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La Favorita

Mercoledì 05 Settembre 2018 21:24 Pubblicato in Recensioni

Schiacciata da un violento conflitto con la Francia, l’Inghilterra è alle prese con un’importante decisione politica da prendere, se continuare a combattere al fronte o porre fine una volta per tutte alla guerra. Corre il primo decennio del ‘700, periodo contrassegnato da una situazione politica e militare ai limiti del gestibile, la quale fa da contraltare all’ovattato clima di frivolezza e svago presso la corte della Regina Anna (Olivia Colman), creatura infantile e volubile dedita in modo fedele solo al sollazzo incessante. Al suo fianco la fedelissima e sagace Lady Sarah Churchill (Rachel Weisz), amica intima nonché principale responsabile delle più importanti decisioni politiche a corte. Sarah è la mente del sistema politico e militare dell’Inghilterra, stratega animata da un forte temperamento maschile e da un’innata inclinazione al potere. Il saldo rapporto tra la regina Anna e Sarah Churchill subirà un drastico scossone con il sopraggiungere a corte di Abigail Masham (Emma Stone), giovane dalle radici aristocratiche ora al servizio della corte inglese. La ragazza si dimostrerà da subito un’ottima manovratrice, e assetata di brama otterrà con estrema semplicità il favore della regina, conquistando la sua più totale fiducia a danno della Churchill.  Una vera sorpresa l’ultimo film realizzato da Yorgos Lanthimos, presentato alla 75 esima Mostra del Cinema di Venezia e vincitore del Leone d’Argento Gran premio della giuria. Dopo aver diretto un’opera tanto gelida quanto feroce come Il sacrificio del cervo sacro, il regista greco torna dietro la macchina da presa con un approccio sempre denso di cinismo, ma volto in tal caso a cogliere una microrealtà (quella di corte), contornata da numerosi aspetti esilaranti. La regina Anna mostrataci da Lanthimos, è una figura capricciosa ma buona, una donna puerile intrappolata all’interno di un ambiente artificioso e infido. Olivia Colman si dimostra all’altezza di un personaggio sfaccettato e comico, restituendo un ritratto femminile personale e mai discrepante. Ottima prova interpretativa anche per Rachel Weitz ed Emma Stone, entrambe esilaranti e allo stesso modo spietate da sembrar avvinte da sortilegio. The Favourite è pertanto un film che dispone di un ritmo perfetto, scorrevole e coinvolgente, merito sopra ogni cosa di una sceneggiatura robusta. Un dettagliato affresco su una sfida tra donne, un gioco di potere spietato e crudele che fa della brama il suo letale veleno.

Giada Farrace 

Manca oramai poco alla notte degli Oscar 2019, una delle cerimonie più importanti del panorama cinematografico mondiale. La consegna delle statuette si terrà il prossimo 24 febbraio, ma in attesa della prestigiosa premiazione scopriamo quali saranno i film e gli attori candidati. Tra i film più nominati in assoluto quest’anno spiccano titoli quali La favorita, Roma, Vice e a gran sorpresa Black Panther, che agli occhi dei più risulta forse fuori contesto in una delle nomination più rilevanti. Muovendo dalla categoria miglior film i candidati sono otto, e rispettivamente BlacKkKlansman di Spike Lee, il sopracitato Black Panther diretto da Ryan Coogler, il fortunato Bohemian Rhapsody, l’eccentrico e pungete The Favourite-La favorita di Lanthimos, l’acclamato Green Book,  Roma di Alfonso Cuarón, l’esordio alla regia di Bradley Cooper A star is born ed infine il brillantissimo Vice-L’uomo nell’ombra. Altra fertile categoria è quella della miglior regia che vede quest’anno come nominati Spike Lee, Pawel Pawlikowski, Yorgos Lanthimos, Alfonso Cuarón e Adam McKay. A contendersi la statuetta per il miglior attore protagonista Christian Bale per Vice, Bradley Cooper per A star is Born, Willem Dafoe per Van Gogh-Sulla soglia dell’eternità, Rami Malek per Bohemian Rhapsody e Viggo Mortensen per Green Book.

Nella categoria miglior attrice protagonista in lizza Glenn Close per The Wife, Yalitza Aparicio per Roma, Olivia Colman per La Favorita, Lady Gaga per A star is born e Melissa McCarthy per Can you ever forgive me?. Le cinque candidate per l’oscar alla miglior attrice non protagonista sono invece Amy Adams per Vice, Marina De Tavira per Roma, Regina King per Se la strada potesse parlare, Emma Stone per La favorita e Rachel Weitz anch’essa candidata per La favorita. Per la miglior interpretazione maschile da non protagonista spiccano i nomi di Mahershala Ali per Green Book, Adam Driver per BlacKkKlansman, Sam Elliot per A star is Born, Richard E.Grant per Can you ever forgive me? e Sam Rockwell per Vice. In lizza per la miglior fotografia cinque film che hanno fatto dell’immagine uno dei proprio cardini quali Cold War, La favorita, Il primo uomo, Roma e A star is Born. Tra i nominati per il miglior film in lingua straniera Opera senza autore di Florian Henckel von Donnersmarck, Affari di famiglia di Hirokazu Kore-Heda, Capernaum di Nadine Labaki, Roma di Alfonso Cuarón e Cold War di Pawel Pawlikowski. Anche quest’anno protagonisti indiscussi della corsa alle prestigiose statuette troviamo due film che hanno riscosso grandi consensi alla 75esima edizione della mostra del cinema di Venezia, ossia Roma, film vincitore della kermesse e La favorita, entrambi con il maggior numero di nomination agli oscar. Cedono il passo A star is born e Bohemian Rhapsody con meno candidature, mentre First Man di Chazelle rimane il grande assente di questa edizione. Non rimane altro che attendere il 24 febbraio per conoscere le sorti di una delle edizioni più vivaci e pungenti degli ultimi anni, auspicando che i nostri favoriti abbiano la meglio. 

 

Giada Farrace 

Il primo re

Mercoledì 30 Gennaio 2019 21:08 Pubblicato in Recensioni

Sono due gli elementi che rendono un esperimento cinematografico riuscito e sfaccettato: l’ambizione e il coraggio. 
Ancora ben pochi film in Italia hanno il pregio di accettare nuove sfide, di mettere in discussione i dettati stilemi della narrazione. Matteo Rovere è uno dei pochi che ha deciso di superare quegli stilemi e di spingersi oltre. Il primo re è il più diretto tentativo di estensione e fusione di nuovi percorsi narrativi. Attingendo ad un’antichissima culla di mitologia e storia, Rovere dirige un film in cui viene raccontato ciò che avvenne prima della fondazione di Roma, prima della nascita dell’impero più vasto e imponente di sempre, ossia quello romano. E’ la storia di due gemelli, Romolo e Remo, che vivono nei pressi del fiume Tevere allevando capre. A seguito di una violenta alluvione, i due si ritroveranno prigionieri sulle rive della città di Albalonga, luogo dei Guerrieri di ferro. Costretti a prendere parte ai tremendi culti della Triplice Dea, Remo e Romolo riusciranno a sfidare la sorte, combattendo contro le guardie e scampando alla morte assieme ad altri fuggitivi. Ma il volere implacabile degli dei riserverà loro un arduo percorso, che avrà fine solo con lo spargimento del sangue fraterno. La narrazione di un racconto mitologico risulta da sempre terreno di difficoltà  in virtù dell’enorme quantità di simboli e significati a cui si deve attingere e di cui si deve necessariamente tener conto. Il mondo ricostruito da Matteo Rovere è il risultato di un durissimo lavoro di analisi ed edificazione, messo a punto da un cast tecnico di tutto rilievo. Partendo dai dialoghi, ci si rende conto sin da subito della vastità di sfumature  e dell’insormontabilità di una lingua antichissima come il protolatino. Attraverso fonti contemporanee al periodo storico in cui si pensi siano vissuti Romolo e Remo, un gruppo di semiologi dell’Università La Sapienza, ha eseguito un lungo studio sulla lingua fon-dativa, pre-romana. Una sfida complessa che ha poi coinvolto in fase di produzione gli attori protagonisti, alle prese per la prima volta nella loro carriera con un copione in protolatino. Una scommessa vinta sia per Alessandro Borghi che per Alessio Lapice, intensi e coinvolgenti in un quadro scenico che in alcuni momenti ricorda da vicino il viscerale Apocalypto di Gibson. Se infatti vi è un aspetto che più si avvicina al cinema internazionale è proprio quella cura riservata agli scontri fisici nel corso del film. Le scene di combattimento sono rese con rara maestria quasi confondendosi con il cinema hollywoodiano. Ed è un peccato che non siano più presenti nel corso del film, apparendo solo in tre occasioni. Matteo Rovere infatti dirige un’opera selvaggia e spesso cruenta, che avrebbe giovato di più azione e scontri soprattutto nell’ultima parte, che se confrontata con il resto del film risente di penuria di ritmo, accusando una conclusione troppo spedita. La fotografia, impiantata sull’uso della luce naturale, se da un lato restituisce un quadro di impianto naturalistico, dall’altro rende meno vigorosa l’immagine, la quale sovente appare quasi cineamatoriale. Il primo re, in sala a partire dal 31 gennaio, è un film che nonostante alcune debolezze interne, riesce a fondere in modo impeccabile la riflessione sul mito e sull’impenetrabilità del destino, all’azione brutale e feroce. Un lavoro che si lascia apprezzare non solo per il coraggio, ma anche per una spettacolarità ancora aliena nel cinema italiano.

Giada Farrace

Non ci resta che il crimine

Giovedì 10 Gennaio 2019 18:28 Pubblicato in Recensioni
Alcuni momenti storici hanno il particolare potere di restare per sempre cristallizzati nella memoria di chi li vive. Molti li ricordano come i migliori anni della propria vita, pagine dense di euforie e grandi scoperte. Il 1982 fu un anno che segnò indelebilmente l’immaginario collettivo italiano. Un anno rimasto impresso a tutti i ragazzi per il lancio nel mercato del mitico Commodore 64, e a tutti gli italiani per la vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio. Quell’anno lo ricordano bene anche Moreno, Sebastiano e Giuseppe, amici di lunga data, che all’epoca erano dei curiosi ragazzi, ed ora nel 2018, si ritrovano a dover fare i conti con una realtà ben diversa e costellata di difficoltà.  Ma forse non tutto è compromesso, e Moreno decide infatti di coinvolgere i suoi amici in un’impresa molto bizzarra: organizzare un “Tour Criminale” della Roma di una volta, città teatro di una delle organizzazioni criminali più note, la Banda della Magliana.  L’idea potrebbe promettere un rilevante successo e soldi a “palate” se non fosse che, per un imprevedibile scherzo del destino, i tre vengono inspiegabilmente catapultati davvero nel 1982, proprio nel gloriosi giorni dei Mondiali di Spagna. Tra calcio e scommesse ad alta tensione, Moreno, Sebastiano e Giuseppe arriveranno a confrontarsi con uno degli uomini più pericolosi e potenti della criminalità romana, il terribile Renatino. Ma il pericolo è dietro l’angolo, Renatino e i suoi uomini coinvolgono i tre in un giro malavitoso contornato da soldi, violenza e incalcolabili imprevisti. Riusciranno a ritornare all’agognato futuro ora che si ritrovano intrappolati in un arrischiato 1982? Non ci resta che il crimine ha la grande potenza di mescolare due registri ben diversi, ossia quello del poliziesco anni ’70 e quello del cinema comico dei giorni nostri. Quella diretta da Massimiliano Bruno, aiutato nella scrittura da Bassi, Guaglianone e Menotti, è una commedia che alterna in modo misurato tensione e ironia, senza però cadere preda di luoghi comuni o situazioni già note. Un esperimento riuscito, scorrevole e pieno di richiami a quel cinema che ha segnato un’intera epoca rimanendo impresso per alcuni stilemi molto esclusivi, quali fotografia dai toni saturi e colonna sonora graffiante, perfettamente amalgamata alla storia. In Non ci resta che il Crimine infatti, la colonna sonora affidata a Maurizio Filardo, dona un tono vintage e un carattere autentico, tipico dell’epoca. Nel film non mancano sequenze spassose, capaci di regalare un piacevole intrattenimento all’insegna della risata, ne è l’emblema la buffa ed esagerata scena della rapina, forse uno dei migliori momenti di questo lavoro. Perfettamente inseriti nei loro ruoli sono gli attori protagonisti Marco Giallini (Moreno), Alessandro Gassman (Sebastiano) e Gianmarco Tognazzi (Giuseppe), che si confermano un gruppo affiatato nella vita e sullo schermo.  Altrettanto convincente Edoardo Leo (Renatino) per la prima volta alle prese con un ruolo da “villain”, al quale l’attore romano dona un tocco personale e credibile quanto basta. Non ci resta che il crimine, dal 10 gennaio al cinema, è un film che si lascia guardare senza alcuna difficoltà e con molta curiosità, prendendo quasi le distanze per stile e trama da molto cinema italiano in sala. 
 
Giada Farrace