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La canzone della terra

Domenica 14 Aprile 2024 22:38 Pubblicato in Recensioni

La natura è per ogni essere umano madre. Ha un legame speciale con i suoi figli ma se non la rispettano a dovere si ribella e può diventare nemica e matrigna.
Nel documentario la natura estrema e incontaminata della Norvegia è la protagonista assoluta.
Dialoga con una coppia di genitori anziani che sono sempre rimasti nel luogo nel quale sono nati, sono stati educati al rispetto, ad abitare in un luogo sacro con la delicatezza di chi attraversa gli spazi in punta di piedi.
ll bisnonno del padre aveva piantato un albero su una collina per suggellare la nascita di un amore e ora, svettante e maestoso, ricorda che bisogna rispettare e amare quello che appartiene alla terra sulla quale siamo ospiti solo per un periodo breve e incerto.
Il racconto, confezionato dalla figlia regista della coppia, è un respiro profondo di aria pura, leggera e cristallina.
Siamo immersi in un paesaggio reso vibrante da una splendida fotografia che rimanda un ecosistema meraviglioso ma al contempo fragile e delicato.
Il ghiacciaio, custode di ere e testimone del tempo, soffre a causa del cambiamento climatico e vorrebbe urlare di invertire la rotta.
L’essere umano intelligente è colui che non lascia impronte ma mantiene silente il suo impatto, si comporta da ospite scrupoloso e attento a congedarsi dal mondo con la premura di chi lascia al legittimo proprietario la casa pulita e in ordine.
Un documentario molto delicato che ci accompagna con grazia e levità.
Un viaggio quasi fiabesco alla ricerca del significato profondo che racchiude la vita delle persone che sanno scegliere un luogo e si impegnano al meglio perchè anche le generazioni future possano incontrare una natura amorevole e bella nella sua originalità.

 

Virna Castiglioni

Adagio

Giovedì 14 Dicembre 2023 22:33 Pubblicato in Recensioni
Stefano Sollima con “Adagio” conclude la trilogia dedicata alla Roma maledetta iniziata con “A.c.a.b. – All cops are bastards” (2012) e proseguita con “Suburra” (2015).
 
“Adagio” è un film corale dove in scena si muovono i più grandi attori dell’attuale panorama cinematografico nostrano più una nuova scoperta molto interessante, guidati da una sceneggiatura che non presenta sbavature e da una regia precisa e rigorosa al millimetro.
 
Un plauso doveroso va fatto sicuramente alla giovane promessa Gianmarco Franchini che
 
non sfigura accanto a mostri sacri navigati e convince fino all’ultimo frame.
 
Adagio è un action movie crepuscolare che sa farsi anche molto intimo e psicologico.
 
Un film che parla molto di solitudini, di destino avverso, di paternità, di drammi esistenziali che si scontrano con quelli sociali e globali. La vicenda narrata vede contrapporsi una squadra di poliziotti corrotti che cercano di fare soldi facili utilizzando la copertura dell’arma alla quale appartengono, sfidando leggi, utilizzando la leva meschina del ricatto, forti di essere in apparenza e agli occhi esterni dalla parte del giusto, sempre e comunque.
 
Agli antipodi una ex banda di criminali incalliti, un tempo potenti e temuti e ora ridotti a morti che camminano, rinchiusi nel loro dramma di padri sconfitti, di uomini soli, di mariti ripudiati e accettati di nuovo in seno alla famiglia solo per compassione, di vite spezzate e fiaccate dalla malattia fisica e mentale.
 
Sollima è estremamente abile a creare collisioni, intrecci, a mischiare le carte e a non lasciare mai questi opposti schieramenti distanti e impermeabili l’un l’altro, mai protetti da una linea immaginaria invalicabile.
 
Al contrario non è mai tutto nero o bianco, non è mai tutto giusto o sbagliato, non c’è mai una sola verità e non c’è mai nemmeno qualcuno che è esclusivamente un personaggio interamente negativo e viceversa.
 
In tutto questo declino di valori spicca come un fiore che è cresciuto tra le crepe del cemento la generazione dei figli che cercano una propria strada ma sono calamitati verso l’unico esempio che hanno sempre avuto dinnanzi e si perdono rischiando di venire annientati a loro volta.
 
E’ quello che avviene a Manuel, figlio di Daytona (ex capo di una banda di criminali).  Suo malgrado si ritrova coinvolto in un giro più grande di lui mettendo a repentaglio la vita, braccato come un cucciolo dal predatore famelico (Agente Vasco e i suoi colleghi) e protetto invece dall’ ex sodale del padre (Cammello).
 
Lo sfondo, come se la cattiveria e la malvagità umana non potesse coesistere con il bello, si svolge in una Roma che mostra allo spettatore solo il volto in ombra. Appare pericolosa, laida, violenta, grigia e degradata.
 
Su di essa e i suoi abitanti incombe la minaccia concreta di un’apocalisse che si manifesta con cenere e lapilli quasi si fosse sopra un enorme vulcano pronto a rovesciare l’inferno che ha dentro di sé senza risparmiare gli innocenti.
 
Un encomio alla band torinese Subsonica che ha curato la colonna sonora e ha confezionato un suggestivo tappeto musicale su cui si dipana una storia che ha la potenza dirompente di un grido che squarcia il silenzio della notte.
 
Sebbene la trama non presenti tratti di originalità e, per molti aspetti, sia affine ad altri polizieschi anche di recente uscita come “l’ultima notte di Amore” di Andrea Di Stefano in “Adagio” Sollima ha la capacità di sviscerare le vite dei personaggi fino nelle pieghe recondite dell’animo regalando forti emozioni e tenendo sulla corda fino alla fine con sequenze di pura azione adrenalinica, cambi di prospettiva improvvisi ma che si mantengono credibili e repentini colpi di scena dal forte impatto visivo.
 
Sfilano sullo schermo miserie umane, vite che hanno scelto scientemente il male pur non dimenticando il bene e vite che all’apparenza sarebbero specchiate ma nascondono orrori. Personaggi che agiscono strumentalizzando ruoli pubblici per commettere gravi reati.
 
Un film dove lo sguardo gioca un ruolo di estrema importanza e la macchina da presa cattura questi attimi di intensa carica emotiva con una perizia di grande efficacia servendosi anche di simboli catartici (bracciale con incisione e cuffie per l’ascolto della musica) come elemento rafforzativo vincente.
 
Sollima con “Adagio” si conferma cineasta di spessore che è in grado di sfruttare il genere poliziesco arricchendolo di ulteriori elementi per renderlo ancora più coinvolgente e intrigante.
 
Virna Castiglioni

Il cielo brucia

Giovedì 30 Novembre 2023 21:54 Pubblicato in Recensioni

Ambientato in una casa al limitare di un bosco, nei pressi di una spiaggia che affaccia sul mar Baltico, il cielo brucia di Christian Petzold sembra una fiaba.
L’orco che viene a disturbare la quiete proviene sia dal cielo che fa piovere cenere perché tutto brucia e si sfalda ma è anche un mostro che scava dall’interno, costruisce barricate e muri che respingono tutti quelli che si ha intorno.
Leon è uno scrittore con il blocco creativo. Si crede un po' superiore a chi fa solo lavori prettamente fisici e pensa di essere destinato a grandi cose. Viene lasciato in disparte da tutti coloro che lo circondano, un po' per timore e un po' per rispetto.
Gli altri personaggi che alimentano la storia sono invece persone che amano profondamente la vita e cercano di trarne tutto quello che essa può offrire di bello.
Si innamorano, fanno sesso, mangiano, bevono e vivono le loro giornate facendo quello che più hanno voglia di fare e li appaga senza crogiolarsi in retropensieri che soffocano e fanno ammalare. Soltanto Leon ha un lavoro castrante che non gli consente divertimento, svago e leggerezza neppure quando si trova in vacanza. Ha scelto un lavoro che lo tiene incatenato e lo rende schiavo di imperativi categorici che sono solo frutto della sua mente.
Potrebbe essere la fine per tutti e rimanere zavorrati da una depressione cronica che dilaga e sconfina ma invece c'e' sempre un argine che interviene e blocca il fiume che è sempre sull'orlo di straripare. Nadja si scopre essere anche colta, letterata e studiosa attenta e Felix amante profondo e delicato. Un film che invita a riflettere su tanti temi a partire dall'egoismo e dall' essere centrati su se stessi senza rendersi conto di quello che avviene intorno o peggio basandosi soltanto sulle proprie idee come se fossero le uniche ad avere diritto di cittadinanza. Un film corale che esplora la solitudine del singolo incapace di interagire con i suoi simili e miope di fronte alle minacce globali di un clima che ci ricorda l'importanza di preservare un equilibrio indispensabile affinché non si verifichi un disastro al quale non si è più in grado di opporsi.

Virna Castiglioni

Runner

Giovedì 08 Febbraio 2024 21:48 Pubblicato in Recensioni

"Runner" è una corsa che dura un giorno intero dall’alba al tramonto. E’ un inseguimento che si realizza in maniera claustrofobica all’interno di un grande albergo. E’ uno spasmodico rincorrersi, scontrarsi, sfuggire al nemico di turno diventandolo a propria volta. "Runner" è un action movie che racchiude in sè tutte le peculiarità del genere. "Runner" è anche una dedica al cinema prendendo spunto da uno dei lavori più umili ma anche indispensabili all’interno di un set cinematografico.

Il runner è in gergo un addetto che viene impiegato dalle produzioni e che comprende fra le sue mansioni precipue qualsiasi cosa, dal prendere il caffè per gli altri membri del personale all'andare a prendere gli ospiti all'aeroporto.

A interpretare i personaggi protagonisti sono una Matilde Gioli (la runner sul set Lisa) perfettamente a suo agio che recita moltissimo con il suo splendido corpo da ex ginnasta e che, al pari di una nostrana Tomb Raider, si butta in piscina, cammina sui cornicioni, striscia nei cunicoli, si nasconde all’interno di intercapedini, spara, salta, corre come un gatto per salvarsi la pelle.

Alle sue calcagna un Francesco Montanari che interpreta un agente dell' Interpol (Bosco) con un passato oscuro. Lisa viene incastrata e dovrà scappare per riuscire a salvarsi da chi la vorrebbe morta. La pellicola è tutta azione. Tutti inseguono questa donna veloce, furba e scattante. Insieme alla squadra capitanata dall'agente Bosco anche un reparto di poliziotti non troppo scaltri e un gruppo di addetti alla sicurezza che avrebbero tranquillamente fatto a meno di essere coinvolti in un inseguimento all'ultimo respiro. 

Se l’incipit del film è palesemente una finzione perché siamo sul set di un film horror dove la protagonista Sonja scappa inseguita da uomini armati di coltello il prosieguo fa pensare che invece un omicidio si sia verificato realmente e sia tutto vero. Ma il cinema è finzione sempre, anche quando sembra essere tutto realistico.

La colonna sonora perdura per tutta la pellicola tensiva e incalzante e accompagna l’adrenalina delle azioni.

Un film che fa scaturire tutto l’impegno profuso ma che non riesce nell’intento di incollare lo spettatore alla poltrona. Le scene sono prevedibili, vengono quasi anticipate, si verificano in maniera logica e non fanno sussultare ma soprattutto non hanno la forza giusta per sorprendere. La vera sorpresa è tutta concentrata nel finale e questo regalo conclusivo riabilita un pò tutto il film che altrimenti sarebbe una copia sbiadita dei film di azione che hanno fatto la storia del cinema nel passato.

Virna Castiglioni