Uno straordinario ritratto di una donna forte, resistente, combattiva, che ha scelto, autoimponendoselo, la vita nonostante tutto.
Dopo una brutta depressione ha deciso di raccontare al mondo quello che aveva vissuto (forse non nella sua più brutale versione come sostiene la figlia minore) per estirpare quel male che a soli tredici anni i nazifascisti le avevano inferto segnandola per sempre. Liliana Segre è una delle testimoni italiane più anziane di quel terribile passato.
Ancora molto lucida e attiva, svolge un' importante lavoro di divulgazione nelle scuole per raccontare ai ragazzi quello che l' uomo è stato in grado di compiere di terribile nei confronti di altri essere umani, suoi simili. Lo spirito indomito che la contraddistingue, le ha consentito di sopravvivere alla prigionia, alla morte del suo amato padre e dei suoi nonni paterni e le ha permesso di poter risorgere dopo un lungo periodo di buio. Liliana Segre è riuscita a superare le sofferenze atroci che hanno provato non solo il suo corpo ma soprattutto la sua anima e la sua mente. Grazie all' amore di un marito amorevole e la gioia di tre figli. Quel numero 75190 tatuato sull'avambraccio e che neppure il tempo trascorso è riuscito a sbiadire è un segno indelebile sulla pelle ma è soprattutto il marchio che racchiude l' abominio perpetratole. La voce calma e pacata di Liliana Segre racconta l'orrore vissuto senza mai mostrare rabbia, perché il male subito non ha saputo annullare la sua educazione, la sua etica, la sua personalità che è rimasta intrisa di cultura di vita. Sempre, anche nei momenti peggiori, quando poteva essere naturale e anche giustificato un ricorso all'odio. Neppure il sentimento di vendetta riuscì a impossessarsi di lei. Nemmeno durante la marcia della morte protrattasi per giorni in fuga dal campo di Auschwitz fino ad un campo più decentrato. Costretta dai suoi aguzzini che, sentendosi braccati cercarono di fuggire occultando le prove delle loro nefandezze, avrebbe avuto occasione per uccidere ma non lo fece. Mai avrebbe potuto diventare un'assassina. Il documentario si fregia di una bella fotografia che riprende dall'alto i luoghi simbolo della Milano, città che le diede i natali, il campo di prigionia fino alle aule del Parlamento insignita del titolo di Senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per finire con l'aula Magna dell'Università Statale di Milano per il conferimento della laurea honoris causa magistrale in Scienze Storiche. Con un sottofondo musicale evocativo che accompagna le parole di questa fragile e forte donna è difficile trattenere le lacrime e, dopo la visione, rimanere indifferenti ripensando al dramma di cui è stata protagonista involontaria insieme a sei milioni di uomini e donne, colpevoli solo di essere ebrei.
Virna Castiglioni