"Itaca - il ritorno" fa di tutto per spogliarsi della prosopopea e della magnificenza che da sempre accompagnano i racconti epici che sono contenitori immensi dove scorrono tematiche di ampio respiro e di interesse universale. Il regista Uberto Pasolini non mostra mai l'eroe, il re, il combattente, il guerriero ma cerca in tutti i modi di mostrare sempre e solo il lato umano di Odisseo. Lo spoglia della sacralità del personaggio, lo umanizza mettendo in evidenza le sue fragilità, lo rende invisibile, lo fa scomparire nelle pieghe della Storia che sembra non avere più importanza. Ulisse è un uomo solo, uno sposo, un padre mancato e infine un figlio che deve riappropriarsi di tutti questi ruoli che paiono essere stati dimenticati. Penelope, la madre, il figlio Telemaco e i suoi sudditi lo trattano da mendicante, lo cacciano dal suo palazzo, lo lasciano ai margini. Il figlio lo osteggia. La moglie lo studia in silenzio. Pasolini riduce al minimo i dialoghi e lascia il più possibile parlare i corpi. Estremo e catartico quello di Ralph Fiennes che appare segnato da cicatrici evidenti che sono lo specchio di quelle interne lasciate da vent'anni di peregrinazioni lontano dal suo Regno. Nonostante questo, il film non infonde passione, non emoziona, rimane asciutto, asettico quasi. Non ci sono momenti di vero e proprio pathos. Anche nella scena di massimo climax è sempre tutto molto ragionato, ingessato. Si assiste ad una rappresentazione che sembra essere troppo didascalica, troppo pulita e troppo lineare.
Troppo trattenuto, compassato. In questo ritorno parlano gli sguardi. In primis gli intensi occhi azzurri di Ralph Fiennes che scrutano quello che è rimasto della sua terra che saggia per capire se è rimasta la stessa che lo ha visto partire. Con lo sguardo entra in comunione con l' anziana madre, ritorna ad amare la moglie e cerca di riconquistare il figlio che ha sempre conosciuto solo l'assenza del padre nel ricordo degli altri. Juliette Binoche che torna a fare coppia sul set con Fiennes, dopo il capolavoro de "Il paziente inglese" di Minghella è l' altra colonna portante della pellicola. Chiudono il cerchio Angela Molina intensa madre colpita dal lutto della perdita del marito e padre di Ulisse Laerte e prima a riconoscere il figlio. Claudio Santamaria, nei panni dello schiavo Eumeo, dovrebbe fare da ponte fra Ulisse e i suoi sudditi ma assume, pur essendo un ruolo basilare, un' importanza residuale non riuscendo a rappresentare la forza della resistenza nei confronti dei proci che spadroneggiano impuniti. Un film che ha delle buone intenzioni che si disperdono in mille rivoli. Adottare un punto di vista alternativo poteva essere una buona base di partenza ma in questo caso rimane avvinghiato in certi canoni estetici che fanno comunque emergere troppo e a sproposito la teatralità della storia. Costumi, trucchi, acconciature appaiono troppo finte ed esagerate e anche un po' anacronistiche come gli occhi bistrati di nero e il rossetto rosso di Juliette Binoche di una bellezza folgorante ma poco contestualizzata al pari dei proci che hanno tutti pettinature moderne e monili contemporanei che li fanno apparire un po' rock star fuori luogo.
Virna Castiglioni
Nicole Kidman che, grazie a questa interpretazione ha ricevuto l'ambita Coppa Volpi per la migliore attrice protagonista fra i film presentati in Concorso all' ultima Mostra internazionale del Cinema di Venezia, è una donna in carriera, a capo della sua società che utilizza la robotica per migliorare l'efficienza dei processi. È una madre amorevole di due figlie adolescenti e una moglie orgogliosa di un regista teatrale impegnato. Ha tutto quello che una donna contemporanea potrebbe desiderare per sentirsi appagata. Invece a Romy manca una cosa fondamentale, da sempre: la felicità sotto le lenzuola. Non ha alcuna intesa sessuale con il marito Jacob e si accontenta di raggiungere l'orgasmo, da sola, mentre guarda film porno che hanno per tema la dominazione. Una routine di coppia falsa e frustrante per lei fino a quando incontra, proprio sul lavoro, un giovane e sensuale ma soprattutto intraprendente stagista che intercetta il suo bisogno intimo e nascosto ed è pronto a venire in suo aiuto. Non senza esigere un tornaconto personale. Questo aspetto dell' ottenimento di un beneficio, a breve o a lungo termine, è un aspetto che rimane un po' latente all' interno della pellicola ma è molto interessante.
Il sesso è un mezzo potente per arrivare dove si vuole a patto che lo si sappia usare. È un' arma che può ferire, uccidere ma è anche il grimaldello che ci fa acquisire potere e ci permette di tenere in scacco chi vogliamo. A patto di essere capaci di condurre il gioco.
Dickinson che interpreta il giovane Samuel sa come fare per soddisfare Romy a patto che il tutto si mantenga a livello di gioco erotico. Nessuna implicazione sentimentale e nessuna fantasia che implichi un' evoluzione della storia. Uno comanda e l' altro obbedisce. Il padrone che addestra la sua cagna e la ricompensa se fa tutto quello che deve. Senza ribellarsi. Senza volere di più.
Non si tratta di un innamoramento, si cercano perché ciascuno ha da dare all'altro quello che all'altro manca. Lei abituata ad avere il controllo, a comandare gli altri, ad imporre ordini da eseguire senza battere ciglio, nella sua intimità ha bisogno invece di avere un padrone, qualcuno che le imponga comandi, che la sottometta. È un gioco rischioso perché tutti e due hanno molto da perdere. Lei la reputazione ma ben altro se si dimostrasse che si sia trattato di abuso di potere nei confronti di un subalterno. Lui l' amore della sua ragazza con la quale ha il progetto di formare una famiglia.
Un film ad alto tasso erotico ma che si mantiene formale ed elegante. Nicole è perfetta nell' incarnare una donna bella, anzi bellissima e la scena in cui appare nuda è lì a testimoniare la prova di essere ancora molto piacente, a dispetto dell' età che più per vezzo che per reale necessità le impone di cedere alle lusinghe del botox.
La pellicola gioca sul filo del rasoio, si spinge fino ad un certo punto ma poi torna indietro. Alla fine del gioco vincono tutti e si disegna un happy end che quasi fa ridere. Lo stagista sarà allontanato ma guadagnerà un ruolo di prestigio in un' azienda importante.
L' assistente personale di Romy che ha intrapreso una relazione sentimentale con lo stesso uomo che serve a lei per soddisfare i suoi impulsi sessuali avrà una promozione certa. Lei anche se confesserà tutto al marito ne otterrà comprensione sebbene un' iniziale allontanamento. Quello che poi banalizza un po' tutto e fa pensare che il sesso è sicuramente uno dei motori del mondo ma non l'unico è l' estremo lusso nel quale si sceglie di ambientare la storia. Il sesso è un mezzo potentissimo ma anche i soldi sono l'altro ingrediente indispensabile perché il gioco funzioni e faccia divertire tutti, senza che nessuno si faccia troppo del male.
Virna Castiglioni
Una storia nera ambientata durante la pandemia Sars-Cov2 che mise in stand by il mondo intero. Qui siamo a Roma ma, se non fosse per il panorama che si ammira dai tetti condominiali, potrebbe essere qualsiasi altra città. In un grande e lussuoso appartamento, che ha anche il privilegio di non avere vicinato ma solo uffici e un b&b, vive una coppia giovane che sta per affrontare una fecondazione assistita per coronare il desiderio di diventare genitore. Il momento sembra sbagliato e, a complicare ulteriormente le cose, arriverà come un'uragano una giovane donna bellissima che farà girare la testa al protagonista maschile Luca, così forte che poi tutto non sarà mai più come prima. Il film vanta un cast di tutto rispetto a partire da Riccardo Scamarcio, perfetto nella parte del giovane squattrinato che ha avuto la fortuna di farsi sposare dalla figlia del proprietario di una clinica privata e, può anche decidere di mettere da parte ambizioni e progetti personali, per assecondare quelli della moglie che è decisamente più forte e in gamba di lui. La regia tenta e, spesso riesce, di giocare con colpi di scena che ribaltino l'impressione iniziale. Qualche volta però le scelte dei personaggi sono talmente evidenti che resta allo spettatore solo la curiosità di capire se il gioco di incastri e la progressione temporale degli eventi sia congrua e faccia filare tutto senza insinuare il dubbio che non sia possibile ma nemmeno prevedibile. La logica invece è stringente e non ha contraccolpi. Potrebbe davvero essere andato tutto così come ci viene mostrato. Al netto di qualche iperbole, che si perdona facilmente, il film costruisce un racconto credibile e lo restituisce, grazie al buon lavoro interpretativo, naturale e spontaneo. Il film è molto fisico. Il corpo ha un ruolo determinante in tutta la narrazione. L' istinto è il motore che determina scelte e comportamenti che segneranno il destino di tutti. In questa storia hanno tutti bisogno di qualcun'altro e lo usano per arrivare dove vogliono. A volte questa necessità è nascosta e si maschera dietro buoni sentimenti. Altre volte è palesemente esibita. Nel gioco complesso della vita, quando stai troppo attento a tutelarti, non vuoi esporti e non assumi su te stesso alcuna responsabilità, non sei salvo, al sicuro, ma finisci solo per accettare quello che la vita ti assegna. Il film non ha un canonico e scontato lieto fine ed è un bene che si scelga questa via per rimarcare quanto la vita è solo quello che ci succede mentre siamo intenti a progettare e realizzare altro.
Virna Castiglioni
Almeno una volta nella vita ci siamo stupiti per aver ritrovato un oggetto smarrito che avevamo già dato per perso. Ci siamo sorpresi di un lavoro finito quando per noi mancava molto alla sua conclusione. Forse la spiegazione di questi piccoli miracoli che risollevano il morale e mettono di buon umore sono opera di creature buone che agiscono nell' ombra per fare del bene. Gli elfi. Questa storia di animazione ha come protagonisti dei simpatici gnomi dal buffo cappellino rosso. La loro mascotte è Elfie: una giovane esuberante, curiosa e intraprendente piccola gnometta che troverà il modo per riportare pace e armonia. Oltre agli elfi buoni esistono anche i Trolls che hanno invece come missione quella di divertirsi e vivere ogni giorno un' avventura diversa. Per loro gli esseri umani sono una specie da ingannare, da turlupinare a proprio vantaggio.
I Trolls sono dispettosi, arrecano disturbo e combinano guai. Sulle loro tracce c'è una poliziotta che ha un' aiutante gattina.
Questo secondo capitolo dopo l'esordio avvenuto nel 2021 risulta godibile e sganciato dal primo film al quale non fa necessariamente riferimento per gli sviluppi della trama.
La forza dell' anime è nella costruzione dei personaggi che sono amabili, dicono cose sensate e sanno intrattenere con le loro buffe smorfie e le loro avventure sicuramente un target di bambini in età scolare ma non rischiano di annoiare o deludere anche il pubblico più adulto. Il film veicola messaggi inclusivi, il rispetto verso le minoranze, l' aiuto verso il prossimo, la lealtà e l' amicizia, l' amore per gli animali qualunque essi siano e conquistano anche il cuore dei cinefili con l' affermazione che la miglior invenzione degli umani dopo l' amore è il cinema. Un film pulito nei sentimenti, che ha il potere di ammaliare i bambini ma è capace di non banalizzare o rendere il racconto troppo semplicistico, catturando anche la fetta degli accompagnatori adulti.
Virna Castiglioni
Due cugini diversissimi nei caratteri e nei modi di affrontare la vita. David inquadrato, preciso, paranoico, ansioso ma per la società benpensante e perbenista integrato e realizzato, con un lavoro e una famiglia. Benji solo, solitario, sensibile, empatico ma ai margini, relegato a guardare la vita scorrere davanti e con un pensiero strisciante che vorrebbe fargli commettere gesti inconsulti per poter smettere di soffrire. A legarli, oltre all'infanzia vissuta in simbiosi come fratelli, il ricordo della nonna recentemente scomparsa, di origini polacche, ebrea sopravvissuta all'Olocausto. Si incontrano di nuovo, dopo che le loro esistenze hanno preso direzioni diverse, in quell' America che accoglie tutti e dona a ciascuno la possibilità di vivere il proprio sogno, a patto che si sia in grado di individuarlo. Il motivo della loro reunion è un viaggio organizzato con una guida che li porterà sui luoghi della Shoah nel Paese della nonna defunta. Interessante il punto di vista registico che affronta un' argomento così delicato e doloroso senza mai calcare la mano ma anzi introducendo sempre degli elementi che possano alleggerire la situazione che di volta in volta si viene a creare. A partire dal gruppo che si appresta a partire insieme a questa strana coppia di parenti amici che è eterogeneo, poco assortito, formato da esperienze di vita diverse e con modalità di rapportarsi al dolore differenti. Si sceglie, però ed un peccato, di non esplorare i loro punti di vista facendoli rimanere un contraltare dei protagonisti, utili solo per giustificare questi viaggi turistici sui luoghi della memoria che non sempre sono sentiti ma semplicemente dettati da un imperativo categorico o per essere dei discendenti diretti delle vittime o semplicemente per poter dire di essere in pace con la propria coscienza di cittadini modello, attenti al rispetto per una tragedia che ha sconvolto la geografia mondiale e ha ripercussioni anche oggi a distanza di decenni dalla sua conclusione. Il film è un racconto delicato, in punta di piedi e ha il pregio di non angosciare lo spettatore ma di spostare tutto il peso sulle generazioni che hanno vissuto indirettamente i riflessi di una sciagura che ha coinvolto i propri avi. Manca un finale potente al film. Si chiude un cerchio ma non si raggiunge un livello superiore. Tutto torna ad essere come all' inizio, con un cugino che pensa alla cena di ritorno con la famiglia riunita da riabbracciare e con l' altro cugino che preferisce rimanere ancora una volta in disparte, a latere, ad essere semplice comparsa e non protagonista. In un mondo di John e di Paul anche Benji sceglie di essere Ringo Starr come cantavano i Pinguini tattici nucleari in una loro hit di qualche anno fa. Non si capisce se questo possa essere considerato un pregio o un difetto ma il film dimostra una incontrovertibile verità. Ognuno soffre a modo suo, ognuno reagisce con i mezzi personali che possiede, ognuno ha una sensibilità e una modalità di affrontare il dolore estremamente personale e non può essere giudicato da chi non ha contezza di ciò che si sta passando, né sminuendo ma nemmeno arrogandosi il diritto di comprendere fino in fondo.
Virna Castiglioni
Un clima tensivo dal principio alla fine avvolge come un guanto l'intera durata del film. Ad interpretare questo sempre attuale noir una coppia di protagonisti che fa della normalità la chiave per nascondere segreti. Pierre e Clea sono una coppia giovane, senza figli ma con il desiderio maturo di diventare genitori, che ospita una ragazza adolescente, figlia di un'amica, per darle un'opportunità di crescita e di studio in un prestigioso liceo della città. Il liceo intitolato alla memoria di George Simenon è un omaggio al libro dal quale è tratto il film ed è lo stesso in cui il protagonista maschile insegna matematica. Una notte, mentre in casa è presente solo Pierre, la giovane Belle viene uccisa strangolata. Il cerchio si stringe intorno a Pierre o per meglio dire non riesce mai ad allargarsi fino ad includere altri possibili indiziati. Tutto si concentra sull'unico sospettato che era presente sul luogo del delitto ma non si è accorto di nulla. La regia utilizza pochi elementi e li dilata all' ennesima potenza. Carica ogni gesto, anche quello più banale, di tensione. Fa recitare i protagonisti soprattutto con i silenzi, i non detti, le bugie, i retropensieri.
Molto efficace la costruzione del personaggio del protagonista maschile interpretato da un ottimo Guillaume Canet che, da anonimo schivo e solitario uomo diventa il principale colpevole, il potenziale assassino, il feroce lupo travestito da agnello. Canet è perfetto nell' incarnare un uomo tranquillo che non ha particolari ambizioni se non quelle di studiare calcoli nel comfort del suo stanzino e concedersi qualche innocente sguardo alla avvenente dirimpettaia che gira nuda e che forse lo fa anche apposta per farsi vedere dal vicinato.
La coppia vive un momento di distacco, il legame che li unisce sembra sul punto di rompersi del tutto. La frattura sembra non potersi saldare perché questo evento sconvolge i piani di entrambi in procinto di accogliere in affido un bambino.
Un film che gioca tutto sull'ambiguità, sulle zone d'ombra, sul grigio che aleggia. Non c è una verità univoca e certa e, in assenza di prove schiaccianti, non si dovrebbe condannare chi potrebbe essere innocente. Non importa che tutto il contesto giochi a a sfavore, che l' unico sospettato sia anche antipatico e poco collaborativo. In ogni tempo e luogo dovrebbe valere la regola che non può essere condannato nessuno in assenza di prove certe e probanti. La presunzione di innocenza va preservata e tutelata sempre.
Questo giallo che prende spunto da un classico scritto nel 1952 in questo film viene reso attuale, moderno, interessante e foriero di riflessione.
Virna Castiglioni
Il sotto titolo del documentario, poeti e amanti, riprende anche il titolo che la National Gallery di Londra ha voluto dare alla mostra che ha da poco ospitato nei suoi spazi. La prima sala che ha accolto lo spettatore è un trio di tele che racchiudono e mettono in luce questo concetto. Alla sinistra il sottoufficiale Rouen, dall'altra parte il poeta Eugene Boch e, al centro, il parco cittadino di Arles che vede passeggiare proprio una coppia di innamorati. La mostra si concentra su un periodo circoscritto della vita artistica e della vicenda umana di questo Genio della pittura dell'Ottocento. Dal 1888 al 1889 in soli 14 mesi Van Gogh si trasferisce da Parigi per stabilirsi nel sud della Francia. Ad Arles, la Roma dei Galli, affitta una casa gialla che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto diventare uno studio condiviso per pittori, sotto la guida dell'amico fraterno Guaguin. Il progetto non si realizzò mai ma quella casa studio divenne il suo rifugio fino al periodo di degenza presso l'ospedale psichiatrico di Saint-Remy de Provence. Attraverso i suoi dipinti scaviamo anche un po' nel suo animo. Fu un periodo intenso e prolifico. Un biennio di fervida attività ma di grande solitudine. In realtà Van Gogh non ha mai avuto battute d'arresto nella sua arte. Anche quando lasciò il Sud per trasferirsi di nuovo al nord la sua attività continuò incessante. Dipingere era vitale per lui. Ossigeno, cura, bisogno estremo, luce per l' anima. Quali altre svolte e slanci avrebbe potuto imprimere alla sua arte se non avesse compiuto un gesto estremo lasciando dietro di sé un mondo di colore e una profondità di pensiero impressa anche in quel carteggio serrato che ebbe con il fratello Theo e che non cessò mai di esserci nemmeno nei momenti più bui.
Il documentario ci mostra anche i quadri meno noti di questo periodo e lo fa, rapportando sempre tutto alla sensibilità e alla vita personale di un uomo che, oltre ad essere stato un valente artista, era prima di tutto un uomo in lotta con sé stesso per accettarsi, farsi accettare dagli altri ma soprattutto per trovare pace e amore che potessero salvarlo dall' infelicità terrena.
Virna Castiglioni
Hugh Grant in un ruolo inedito, molto lontano dalle interpretazioni spassose e leggere, alle quali ci ha da sempre abituato in passato. Nonostante il personaggio da lui interpretato sia distante dal suo solito la prova che fornisce al pubblico è decisamente convincente. Nei panni di Mr. Reed si trasforma in un maniaco, studioso intransigente della religione, utilizzando questa sua ossessione per biechi scopi di perversione e sadismo. Hugh Grant è abile nel calarsi totalmente nella mente di un uomo disturbato attratto dal sacro per distorcere e manipolare a suo piacimento. La storia è un horror sostanzialmente classico nell' impianto. Due giovani ragazze "sorelle" appartenenti alla chiesa mormona denominata Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni si sposta all' interno della comunità per portare il messaggio a quante più persone possibili e fa visita domiciliare a chi esprime il desiderio di approfondire la dottrina che sottende a questa comunità di credenti. Le due novizie sono due ragazze che interpretano in modo impeccabile le contraddizioni e l'entusiasmo con cui un giovane può essere attratto e venire coinvolto da un ideale che sente puro e al quale non esita a dedicarsi anima e corpo pur di diffondere il verbo al quale crede. Opposte fisicamente: una mora, più forte e determinata, sicuramente più segnata dalla vita, l'altra bionda più ingenua e delicata, più infantile e più dolce. Entrambe unite e legate da una missione comune che le fa apparire complici e molto affini nonostante i percorsi di vita molto differenti.
Gli altri elementi presenti nella storia non sono molto originali. C'è una casa isolata al limitare del bosco, un clima esterno che si fa sempre più infausto, un tempo sospeso fra un' apparente normalità e un presagio oscuro. La regia fa un ottimo lavoro nel tenere costantemente sulla corda lo spettatore, anche se le intenzioni malvagie del padrone di casa sono facilmente intuibili già dalle prime battute e dalle prime mosse. Il gioco psicologico al quale l'eretico sottopone le sue vittime sacrificali è svelato quasi subito e si cela dietro una comune porta. Da questo punto in poi il film gioca tutte le sue carte appoggiandosi ad un' ottima sceneggiatura.
I dialoghi che vengono recitati sono di spessore, non sempre facili da seguire perché in alcuni passaggi forbiti e profondi ma conferiscono la giusta dose di drammaticità risultando sempre molto puntuali al contesto nel quale sono inseriti.
Lo spettatore è in ascolto di una predica che contiene svariati elementi culturali, rimandi e correlazioni che rendono il tutto molto logico e non fanno altro che alimentare interesse in un crescendo tensivo efficace. L' eretico ha una sua precisa teoria, la spiegazione è dettagliata, la circostanzia con esempi calzanti, la rafforza prendendo a prestito esempi nel campo musicale e anche servendosi di un gioco di società che ha cresciuto milioni di generazioni in tutto il mondo.
La colonna sonora che, in alcuni momenti diventa esplicativa per lo sviluppo della trama e congeniale ad accrescere la suspence, contribuisce a rendere tutto molto contemporaneo. Non delude nemmeno il finale che, oltre ad inserire colpi di scena, si arricchisce anche di un messaggio di speranza che congeda in modo graduale, servendosi di un' immagine alquanto dolce e delicata.
Virna Castiglioni
Straniante ritratto di un giovane che non si omologa, non si adatta, rifugge le categorie e sembra inventarne una tutta sua che non ha voglia di condividere con gli altri. Racconto per tratti, per digressioni, per sommi capi, per tappe. Ci sono quelle fisiche che segue il personaggio che da Palermo si sposta per raggiungere la sorella più grande a Londra ma poi rifugge per la medievale Siena per poi scappare ancora nella cosmopolita Milano e ancora nella esoterica Torino per poi concludere il suo viaggio alla ricerca delle radici di nuovo al sole della sua terra natia sicula. Un film che racconta del tormento, del viaggio interiore che ognuno fa dentro sé stesso, per poter trovare una direzione fuori. Il protagonista di questo racconto è respingente quanto grazioso. È un cucciolo, un fratello minore, un compagno di scuola al quale si è comunque affezionati anche se non brilla e non balla. Un imbranato che non c'è anche quando c'è. Leonardo Gravina detto Lele è un outsider, non ha bisogno del gruppo ma anzi lo rifugge come se ne potesse venire contaminato. Puro e innocente alla ricerca di un piacere sempre e solo solipsistico. Da non condividere. Geloso della sua privacy al punto da non permettere a nessuno di invaderla. Piuttosto si impegna a raccontare bugie a chi vorrebbe saperlo integrato, benvoluto, immaginarlo normale fare le cose che a diciannove anni fanno tutti. Già tutti ma non lui. Lele è un alieno costretto a vivere negli anni 2000 quando avrebbe tanto desiderato vivere al tempo di Dante. In questo film ci sono delle felici intuizioni che vengono però subite abbondanate. Un gettare il sasso e ritirare prontamente la mano. Alla macchina da presa un esordiente che sembra aver tanto da dire ma non riesce ad arrivare fino in fondo. Soprattutto ad arrivare con convinzione. Il giovane attore scelto, sebbene bravo, regge in toto una sceneggiatura complessa ma non avendo le spalle abbastanza forti per farlo. C'è uno schema abbozzato, uno schizzo che non si concretizza in un vero e proprio disegno.
Peccato perché l' idea di raccontare la giovinezza partendo da una ricerca diversa, senza mostrare i soliti clichés poteva ambire a risultati migliori. Invece assistiamo ad una storia frammentata, troppo parcellizzata che si perde nel particolare per non riuscire mai ad esplodere nel paradigma. Un film che rimane aperto, troppo vago, un contenitore per una riflessione, una fra le tante, sul mondo giovanile oggi così vuoto e mai così ricco di potenzialità. La possibilità di muoversi, studiare all'estero, fare esperienze lontano da casa, vivere contesti internazionali interculturali un tempo appannaggio di pochi e ora alla merce' di tutti, sembrano essere diventati solo un altro sfondo che circonda ogni volta gli stessi dubbi, le stesse incertezze, le stesse paure e difficoltà. Essere giovani è sempre un viaggio fatto di pericoli e irto di ostacoli soprattutto messi in gran quantità proprio da sé stessi. Riuscire a sopravvivere a se stessi è la vera competizione a cui si è chiamati, da giovani.
Un film che cerca una sua originalità, non omologato ai soliti racconti post adolescenziali pieni di luoghi comuni e in contrapposizione o con generazioni diverse o con l'intera società. Il messaggio vincente della pellicola così strana e straniante è che si può essere giovani una sola volta nella vita ma solo in giovinezza è tutto nelle proprie mani e in potenza e quello che si deciderà di diventare dipende da quello che abbiamo deciso o non deciso di essere, nel bene e nel male.
Virna Castiglioni
Abbiamo tutti un idolo, un mito vivente, una star che amiamo, ammiriamo e cerchiamo di seguire nella sua carriera supportandolo e non perdendolo mai di vista. Abbiamo bisogno di lui perché ci trasmette emozioni positive, good vibes. Lui stesso, però per esistere, ha bisogno di ognuno di quelli che fanno parte della sua fun base perché gli consentono di mantenere un'aura di importanza che lo consacrano, agli occhi del mondo, una celebrità. Alfred Moretti, interpretato da un' istrionico John Malkovich in grande spolvero, è un cantante pop che decide, dopo svariati anni di assenza dalle scene pubbliche, di ripresentarsi al mondo con la pubblicazione di un nuovo album. Per il lancio di questo nuovo disco invita personalmente un gruppo composto da influencers e giornalisti nel suo ranch privato, per un' esclusivo show case che possa renderlo agli occhi della stampa, degli ammiratori e del mondo intero ancora il numero uno. In questo ristretto gruppo di eletti è presente una giovane redattrice che sogna di scrivere ma sa bene che per arrivare dove vuole deve prima passare per alcune tappe intermedie obbligate. Prima di tutto riuscire a scrivere di persone famose, secondariamente diventare essa stessa celebre. A questo punto il gioco è fatto e si può scrivere di ciò che si vuole. Per questo, anche se scettica, accetta di buon grado l'invito insolito e totalmente inaspettato e si getta anima e corpo in questa nuova avventura.
I giornalisti, dopo un' accoglienza in grande stile anche se decisamente sopra le righe, avranno a disposizione un maggiordomo privato che diventerà la loro ombra e li seguirà ovunque. Forse la prima pena di una legge del contrappasso da subire. Se il giornalista insegue la star per agguantare lo scoop essere pedinati, a propria volta, è la giusta vendetta. Anche gli indispensabili, inseparabili strumenti di lavoro sono sequestrati e non rimane che tornare ad utilizzare carta e penna, come agli albori della professione, per fissare impressioni e prendere appunti utili a redigere un pezzo ad effetto. Quando però la situazione comincia a diventare preoccupante ma soprattutto risulta evidente che l' invito sottende ad un disegno criminale che li vorrebbe tutti morti possibilmente senza lasciare tracce il film acquista una veste decisamente più interessante. La giovane redattrice tenterà una fuga disperata che la porterà in salvo lontano dal male. Sembra tutto finito. Un incubo concluso. Anche grazie a questa terribile esperienza la giovane diventa una famosa scrittrice. Il libro ha come focus proprio la vicenda del sequestro nella tenuta del cantante. Per l'occasione del lancio si organizza anche un incontro in carcere per incontrare l' artefice di tutto che, nel frattempo, è stato assicurato alla giustizia.
Le sorprese narrative non sono affatto finite. Fino alla fine siamo bombardati da colpi di scena che ribaltano la situazione e complicano la faccenda.
Un film che fa dei risvolti meno prevedibili il suo punto di forza e gioca nel presentare uno scenario che nasconde spesso il suo esatto contrario.
Il racconto è un compendio di luoghi comuni che vengono piano piano smontati e ridicolizzati.
Quello che riteniamo essere un Dio è spesso un diavolo e lasciarsi trasportare completamente rapiti è il primo passo per finire spesso succubi di un piano che prevede per noi il ruolo di vittime sacrificali utili a gonfiare sempre più l'ego già ipertrofico di chi ritiene di essere il più grande di tutti.
Virna Castiglioni