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Grande successo personale per Eva Henger sul tappeto rosso dell'ultimo Festival del cinema di Cannes, dove il lungometraggio The Contract, scritto da lei e prodotto dal marito Massimiliano Caroletti, ha suscitato grande interesse nel mercato internazionale.
 
Il film vede il doppio premio Oscar Kevin Spacey tornare a lavorare come attore protagonista di un film dopo le accuse di molestie sessuali e le lunghe vicende giudiziarie, ormai archiviate con due assoluzioni per le inchieste di New York e Londra. 
 
 
L'interprete americano è tornato sul set di The Contract per vestire i panni del personaggio principale di un film italiano, scritto dalla Henger qui al suo debutto come sceneggiatrice e assistente alla regia e prodotto da Tm Entertainment di Massimiliano CarolettiIpnotica e Sandro Lazzerini
 
Massimo Paolucci firma la regia di The Contract, che, oltre a Spacey nei panni di un uomo che è l'incarnazione del diavolo, include nel cast altre due star internazionali: Eric Roberts e Vincent Spano.
 

L'Esorcismo - Ultimo Atto

Giovedì 30 Maggio 2024 09:59 Pubblicato in Recensioni
Anthony Miller è un attore alla deriva con un passato da alcolista scaturito dalla scomparsa prematura della moglie. Ha una figlia adolescente (Lee) con un rapporto complicato e tutto è fortemente in bilico tra ricadute pesanti e tentativi di rimanere a galla nonostante tutto.  
Quando una misteriosa morte su un set libera un ruolo da protagonista in una produzione importante si fa concreta per lui la possibilità di tornare a recitare. Dovrà interpretare un prete esorcista. Durante la lavorazione però succedono strani fenomeni e la realtà si mischia prepotentemente con la fantasia. Il film è un tentativo di unire agli aspetti e alle dinamiche più strettamente legate al genere horror/thriller una sottotrama più psicologica e intimistica. Ma è proprio questa seconda parte la più traballante e meno convincente. Il rapporto deteriorato con la figlia, il tema dell’abuso sessuale subito da bambino, la perdita dell’amata moglie, i problemi di dipendenza da alcool e droghe sono solo accennate e mai indagate fino in fondo. Rimangono come un contorno che distrae solamente dal tema principale dei fenomeni di possessione satanica. Anche questa parte però risulta essere davvero una copia sbiadita di altre pellicole che hanno fatto la storia del genere. Il film rimane un contenitore di tanti spunti che forse potrebbero venire approfonditi in un sequel di cui però non si avverte minimamente l’esigenza. L’interpretazione di Russel Crowe è abbastanza convincente ma siamo lontani dalla forza magnetica sprigionata dai personaggi che lo hanno consacrato e fatto conoscere al pubblico mainstream. Un ruolo minore che non aggiunge nulla ma toglie sicuramente un po' di prestigio ad un attore che nel passato ha prestato il suo volto ad operazioni meno commerciali e decisamente meglio riuscite.
 
Virna Castiglioni
 

The Animal Kingdom

Giovedì 13 Giugno 2024 09:52 Pubblicato in Recensioni
In “The Animal kingdom” assistiamo ad un crescendo di tensione e adrenalina che sfocia in una fuga che è anche ricerca della salvezza ma soprattutto accettazione e comprensione dell’altro che non dev’essere necessariamente simile o uguale a se stessi per poter assurgere al diritto di vivere nel nostro stesso ambiente. Francois ed Emile sono un padre attento e premuroso e un figlio adolescente con la voglia di disubbidire per trovare la propria strada. La figura materna è assente perché ricoverata in seguito ad una strana mutazione che la rende sempre più simile ad un animale selvatico e potenzialmente pericoloso. Non è l’unico caso ma una tendenza preoccupante e oscura che interessa una moltitudine di persone che vengono cacciate, assediate, contrastate, catturate e studiate affinché si possa arrivare ad una spiegazione scientifica che consenta di trovare una terapia o perlomeno mettere un argine a questo dilagante, preoccupante e inspiegabile fenomeno. Forse questa cura non è necessaria e si potrebbe trovare un modo per convivere e capire il diverso che attacca solo quando non ha scelta. Sono tanti i temi che si intrecciano in questo film e sono ben indagati per buona parte del film. La sceneggiatura fa un attimo lavoro di collegamento fra il tema fantastico, irreale e quello realistico.
 La vera nota stonata di tutto l’impianto registico è la corsa sfrenata ad un finale indefinito e incerto, sebbene non palesemente aperto, che fa crollare un castello di carte meticolosamente costruito e produce inevitabilmente delusione.
 Vincenti le riprese di lunghi piani sequenza delle azioni di fuga, delle battute di caccia che vedono coinvolti gli umani e i mutanti in una lotta impari perché le nuove creature sono aggressive solo perché spaventate e incapaci di comprendere come riuscire a sopravvivere in un mondo diventato per loro ostile. 
 Assistiamo ad una immersione nella natura più selvaggia che fa da nascondiglio e tana per i nuovi esseri ma che diventa pericolo e trappola per coloro che non sono abituati al suo contatto diretto.
 Fantastici gli interpreti principali che creano una forte complicità e contribuiscono a restituire una storia incredibile con la stessa naturalezza che potrebbe avere un racconto di ordinaria quotidianità.
 Non ci sono tempi morti e lungaggini eccessive. Una dose calibrata di tensione permea tutta la pellicola catturandoci dal primo frame. Non si assiste a nessuna battuta d’arresto che avrebbe fatto correre il rischio di far pensare ad una incongruenza della storia, ad una forzatura eccessiva. Il racconto, invece, nel suo surrealismo si mostra alquanto naturale imprimendo una particolare logicità anche a fenomeni del tutto irrazionali. E’ un film che prende in prestito il mondo fantastico e lo incastra alla perfezione alla storia ordinaria di una famiglia che si trova alle prese con un problema occorso ad un familiare, con la sventura che può colpire all'improvviso e dividere gettando sconforto e paura laddove prima c’era armonia. 
 
Virna Castiglioni 
 
 

Arrivederci Berlinguer

Lunedì 10 Giugno 2024 09:38 Pubblicato in Recensioni
Che non ci sia bisogno di raccontare chi è stato Enrico Berlinguer e che cosa abbia rappresentato nella storia recente del nostro Paese è subito evidente dalla scelta di non parlare di fatti e avvenimenti precisi che lo abbiano riguardato nella sua fulgida carriera. Le tante battaglie, le lotte, le conquiste di un leader carismatico e capace non sono richiamate alla memoria ma lasciate intendere o ricordare per chi ha vissuto in prima linea quegli anni e si è speso per gli stessi ideali. Il documentario è un omaggio all’uomo dietro al personaggio politico arcinoto di cui quest’anno si celebra il centenario dalla nascita in quella meravigliosa terra di Sardegna e già 40 anni dalla prematura scomparsa che ha lasciato orfani un’intera generazione e addolorati e spaesati una moltitudine di compagni e compagne al suo fianco per la difesa di diritti fondamentali. Focus del racconto sono i suoi funerali che videro una partecipazione di pubblico straordinaria e lasciarono un’eco di sincero dolore. Questo politico illuminato aveva davvero anteposto il bene pubblico della Nazione all’interesse personale. Significativa la scelta della colonna sonora che parla al posto del silenzio che, per buona parte del documentario, si sceglie di tenere. “Dirti grazie”, ultima canzone di Massimo Zamboni che congeda lo spettatore è anche il saluto finale dei tanti lavoratori che hanno visto nel compagno Enrico un esempio, una guida, un faro, una luce.
 
Le poche voci presenti sono sempre quelle della gente comune che ha visto in questo uomo colui che poteva prenderli per mano e permettere loro di farsi sentire per ottenere un cambiamento migliorativo della loro condizione. Enrico statista era ed superfluo da raccontare per le sue gesta politiche. Si sceglie di rappresentarlo principalmente come amico al pari di chi si riconosceva negli ideali portati avanti con passione e grande slancio. Questo documentario ha decisamente un’anima rock. Anche il commiato a questo leader politico per tanti aspetti può essere accostato per dimensioni ad un concerto di una band planetaria. Il pugno chiuso, le rose rosse, le bandiere a formare un fiume sono i simboli di chi rimarrà a imperitura memoria e testimonianza di un passato che non si scorge minimamente la possibilità che possa tornare in auge eppure il titolo è un saluto che è anche un augurio come tutte le volte che siamo costretti a separaci da chi amiamo, stimiamo e ammiriamo e quell’arrivederci è anche un ponte che si spera di poter ripercorrere per incontrarsi di nuovo a metà strada con qualcuno che ha preso il testimone e lo porta avanti con fierezza e determinazione.
 
 
Virna Castiglioni