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Visualizza articoli per tag: virna castiglioni

Il quadro rubato

Mercoledì 30 Aprile 2025 20:58

Al centro della narrazione un oggetto inanimato ma di grande valore sia economico che affettivo ma soprattutto riconosciuto di importante rilevanza mondiale. Un oggetto che per i più è semplicemente un quadro, un disegno ben eseguito, un abbellimento da esibire su una parete ma che per chi se ne intende davvero e ha fatto dell'arte il fulcro della propria carriera potrebbe invece rappresentare l'occasione della vita e il motivo per consacrare il proprio operato e accrescere il proprio prestigio a livello internazionale. Non si tratta infatti di un quadro qualsiasi ma di una tela che si pensava fosse andata distrutta, trafugata dai nazisti nel 1939 che nei loro scellerati piani avrebbero voluto fare piazza pulita di tutto ciò che non era riconducibile alla razza ariana e non ne incarnava i valori ritenuti fondanti.

"I girasoli" di Egon Schiele riappare in Francia al pari di un miracolo, in una modesta casa abitata da un giovane operaio. Il ritrovamento genera iniziale scetticismo perché la notizia, se fosse vera, sarebbe una di quelle rivelazioni capaci di fare tremare i polsi anche ai più esperti intenditori. Il protagonista è infatti un famoso battitore d'aste e la sua reazione iniziale è cauta e misurata perché sa bene che i facili entusiasmi sono anche i primi destinati a spegnersi in breve tempo. Eppure qualcosa gli fa propendere per arrischiarsi in un approfondimento andando direttamente di persona a Mulhouse, nella periferia parigina, per verificare che non sia davvero un falso e una conseguente delusione. In questo viaggio personale ma anche collettivo si fa aiutare da una ex moglie nonché collega e da una sua giovane stagista. Entrambe queste figure rimangono però appena delineate e accennate forse anche per ribadire la prevalenza e l'egemonia maschile nel mondo delle case d'asta.

Interessante l'indagine registica del punto di vista di ognuno dei molteplici personaggi che ruotano intorno all'opera d'arte ritrovata. Vengono esplicitati in modo molto particolareggiato sia gli umori che i pensieri che dettano i comportamenti dei tanti attori in scena. Un film corale dove il vero assoluto protagonista rimane sempre questo quadro di rilevanza e di fama mondiale. "I girasoli" di Egon Schiele sarebbe in grado di modificare le vite di tutti i personaggi coinvolti, qualora si riuscisse a pilotare il ritrovamento a proprio esclusivo vantaggio. La regia crea la giusta suspence che ci fa conoscere i retroscena di un mondo patinato ma che nasconde dietro la rilucente bellezza e il fascino ammaliatore sordide nefandezze soprattutto quando si ha la possibilità di condurre a proprio favore il gioco e si ha la fortuna di imbattersi in persone umili ma soprattutto ignoranti in materia che non hanno contezza di ciò che capita loro tra le mani.

Queste persone poco istruite, smaliziate, che si imbattono in opere d'arte senza capirne il senso ultimo rappresentano la parte genuina e vera al cospetto di giganti della menzogna capaci di manipolare e raggirare, senza troppi sensi di colpa destreggiandosi tra sgambetti e affondi. Il loro atteggiamento sembra quasi di fastidio perché non capiscono fino in fondo il valore che rivestono certe opere e sono scettiche nel vedere una tale partecipazione e un tale interesse riposto nei confronti di un oggetto che è rimasto appeso ad una parete senza che ricevesse alcun riguardo e sopra il quale si è sempre gettato uno sguardo superficiale. Forse rivestiva più appeal quel tiro al bersaglio che gli faceva compagnia sul muro. La felice intuizione di un amico di famiglia cambierà le sorti di molti. Un film che scopre le sue carte piano piano, che non ha fretta di bruciare le tappe, che fa degli sguardi e dei silenzi il suo punto forte. Per tutto il tempo vuole dirci che le scoperte più strabilianti e memorabili a volte sono il frutto di mere casualità e solo la fortuna di trovarsi al momento giusto nel posto giusto può contribuire a fare emergere tesori che si pensava fossero andati perduti per sempre. Il film mette bene in evidenza la miopia nazista intenta nel perseguire uno scopo di malvagio terrore non portando rispetto per nulla e nessuno che fosse anche solo d'intralcio al piano scellerato di conquista e sottomissione di un popolo ritenuto il male assoluto. Un film che illude lo spettatore facendo presagire prima o poi un clamoroso coupe de theatre facendo di tutto per far credere che sta per verificarsi la meno probabile delle ipotesi. 

Virna Castiglioni

Moon il panda

Giovedì 17 Aprile 2025 15:07

Il panda è un animale sacro, protetto, tutelato ma soprattutto per il suo aspetto buffo e pacioso è amato proprio da tutti, in primis i bambini che lo chiedono come peluche da stringere e coccolare prima di dormire e fare bei sogni. In questo film "Moon" è un cucciolo vero trovato da Tian mentre si trova in vacanza dalla nonna paterna nella foresta cinese dello Sichuan. Decide di chiamarlo in questo modo perché la sua testa ricorda una luna piena. Questa permanenza dovrebbe costituire una sorta di castigo nelle intenzioni del severo padre per l' insuccesso scolastico ma si rivelerà invece una splendida avventura di scoperta e amicizia. Tian è un dodicenne senza amici che passa le sue giornate attaccato ad una consolle di videogiochi vivendo una realtà parallela come se il mondo reale non gli interessasse ma è un ragazzino intelligente e sensibile che ha solo bisogno di un po' di fiducia per aprirsi al mondo ed esprimere tutto il suo grande potenziale. Ha una sorella maggiore, Liya che è la gioia e l'orgoglio dei genitori ma anche lei scoprirà di essere prigioniera di un ideale di perfezione che non esiste e se ne libererà.

In questo percorso di crescita e di consapevolezza di sè per entrambi i fratelli sarà fondamentale il ruolo della nonna, autorevole ma mai autoritaria, ferma e decisa senza mai smettere di essere anche dolce e comprensiva.

"Moon" è uno delicato e poetico film per ragazzi. Non tanto e non proprio per bambini piccoli perché si toccano temi delicati e profondi che non possono ancora essere ben compresi da chi ha ancora poca o pochissima esperienza di vita. Il cucciolo di panda, però, affascina proprio tutti: grandi e piccoli in un coinvolgimento totale in una storia di amicizia e profondo rispetto che fa bene al cuore.

Il film si fa portavoce anche di un messaggio di tutela e preservazione della specie animale, qualunque essa sia. Non si dovrebbe mai avvicinare un animale selvatico e non si potrebbe, per il suo bene, invadere il suo habitat e il suo spazio vitale. Il panda non fa eccezione e nonostante la vicinanza fra Tian e Moon sarà fondamentale comprendere che ognuno deve poter vivere nel suo ambiente naturale senza forzature. Il legame speciale fra i due anche se dovrà interrompersi continuerà a distanza perché quando due anime si incontrano rimarranno connesse e unite per sempre.

Virna Castiglioni

Drop - Accetta o rifiuta

Giovedì 17 Aprile 2025 15:13

L' apertura è al cardiopalma: una giovane donna è una maschera di sangue e subisce l' aggressione spietata di un uomo ma non se ne intuisce il movente e tantomeno il destino che lega i due personaggi. Poi il film si apre con una scena familiare che vede di nuovo la donna sorridente anche se un pò agitata intenta a prepararsi per un appuntamento galante. L'uomo che sta per incontrare non lo ha ancora mai visto di persona ma solo dietro il vetro di uno smartphone come ormai avviene per migliaia di relazioni che passano prima dai social e poi forse si concretizzano anche nel piano della realtà. La donna è davvero molto bella e il suo incedere con un abito succinto e scollato di velluto bordeaux catalizza in toto l' attenzione. Una volta arrivata nel luogo scelto per l'incontro sembra tutto perfetto. Il locale è un famoso ristorante stellato ai piani alti di un grattacielo con una vista mozzafiato. Anche il suo accompagnatore si scopre essere un uomo giovane e affascinante con tutte le carte in regola per farle passare una piacevole serata. Tutto sembra procedere per il verso giusto. Appena ha inizio la cena invece, come se fosse il segnale convenuto, avrà inizio per lei un incubo messo a punto da un misterioso uomo o donna che si diverte a giocare con lei attraverso l'uso del telefono. Il game ha sempre lo stesso rigido schema. Il molestatore interroga la sua vittima con una domanda con due possibili scelte di risposta una delle quali è sicuramente sbagliata e la farà precipitare sempre più nel rischio. Il passo falso, se compiuto, espone il suo piccolo bambino, che è rimasto a casa accudito dalla sorella, in una situazione di estremo e irreversibile pericolo. La donna è infatti una madre single perché l'ex marito era un violento e, prima di togliersi la vita, ha fatto passare a lei e al figlio momenti di terribile paura. Già una prima mancanza del film è questa prima parte che rimane come un flash per nulla approfondita e non si collega veramente al resto del racconto. Un incipit che avrebbe potuto essere meno pesante e con meno strascichi psicologici per legarsi meglio al resto della storia. La parte centrale del film è tutta incentrata sul gioco di ruolo al telefono. Gli ordini e i comandi da parte dello stalker diventano sempre più imperiosi. Lo schema è ripetuto fino allo sfinimento e non è nulla di originale. La trama non presenta azioni né troppo disturbanti ma nemmeno troppo spaventose. Il più delle volte suscitano invece l'ilarità dello spettatore che se all' inizio non sa bene come interpretare il gioco ne avverte dopo poco la mancanza di una vera suspence. 

Il film ha però il plauso di farsi seguire senza annoiare e fa crescere la voglia di vedere quale potrà essere il finale che si sceglierà di rappresentare.

La lunga scena finale che vede il gioco pericoloso ormai finito perché smascherato e ribaltato a favore della vittima innocente è infarcita da una lunga serie di mosse che hanno dell'incredibile ma soprattutto dell' inverosimile, sono platealmente delle iperboli e delle esagerazioni che non riescono nell' intento di colpire essendo troppo surreali. Viene costantemente da pensare che sia tutto troppo esagerato però, pur essendo un palese difetto, ne costituisce anche il principale pregio. Il film, grazie a queste evidenti gonfiature, diventa puro intrattenimento, non fa calare l'attenzione, anche se riesce solo in parte a cogliere di sorpresa oppure ad impaurire. Succede davvero troppo e tutto insieme e quando la tensione (non c'è né mai stata una vera e propria) cala del tutto siamo ancora una volta poco sorpresi dal lieto fine zuccheroso fino all' eccesso. Tutto bene quel che finisce bene ma quello che c'è nel mezzo è un discreto guazzabuglio che sortisce l' effetto opposto per il quale era stato messo in atto. 

Un film rivedibile nelle dinamiche con un' apertura e una chiusura che non si amalgamano in modo fluido al resto del racconto come se esistesse un corpo centrale e un incipit e una chiusura messe lì un pò a caso, senza troppo pensarci. 

Virna Castiglioni

Segreti Sepolti

Sabato 03 Maggio 2025 16:50

Un vedovo affranto per la scomparsa prematura della moglie ha un incontro al buio con una donna nel suo ristorante che ha un' ubicazione particolare. Si trova all'interno di un cimitero che accoglie speciali tombe tecnologiche progettate affinché i parenti possano continuare a vedere decomporsi il cadavere dei propri cari. Il progetto di questi cimiteri sui generis ha un enorme successo tanto che anche investitori stranieri sono interessati ad esportarne il business nei loro Paesi. Il film ha il suo punto focale e nodale nella figura di Karsh, interpretata con la consueta bravura, da Vincent Cassel. L' attore francese attua su di sé una trasformazione fisica che lo rende molto simile all'aspetto esteriore del regista che, come il personaggio, ha subito il lutto vero dell' amata moglie. Karsh si muove in maniera elegante, con discrezione, senza dare troppo nell'occhio, in un mondo che fa del mistero il suo principale appeal. Attraverso le sue frequentazioni che si mantengono tutte in una cerchia ristretta apprendiamo segreti inconfessabili di un uomo con più di uno scheletro nell'armadio. Ha una cognata, che assomiglia in modo quasi gemellare alla sorella ma ne è diametralmente distante dal punto di vista caratteriale, un ex cognato che è coinvolto nella progettazione del software che consente di rimanere in contatto con i propri defunti attraverso uno schermo che riporta l' evoluzione del corpo inumato e avvolto in un'avveniristico sudario. Una moglie morta, sempre presente anche in assenza, che continua a condizionarlo e a determinare le sue scelte di vita, come se non fosse mai andata via, rimanendo la bussola del suo baricentro.

The shrouds - segreti sepolti ha una trama complessa che necessita della massima attenzione per essere capita e che avanza per piccoli passi, in una dilatazione temporale in cui ci si perde. Quando si crede di aver compreso l' intero disegno ecco sopraggiungere un ulteriore elemento che rimescola le carte e fa ripartire da zero con congetture e probabili spiegazioni. 

È tutto molto cervellotico e criptico ma, ad un certo punto, come chi riesce a prendere il bandolo della matassa con un semplice gesto, la materia si sbroglia tutta fino in fondo lasciando scoperta una verità semplice e complessa nello stesso tempo. Coloro che perdiamo continuano ad essere legati a noi stessi da un doppio filo e possiamo solo assecondare questo destino, senza averne paura.

In questo caso una sola immagine riprodotta più volte porta a risolvere l'enigma. Tutto si riconduce all'unica figura importante nella vita dell' uomo, insostituibile, incancellabile, onnipresente ovunque e per sempre, oltre la morte.

Virna Castiglioni

Nella tana dei lupi 2 - Pantera

Domenica 06 Aprile 2025 16:55

Sequel di "Nella tana dei lupi" vede ancora una volta la stessa fortunata coppia composta da Gerard Butler nei panni del poliziotto Big Nick e l'antagonista O' Shea Jackson Jr.  nei panni del bad boy Donnie. Entrambi invecchiati, anche perché nel frattempo tra il primo film e questo sono passati già sette anni. In questo secondo capitolo, lo scenario è decisamente più ampio e la storia cerca di avere un respiro più internazionale. L' azione inizia all' aeroporto di Anversa, poi si sposta al Diamantic Centre di Nizza e si conclude, dopo inseguimenti al cardiopalma, fughe in elicotteri e sparatorie all' ultimo respiro, in Sardegna. Tre locations che vengono rese ancora più interessanti da una bella fotografia e da riprese aeree efficaci, a forte impatto visivo, che coinvolgono lo spettatore e lo lasciano per alcuni istanti senza fiato. Le sequenze dei colpi messi a segno dalla banda criminale, sia quell' iniziale nell' hangar che quello centrale alla borsa dei diamanti, sono girati con una precisione millimetrica riuscendo a restituire molta suspence. Anche lo spettatore ne è coinvolto, sembra anch'esso dover pendere da una corda che oscilla nel vuoto e potrebbe fare fallire il piano da un momento all' altro. Si segue la sequenza con il fiato sospeso. A distrarre chi deve vigilare sulla sicurezza, l'espediente di una partita di calcio importante, che vede tutti incollati allo schermo, come succede anche nella vita reale.

Il film non si discosta nemmeno un po' dai cliché tipici del genere action ma non è propriamente un difetto. Anche senza virtuosismi di sceneggiatura si è comunque rapiti dalla storia e siamo curiosi di capire dove si voglia arrivare soprattutto con l'entrata in scena degli italiani. Purtroppo questi ultimi non brillano e non si fanno ricordare per performances attoriali di alto livello, rimanendo poco più che comparse. Il film gira bene, anche nelle parti più tradizionali, perché la regia è attenta al dettaglio, incastra tutto in modo preciso, non ci sono sbavature. Questa eccessiva apertura finale, prevedibile perché propedeutica ad un terzo capitolo, è fin troppo apparecchiata. Un film che non si può annoverare fra i capolavori del genere ma che conserva una sua dignità resa soprattutto dalle scelte di regia che sanno calibrare i momenti più adrenalinici con quelli di maggiore concentrazione e concatenazione puntuale degli eventi.

Virna Castiglioni

Senza Sangue

Giovedì 10 Aprile 2025 17:01

Per la sua sesta direzione Angelina Jolie prende in prestito la storia raccontata in un romanzo di Alessandro Baricco del 2002 edito da Rizzoli. "Senza sangue" è l'adattamento cinematografico di un breve testo di appena cinquanta pagine di questo raffinato autore italiano.

La prima lunga sequenza è una sparatoria che uccide quasi tutti i membri di una famiglia.  Gli antefatti di questa cruenta azione non sono noti e di conseguenza non si è edotti relativamente al motivo di tanta e tale ferocia.

Solo una bambina sfugge alla furia cieca degli assalitori perché nascosta in una botola. 

Dopo questo incipit così veloce e concitato il film rallenta la sua corsa, entra in una dimensione decisamente più intimistica, si fa cinema di sguardi e di dialettica. 

La bambina è ormai una donna adulta e si presenta al cospetto di chi allora le aveva salvato la vita, non rivelando agli altri componenti della banda criminale il suo nascondiglio improvvisato.

Da questo punto in poi la regia mette in scena un vero e proprio duello di parole, di alterne argomentazioni, di silenzi, di non detti, di giustificazioni, di ricostruzioni meticolose ma diametralmente opposte di un passato che ha segnato le vite di entrambi i protagonisti.

È un continuo passaggio di testimone tra la verità ristabilita dalla donna e quella invece esposta dall'uomo che, all' epoca dei sanguinosi fatti, era solo un'adolescente, costretto a seguire le direttive dei grandi anche nel torto e nella violenza perpetrata ai danni di persone inermi e forse anche innocenti.

Il racconto è una corda tesa fra due primi piani strettissimi che inchioda lo spettatore a seguire un vero e proprio match, come durante una partita di tennis. La parola si fa arma tagliente,  stampella del ricordo e si alimenta di odio e veleno per infliggere la stoccata finale, in attesa della risposta.

Gli attori protagonisti sono efficaci in questo scontro puramente verbale, usano i loro sguardi penetranti, le loro movenze, i loro silenzi come giocatori professionisti di scacchi che riflettono e meditano la mossa prima di presentarla con sicurezza all' avversario. 

Si sceglie un finale non cruento come ci si potrebbe aspettare non perseguendo la direzione più ovvia.

Si mantiene una conclusione aperta, lasciando allo spettatore l'onere di stabilire quale potrebbe essere stata la vendetta per colui che ha avuto un moto di pietà e ha disobbedito in forza di una coscienza individuale, permettendo che si arrivasse a questo confronto.

Un film che ha sicuramente un punto di forza nella scrittura dei personaggi e nei dialoghi che riprendono interi passi del romanzo che però avrebbe dovuto cercare una maggiore vicinanza fra un incipit totalmente muscolare e fisico e un secondo tempo troppo cerebrale e psicologico. 

Virna Castiglioni

Arsa

Giovedì 24 Aprile 2025 17:05

Su di un'isola, in uno spazio naturale, sospeso, selvaggio e solitario vive una ragazza altrettanto sola e misteriosa che si arrangia a fare tutto come una piccola Robinson Crusoe. Osserva il mondo da un binocolo rimanendo a distanza di sicurezza, volutamente ai margini, priva della tecnologia che ha invaso e fagocitato le vite di tutti. Mangia quello che trova, cucina con una bombola a gas, si veste di stracci e non ha paura di scorticarsi le gambe mentre esplora il suo territorio, la sua vera casa.

Raccoglie per tutta l'isola i rifiuti che i turisti, senza pensarci troppo, dimenticano o scientemente abbandonano quando hanno finito di servirsene, incuranti di sporcare uno degli ultimi paradisi terresti rimasti sulla Terra. Gira l'isola con un sacco enorme che trascina sulle sue magre spalle, come il guscio della tartaruga e, si preoccupa di recuperare questi oggetti brutti, rotti, spaiati, a volte smembrati dalla forza dei marosi, piegati dalle raffiche di vento, scoloriti dal sole e distrutti dalle mareggiate per dare loro, con amore e dedizione, una nuova seconda vita. 

Ha una sorta di laboratorio che assomiglia a un sottomarino spiaggiato dal quale si protegge da occhi indiscreti e, nel contempo custodisce i suoi tesori, come se fosse una galleria d'arte sui generis.

Il film crea un parallelismo con l'infanzia di Arsa che passava le sue giornate nello studio del padre, un artigiano che per lavoro creava statuine souvenir per turisti annoiati che il più delle volte hanno solo voglia di portare con sè un ricordo qualsiasi e non badano molto al bello, al valore artistico, all'unicità del pezzo, anzi finiscono per comprare sempre le stesse cose dappertutto. D'altronde, sempre più spesso, i medesimi oggetti possono essere acquistati identici ad ogni angolo di mondo. Ormai grazie alla globalizzazione il mondo è diventato sempre più piccolo e senza sfumature, piatto, identico ovunque. 

Eppure chi è artista nell'animo sa che l'arte va tutelata, rispettata, e se possibile protetta da un mercimonio che la svaluta e la svilisce.

Il processo creativo è sempre scevro, in prima battuta, da un ritorno economico e chi crea ha come obiettivo quello di incantare e stupire il suo pubblico e mai solo di potersi arricchire. Questa dicotomia di intenti è ben rappresentata nel film da un alterco fra il padre che mette anima e corpo nel suo lavoro e un capo interpretato da un sempre convincente Tommaso Ragno, che anche in questo film nonostante una sua fugace apparizione illumina la scena, che invece ribadisce che gli oggetti devono solo sembrare belli e non esserlo per forza.

Il mondo di Arsa sembra tutto racchiuso in un pezzo di cielo su una spiaggia che si getta in un mare che nelle sue profondità custodisce pane e ricchezza, segreti e la vera, autentica, bellezza.

Quando in questa apparente normalità fatta di niente che però assurge a tutto irrompe un gruppetto di tre ragazzi il mondo così piccolo ma sicuro di Arsa va in crisi. La corazza che si è costruita si incrina e sembra poter fare entrare aria fresca, luce nuova ma non sarà ancora pronta per lasciare la fanciullezza e nuotare in mare aperto come l'età adulta impone. 

Un film pieno di simbolismi, di spunti di riflessione, che si presta a tante interpretazioni differenti, che mette sul piano tanti temi ma poi non riesce ad esplorarli nella giusta profondità e dimensione. Rimane un'opera interessante ma incompiuta. Gli attori sono eccellenti a partire da Gala Martinucci. Alla sua prima prova attoriale fa intuire un grande talento che, se ben diretto, darà sicuramente i suoi frutti.

Un'occasione di cinema innovativo ma che rimane con un senso di abbozzato che un pò delude e un pò rincuora per il coraggio dimostrato di cercare di fare qualcosa di diverso, sebbene imperfetto. 

Virna Castiglioni

Mauro Corona - La mia vita finché capita.

Domenica 04 Maggio 2025 17:10

"Mauro Corona è uomo iniquo e perverso, non pregate per lui, è tempo perso"

Questa la frase da monito per lo spettatore in apertura film.

Mauro Corona, intimo, privato, lontano dall'immagine restituita dalla TV generalista dove appare spesso sopra le righe. In questo film documentario si cerca di raccontare la sua storia privata molto più di quella pubblica. Mauro Corona riflette sul tempo che è passato, sul ricordo, sulla vita che è per tutti un pezzo di legno da forgiare usando la sgorbia dell'esperienza non avendone paura ma domando questo sentimento e cercando di trarne coraggio. Un racconto che si intreccia anche con la storia di Erto, Casso e Longarone e quella terribile tragedia insabbiata, nascosta, taciuta per troppo tempo, che è stata la diga del Vajont. Un posto magico, incantato, incastonato come diamante tra le splendide montagne dolomitiche. Le alpi friulane che sanno essere ricche di suggestione ma sono anche aspre, impervie e selvagge. Mauro Corona si confronta con amici.  Tra i tanti, tre sono protagonisti di questo racconto biografico. In ordine di apparizione Piero Pelù, Erri De Luca e Van De Sfroos. Accolti nella sua Erto, fra le sue montagne, nei luoghi che conosce come le sue tasche e che porta nel cuore anche quando se ne allontana. Nel suo laboratorio-studio di sculture in legno di cirmolo che profuma e suona una melodia malinconica e seducente. Mauro Corona scalatore, scrittore e scultore ma soprattutto uomo segnato da dispiaceri, rimorsi, rimpianti. Figlio, padre, amico, fratello. Un uomo che ha vissuto senza carezze ma ha imparato che anche le sberle lo possono diventare cambiando atteggiamento e utilizzando un'arma potentissima quale è il perdono. Il documentario ha un montaggio efficace che alterna momenti più intimi e raccolti a parti più dinamiche dove si possono ammirare i meravigliosi spazi aperti di una natura che ha ripreso il suo posto dopo la tragedia della frana che ha cancellato e cambiato per sempre la conformazione del paesaggio. Luoghi dove si respira ancora il ricordo di tante, troppe anime, sacrificate in nome di un potere effimero e del vil denaro.

Un film che non vuole né incensare né condannare ma semplicemente raccontare una storia di vita, al contempo comune e straordinaria, come lo sono tutte le storie di vite umane al di là dei riconoscimenti, dei premi e dei successi che, come disse Rigoni Stern in punto di morte, sono solo "cose da niente".

Quello che davvero importa lasciare dopo di sé, come sottolinea Erri De Luca, è solo una buona reputazione. Tutto il resto sarà dimenticato come è giusto che sia. Per ricominciare a cercare nuove strade e nuovi sentieri. Il documentario si conclude con una nota ironica più aderente allo stile del personaggio televisivo che si è  costruito nel tempo per ricordare quanto la vita sia pesante da portare se non ci si impegna a renderla più leggera con ironia. 

Anche con un buon vino, una passeggiata con un amico, una coccola al proprio animale domestico ma soprattutto facendo quello che ci fa stare bene senza fare del male agli altri. Grazie Corona per questi semplici consigli ma che non riusciamo troppe volte a mettere in pratica sopraffatti da distrazioni superficiali ma soprattutto convinti di non averne bisogno perché ritenuti inutili o superflui. 

Un film semplice ma che riserva qualche gradita sorpresa fino alla fine. Con un accompagnamento musicale dolce che fa da contraltare alla prosaicità di certe affermazioni e a qualche parolaccia che ogni tanto scappa.

30 notti con il mio ex

Lunedì 14 Aprile 2025 17:26

Terry è sempre stata chiamata così perché non è mai cresciuta del tutto. Un po' naif, infantile, ingenua e leggera ma buona e gentile. Dice sempre quello che pensa, senza filtri, non preoccupandosi delle conseguenze. Trasparente come un vetro dal quale guarda gli altri intorno a sé senza sentirsi mai completamente accettata e amata per quello che è.  Si trova da tempo in una comunità psichiatrica ma il suo percorso terapeutico prevede un ritorno in famiglia per un periodo di prova di trenta giorni. Ad attenderla l' ex marito Bruno, per nulla desideroso di tornare a convivere con una mina vagante, soprattutto ora che sembra aver trovato un equilibrio con la figlia adolescente e alle prese con un amore fresco che sta crescendo. Sul lavoro c'è qualche problema ma lui è il titolare e crede di potersi fidare ciecamente dei suoi collaboratori. La sua attività è un mezzo per avere stabilità e benessere. Il sogno vero  di gioventù era però su un tappeto verde a correre dietro ad un pallone ma, si sa, la vita non va mai come ce la siamo immaginata. Il film purtroppo è un lungo susseguirsi di luoghi comuni, di battute prevedibili, di situazioni scontate, di snodi narrativi banali che non rendono un buon favore al tema della malattia mentale e nemmeno hanno il vantaggio di alleggerire e sdrammatizzare situazioni che finiscono per sembrare grottesche, forzate. Il cast si avvale di una Micaela Ramazzotti che già si era cimentata in passato in un ruolo borderline con ben altri risultati. Qui risulta una caricatura appesantita da clichés che non rendono un buon servizio al personaggio che interpreta. Edoardo Leo decisamente più convincente anche se la sua recitazione appare trattenuta imbrigliata in una sceneggiatura che non risulta sempre naturale e credibile. Il film viene anche ulteriormente allungato da vicende parallele come lo sgambetto professionale che subisce il protagonista al lavoro che rimane un momento fra i tanti liquidato in due scene che non aggiungono nulla ma tolgono semmai un po' il focus sulla relazione principale.  Anche il rapporto con la figlia è intriso di elementi scontati, poco originali, già fin troppo visti e indagati.

Un racconto che vuole mantenersi leggero, cercare di strappare più di un sorriso ma che finisce per diventare un po' indelicato relativamente al tema della malattia mentale perché viene fatta passare il più delle volte per una stranezza, un vezzo, qualcosa di incidentale che può essere curato solo dall' amore quando invece necessita di un approccio terapeutico più incisivo e decisamente meno all' acqua di rosa. 

Virna Castiglioni

Christpiracy

Lunedì 14 Aprile 2025 17:32
Esiste un modo spirituale di uccidere? Possiamo utilizzare il cibo che abbiamo procurato con l’uccisione di esseri viventi senzienti, senza colpa, se lo facciamo in modo etico? Gesù come avrebbe ucciso un animale? Da questi quesiti nasce il nuovo capitolo d’inchiesta del regista Kip Andersen già autore di altri documentari che hanno indagato i legami fra uso di carne e salute e le commistioni e gli interessi fra industrie della carne e Big Pharma. In Christspiracy, Andersen con l’aiuto di Waters, indaga i testi sacri, la Bibbia, i Vangeli apocrifi ma anche i rotoli del Mar Morto per cercare di dare una risposta a domande così difficili e profonde. Grazie a ricerche dettagliate apprendiamo che la famosa frase attribuita a Gesù relativamente al genere umano di essere superiore e signore di tutti gli esseri sulla terra e nel mare non corrisponde al giusto e al vero. La parola “dominus” non trova corrispondenza con alcun termine ebraico nel significato di padronanza. L’uomo non può fare ciò che vuole perché non è superiore a nessuno degli altri esseri viventi creati da Dio.  Apprendiamo anche che la famosa cacciata dal tempio dei mercanti non si riferisce alla condanna per fare di un luogo sacro uno spazio dedito al commercio e al mercimonio. Si fa menzione invece della pratica diffusa tra i sacerdoti di compiere sacrifici animali. Gesù, che abbiamo sempre pensato essere di Nazareth, non apparteneva ad una comunità che porta questo nome perché in nessuna mappa è presente questo luogo. Fa invece riferimento al fatto che Gesù apparteneva ad un gruppo ribelle che era contrario al sacrificio animale. I nazarei e quindi Gesù è indicato come il Nazareno. Il documentario affronta anche il delicato tema della macellazione. Sappiamo che in due principali religioni il consumo di carne è consentito a patto che si segua un protocollo preciso di macellazione dell’animale. Nella cultura ebraica la metodologia kosher, in quella islamica halal. In entrambi i metodi, con lievi differenze di posizione, l’animale subisce un atto violento che lo porterà alla morte. Non esiste un protocollo da seguire che sia indolore per l’animale e ne sono testimonianza le lacrime che versano questi capi quando sono portati al macello. Una inutile e barbara sofferenza, evitabile.  L’uomo non avrebbe bisogno di cibo animale per vivere.  Potrebbe tranquillamente essere vegetariano e cibarsi di semi, piante, radici, frutta senza infliggere morte e sofferenza ad altri esseri viventi e senzienti. Allora quando è stato possibile questo switch che ha comportato l’affermazione di una cultura di morte? Questa volontà di controllo e imposizione parte da molto lontano, si perde nella notte dei tempi ma ha contribuito a perpetrare un modo distorto di intendere il potere. Non un mezzo per vivere in armonia ma uno strumento per sottomettere qualcun altro. Lo stesso principio che ha pervaso la cultura nazista nel disegno scellerato di oppressione di tutte le minoranze, la cultura machista per cui le donne sono inferiori e se ne può fare l’uso che se ne vuole, la cultura xenofoba, per citarne i principali esempi. Neppure il fatto che non siamo noi stessi a procurare direttamente la morte dell’animale può scagionarci dall’essere colpelvoli, assolti per non aver commesso il fatto, perché ne siamo complici, non del tutto innocenti. Questo documentario, interessante nello svelare molto della religione, ci mostra anche come nei secoli si sia cercato di tenere nascosto il più possibile questo aspetto controverso. Diventa quindi un appello ad unirsi a questo movimento di liberazione che ha come prima tappa quello di prendere coscienza di una pratica efferata e poi interroga sulla legittimità di un comportamento che è stato accettato, interiorizzato ma è il risultato di una manipolazione, di un inganno e lo spoglia del mantello di spiritualità con il quale è stato avvolto per due secoli, facendolo sembrare un atto normale, addirittura indicato e consigliato.
 
Virna Castiglioni
 
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