

 

Elfkins - Missione Gadget

Giovedì 13 Marzo 2025 16:43 Pubblicato in Recensioni

Almeno una volta nella vita ci siamo stupiti per aver ritrovato un oggetto smarrito che avevamo già dato per perso. Ci siamo sorpresi di un lavoro finito quando per noi mancava molto alla sua conclusione. Forse la spiegazione di questi piccoli miracoli che risollevano il morale e mettono di buon umore sono opera di creature buone che agiscono nell' ombra per fare del bene. Gli elfi. Questa storia di animazione ha come protagonisti dei simpatici gnomi dal buffo cappellino rosso. La loro mascotte è Elfie: una giovane esuberante, curiosa e intraprendente piccola gnometta che troverà il modo per riportare pace e armonia. Oltre agli elfi buoni esistono anche i Trolls che hanno invece come missione quella di divertirsi e vivere ogni giorno un' avventura diversa.  Per loro gli esseri umani sono una specie da ingannare, da turlupinare a proprio vantaggio.

I Trolls sono dispettosi, arrecano disturbo e combinano guai. Sulle loro tracce c'è una poliziotta che ha un' aiutante gattina. 

Questo secondo capitolo dopo l'esordio avvenuto nel 2021 risulta godibile e sganciato dal primo film al quale non fa necessariamente riferimento per gli sviluppi della trama.

La forza dell' anime è nella costruzione dei personaggi che sono amabili, dicono cose sensate e sanno intrattenere con le loro buffe smorfie e le loro avventure sicuramente un target di bambini in età scolare ma non rischiano di annoiare o deludere anche il pubblico più adulto. Il film veicola messaggi inclusivi, il rispetto verso le minoranze, l' aiuto verso il prossimo, la lealtà e l' amicizia, l' amore per gli animali qualunque essi siano e conquistano anche il cuore dei cinefili con l' affermazione che la miglior invenzione degli umani dopo l' amore è il cinema. Un film pulito nei sentimenti, che ha il potere di ammaliare i bambini ma è capace di non banalizzare o rendere il racconto troppo semplicistico, catturando anche la fetta degli accompagnatori adulti. 

 

Virna Castiglioni

Muori di lei

Mercoledì 19 Marzo 2025 16:39 Pubblicato in Recensioni

Una storia nera ambientata durante la pandemia Sars-Cov2 che mise in stand by il mondo intero. Qui siamo a Roma ma, se non fosse per il panorama che si ammira dai tetti condominiali, potrebbe essere qualsiasi altra città. In un grande e lussuoso appartamento, che ha anche il privilegio di non avere vicinato ma solo uffici e un b&b, vive una coppia giovane che sta per affrontare una fecondazione assistita per coronare il desiderio di diventare genitore. Il momento sembra sbagliato e, a complicare ulteriormente le cose, arriverà come un'uragano una giovane donna bellissima che farà girare la testa al protagonista maschile Luca, così forte che poi tutto non sarà mai più come prima. Il film vanta un cast di tutto rispetto a partire da Riccardo Scamarcio, perfetto nella parte del giovane squattrinato che ha avuto la fortuna di farsi sposare dalla figlia del proprietario di una clinica privata e, può anche decidere di mettere da parte ambizioni e progetti personali, per assecondare quelli della moglie che è decisamente più forte e in gamba di lui. La regia tenta e, spesso riesce, di giocare con colpi di scena che ribaltino l'impressione iniziale. Qualche volta però le scelte dei personaggi sono talmente evidenti che resta allo spettatore solo la curiosità di capire se il gioco di incastri e la progressione temporale degli eventi sia congrua e faccia filare tutto senza insinuare il dubbio che non sia possibile ma nemmeno prevedibile. La logica invece è stringente e non ha contraccolpi. Potrebbe davvero essere andato tutto così come ci viene mostrato. Al netto di qualche iperbole, che si perdona facilmente, il film costruisce un racconto credibile e lo restituisce, grazie al buon lavoro interpretativo, naturale e spontaneo. Il film è molto fisico. Il corpo ha un ruolo determinante in tutta la narrazione. L' istinto è il motore che determina scelte e comportamenti che segneranno il destino di tutti. In questa storia hanno tutti bisogno di qualcun'altro e lo usano per arrivare dove vogliono. A volte questa necessità è nascosta e si maschera dietro buoni sentimenti. Altre volte è palesemente esibita. Nel gioco complesso della vita, quando stai troppo attento a tutelarti, non vuoi esporti e non assumi su te stesso alcuna responsabilità, non sei salvo, al sicuro, ma finisci solo per accettare quello che la vita ti assegna. Il film non ha un canonico e scontato lieto fine ed è un bene che si scelga questa via per rimarcare quanto la vita è solo quello che ci succede mentre siamo intenti a progettare e realizzare altro. 

 

Virna Castiglioni