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David Bowie e Masayoshi Sukita: HEROES in Mostra a Roma

Martedì 15 Novembre 2016 17:01 Pubblicato in News
Masayoshi Sukita, fotografo giapponese di fama internazionale, si ritrovò un giorno del 1972 a fotografare le allora star di Londra (Marc Bolan e i T Rex) e venne presentato in quel frangente  a David Bowie da una sua conoscente la Stylist Yusuku Takahashi. Desideroso di fare bella figura, abbagliato dalla sua personalità, Sukita trovò  in Bowie “qualcosa di diverso dalle altre star del Rock and Roll, qualcosa di speciale che doveva fotografare.” La collaborazione che presto diventò una storica amicizia progredì negli anni, Bowie diceva di lui: “Forse lui potrà scattare foto per l’eternità” a Sukita dobbiamo la celebre copertina di ‘Heroes’ del 1977 (l’anno prossimo la canzone omonima dell’album compirà 40 anni). Il fotografo ha permesso tramite una rara collaborazione con l’ ‘Ono Arte di Bologna” che 40 scatti dedicati all’artista siano esposti nella galleria THESIGN a  Roma dal 24 Ottobre al 19 Novembre 2016. Le foto sono valorizzate da una cornice di gusto fine e ricercato, l’ingresso ci accoglie con il video di “Life On Mars, e ci introduce nell’elegante salotto dei sogni, ogni pezzo dell’esposizione può essere acquistato come un’opera d’arte e gli appassionati possono comprare il catalogo che le racchiude tutte e un esclusivo poster con i famosi  “provini” per il cd della trilogia Berlinese. Immancabile per ogni appassionato che ne abbia l’occasione, l’ingresso gratuito permette a qualsiasi visitatore di affacciarsi a questa dedicata selezione di scatti, proiettando Ziggy Stardust e l’Esile Duca Bianco nell’eternità. 
 
Alcune opere che potrete trovare in galleria
 
Evento inserito nella RAW Rome Art Week
 
INGRESSO LIBERO 
Lun --> Sab 10.00 / 19.00
THESIGN GALLERY ®
Via Piemonte 125/A - Roma 
 
 
Articolo a cura di Francesca Tulli

Fai bei sogni

Martedì 15 Novembre 2016 16:21 Pubblicato in Recensioni
Il giornalista e scrittore Massimo Gramellini, pubblica nel 2012 il romanzo Fai bei sogni, edito Longanesi. Un libro autobiografico, il primo in cui Gramellini si mette a nudo, raccontandoci qualcosa di molto intimo e doloroso che appartiene al suo passato: la morte di sua madre. Egli affronta nel libro questo lutto, avvenuto quando aveva solo 9 anni,  dispiegando così il velo su un evento che ha indelebilmente perturbato la sua vita. La perdita precoce di una madre dolce e rassicurante, è stata per anni edulcorata da una falsa verità, gravando a lungo come un masso sulle sue spalle. Un dolore sordo e silenzioso che accompagna quel bimbo triste e improvvisamente spaesato fino all'età adulta. Momento in cui Massimo farà luce su un'amara realtà, qualcosa che il suo istinto da tempo intuiva. Bellocchio dirige l'adattamento di un libro perfetto, ben scritto, scorrevole e diretto, mai banale ed estraneo alle retoriche. Un compito complesso quello di trasporre su grande schermo una storia sincera e delicata come quella narrata da Gramellini. Parlare  allo spettatore senza ricorrere a svenevolezze, senza urlare lo strazio profondo e viscerale di chi ha perso la propria madre. Il regista di Bella Addormentata e Vincere, riesce come pochi del mestiere, a dare forma a film ricchi di sfumature emotive, gioielli di purezza ed eleganza, escludendo orpelli e sentimentalismi ostentati.  Restando fedele al libro, Bellocchio tocca tanti temi cari al suo cinema, quali la famiglia, il dolore della perdita, e il senso della rinascita. Il personaggio di Massimo, interpretato da un intenso Valerio Mastandrea, è lacerato dalla sofferenza che non ha mai smesso di segnarlo, e di forgiargli un potente scudo di indifferenza affettiva nei confronti del mondo esterno. Un confine invalicabile che lo rende freddo e distante da tutto e tutti. La tragedia dell'oscurità nel film trova perfetta espressione in una fotografia molto cupa, capace di rispecchiare il grigiore spirituale che permea l'animo del protagonista. Uno stato emotivo soffocante, che per Massimo avrà termine solo grazie alla potenza della verità, e all'amore sincero di una donna. Fai bei sogni è un’opera toccante, tanto drammatica quanto amara, che ci fa riscoprire la bellezza del cinema, quello migliore. 
 
Giada Farrace 

Doctor Strange

Mercoledì 26 Ottobre 2016 13:01 Pubblicato in Recensioni
Il Dottor Steven Strange (Benedict Cumberbatch) è un ‘genio miliardario’ troppo arrogante e sicuro di sé. La sua unica confidente è Christine (Rachel McAdams) collega di vecchia data che opera al Pronto Soccorso, dove vede casi di pazienti ‘senza futuro’ non sempre degni della sua attenzione. L’eccessiva boria e Il karma negativo gli si ritorcono contro quando in seguito ad un incidente stradale, deluso dalla medicina moderna, decide di intraprendere un viaggio verso Kamar-Taj un luogo dove, si fanno miracoli. Raggiunto il Santuario (indicatogli da una serie di indizi) incontra il suo futuro Maestro, l’Antico (Tilda Swinton), in lotta per la difesa di un bene superiore. L’intero universo è minacciato da Kaecilius (Mads Mikkelsen) suo ex allievo che sta stringendo un patto distruttivo che può portare alla rovina della terra. Grazie ai suoi insegnamenti, Strange riesce a vedere attraverso nuove prospettive. La sua brama di conoscenza e le sue motivazioni personali, lo portano ad intraprendere una nuova inaspettata vita, dove lo attende il suo eroico riscatto. La Casa delle Idee mette per la prima volta in scena al cinema, con la regia di Scott Derrickson, il personaggio che incarna il lato “magico” mistico ed esoterico dei fumetti Marvel. Nato nel 1963 dalla mente di Steve Dikto, si differenzia da tutti gli altri personaggi per la sua attinenza con la spiritualità, riferita ad una conoscenza di stampo filosofico orientale, piuttosto che a poteri derivati da cause “fantastiche”, “divine” o “fantascientifiche” . Nel film troviamo una trasposizione basilare del fumetto, dove sono rispettate atmosfere e gusto con la prospettiva di vedere oltre nei prossimi film in cui Strange (promessa) tornerà. La più grande defezione dei cinemacomics, assieme alla critica che viene mossa più spesso, sono la fastidiosa presenza di interludi comici all’interno delle vicende epiche, assenti o diluite  in diversa misura, nella controparte cartacea. In questo caso, seppur contenute, le “gag” ammorbidiscono il protagonista che, per mancanza di tempo, rischia di perdere la sua famosa credibilità. Strange non è Star-Lord de “I Guardiani Della Galassia” (2014) né tanto meno il famoso Tony Stark, noti per la loro spavalderia e senso dello humor, è un uomo privo di scrupoli che trova la retta via e gli sceneggiatori avrebbero dovuto tenerne più conto. Tuttavia, il tormentone della risoluzione della vicenda risulta geniale, personaggi storici che lo affronteranno in futuro sono nascosti da un nemico che seppure vive di cliché  serve allo scopo. La riflessione più bella sul tempo che non si può mai fermare commuove senza togliere l’attenzione dalla ferocia degli effetti visivi, a metà tra una simulazione in VR (ne giova la versione 3D) e l’effetto di sostanze stupefacenti. Cast perfetto, recitazione shakespeariana al servizio del genere, che continua ad intrattenere e ad appassionare. Il consiglio è sempre di restare dopo i titoli di coda, e più che mai, non distraetevi nel mezzo  se vi  sta a cuore questo vasto multiverso in continuo mutamento. 
 
Francesca Tulli

Snowden

Martedì 18 Ottobre 2016 18:26 Pubblicato in Recensioni
Già raccontato nel documentario premio Oscar Citizenfour, Edward Snowden è un informatico in fuga dagli Stati Uniti per aver rivelato dettagli sui programmi di sorveglianza di massa del governo, fino ad allora rimasti segreti. 
Oliver Stone confeziona la parabola epica di Snowden (Joseph Gordon-Levitt), dall’incontro con il reclutatore della CIA Corbin O'Brian (Rhys Ifans) alla prodigiosa ascesa come tecnico informatico nei servizi segreti. 
 
Stone usa come cornice la realizzazione di Citizenfour per raccontare la nascita di una coscienza civile in un ragazzo ciecamente conservatore che voleva diventare soldato. Per creare più empatia con il pubblico, fa di Snowden un supereroe diviso fra il lavoro top secret nelle operazioni di sorveglianza e il rapporto sentimentale con Lindsay Mills (Shailene Woodley), figura femminile inevitabilmente subalterna al protagonista messianico.
Ma la storia d’amore travagliata distrae dal messaggio di contropotere e l’esigenza di spettacolarizzare la vita privata del protagonista finisce spesso per prevalere sulle contraddizioni politiche che Stone intende mettere in luce: un lavoro criminale è ugualmente tale se lo fai per conto del governo?
 
Come Buddy Fox/Charlie Sheen in Wall Street, Ed Snowden si rende conto che il mondo straordinario di cui ha varcato la soglia è qualcosa di moralmente deprecabile e decide di rivoltarcisi contro, sfidando coraggiosamente il suo mentore e il sistema stesso. Tuttavia, senza le implicazioni edipiche fra l’eroe e il mentore presenti in Wall Street, Snowden è un santino da agiografia, che agisce sempre nel nome di ideali nobili e sacrifica la sua libertà pur di dare al mondo intero la libertà di scegliere. Dopo aver sottratto le prove da rivelare ai media, nell’unica sequenza di pura suspense del film, il messia sorridente viene avvolto da un’abbagliante luce bianca, mentre varca per l’ultima volta la soglia fra la sede della NSA e il mondo esterno.
Quello operato da Stone è un vero processo di santificazione, privo della tensione da spy story e stilisticamente tanto posticcio da risultare indigesto. Come nella scena di addio fra Ed e Lindsay, su una spiaggia delle Hawaii, con il sole al tramonto e le sagome dei due in controluce, tanto plastica da sembrare lo spot di un’agenzia di viaggi. 
 
In questo modo Stone finisce per fare il gioco dell’americanismo dominante, che impone prepotentemente i suoi modelli di libertà con la ferma convinzione di essere sempre dalla parte dei buoni. Il governo – prima l’amministrazione di Bush poi quella di Obama - è venerato ciecamente dai personaggi negativi del film con gli stessi stilemi retorici usati da Stone per dipingere Snowden, che a quel governo si è coraggiosamente opposto. 
 
Angelo Santini