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Occupied City

Venerdì 25 Ottobre 2024 17:02 Pubblicato in Recensioni
"Occupied City" è un film documentario del 2023 diretto e prodotto da Steve McQueen e basato sul romanzo "Atlas of an Occupied City Amsterdam 1940-1945 di Bianca Stitger, moglie del regista.
 
Il documentario è un racconto per immagini dell'evoluzione di una città che ha subito durante la seconda guerra mondiale un duro assedio da parte delle truppe tedesche alla ricerca del nemico ebreo da cancellare dalla faccia della terra con tutti i mezzi possibili.
 
Spietati, crudeli, insensibili a tutto pur di affermare il loro dominio sui territori occupati con sprezzo della vita. Mentre sfilano immagini che mostrano Amsterdam dei giorni nostri che la fotografano cosmopolita, avanzata, miscellanea di stili e culture diverse la voce narrante femminile fuori campo, affidata a Melanie Hyams, sciorina una lunghissima catena di soprusi e ingiustizie prepreparate dai tedeschi durante la loro occupazione ai danni delle minoranze etniche colpevoli di non appartenere alla razza ariana, l'unica degna di esistere.
 
La rappresaglia nei confronti del popolo ebraico si fa sempre più cruenta e non contempla rispetto e riguardo nemmeno in presenza di artisti, musicisti, intellettuali. Il continuo parallelismo fra passato e futuro è molto impattante. Dove prevale la vita si ricorda che nello stesso edificio, nella stessa via, negli stessi luoghi si perpetrava scientemente morte e distruzione. 
 
I rastrellamenti messi in atto nei confronti degli ebrei sono posti a confronto, senza mai essere assimilati, con gli sgomberi e le proteste di piazza che si svolgono durante la gestione della pandemia Sars Cov, i nascondigli durante la guerra con il coprifuoco imposto per ragioni sanitarie durante la pandemia appena passata. C’è un continuo rimando fra un tempo remoto morto e sepolto ma che come un fuoco fatuo potrebbe tornare a soffiare dove c'è vita. 
 
Unica nota calante dell'intero film è sicuramente la lunghezza del minutaggio che supera le quattro ore e si fa ripetitivo e ridondante. L'urgenza del regista sembra essere quella di non tralasciare nessun luogo in una ricerca archivistica accurata e meticolosa. Lo spettatore, d'altro canto, avrebbe potuto accontentarsi di una cernita che fosse la sintesi dell'immenso danno compiuto durante la guerra senza per questo ricevere l'impressione di un racconto superficiale o incompleto. 
 
Virna Castiglioni

L'amore secondo Kafka

Giovedì 31 Ottobre 2024 16:25 Pubblicato in Recensioni

Chi si aspetta un racconto che esplori e approfondisca l'arte sublime di trovare parole per comporre racconti e romanzi ne rimarrà deluso.

Il film non si concentra su Kafka scrittore raffinato e prolifico ma punta tutta l'attenzione sull'uomo privato e sul suo desiderio bruciante di amore. Uomo fragile minato nel fisico da una malattia ancora incurabile per il tempo e protetto in modo soffocante da una famiglia d'origine rigorosa e severa.  L'incontro con la giovane ebrea Dora Diamant, libera e sognatrice, lo trasporterà alle soglie della felicità senza purtroppo avere la fortuna e il tempo di vivere con lei un nuovo inizio. La loro storia d'amore nasce e si consuma nel breve spazio di tempo di un anno che sarà anche l'ultimo terreno per Kafka. Lo scrittore è già malato in una fase terminale e lei sarà il vero unico raggio di sole prima dell'oscurità eterna. Un film che affronta l'incontro, lo sviluppo della passione, l'amore forte e sfidante scegliendo sempre toni pacati e delicati. Non ci sono mai tinte forti, mai contrasti accesi nei confronti di chi ostacola la loro unione ma è tutto vissuto e raccontato come se fosse naturale, quasi normale, come se non ci potessero essere alternative a vivere questo sogno d'amore se non senza eccessi e sempre con un pizzico di rassegnazione.

Questo modo di esporre i fatti sconta il fio di rendere tutto un pò piatto, troppo poco vivido e appassionato.

Si assiste alla nascita e al consolidamento di un sentimento puro, senza calcoli, senza però che vi sia anche quel trasporto e quell'ardore che sono la cifra intrinsecamente connaturata in tutte le laisons sentimentali. Il film si avvale di un'interpretazione perfetta di due attori che dal punto di vista tecnico sono impeccabili. La loro recitazione misurata non lascia trasparire fino in fondo il trasporto, lo struggimento e l'afflato che tutto permea ma si mantiene costantemente tiepida. Un racconto che si fa poesia in immagini avvalendosi di una fotografia struggente e romantica e di una colonna sonora che sottolinea con cura e precisione i momenti più intimi, dolorosi e drammatici di una coppia unita nella vita breve di un destino avverso che non risparmia chi prova un sincero desiderio di affetto.

Solo a latere compaiono rimandi ai celeberrimi romanzi che sono pervenuti fino a noi grazie all'amico fraterno Max Brodi che scelse di non seguire quello che aveva stabilito l'amico prima di morire, distruggendoli per sempre, ma ha permesso che i suoi pensieri e le sue opere fossero non solo risparmiate ma tramandate fino a diventare celeberrime fino ai giorni attuali. 

Virna Castiglioni

Le Deluge

Giovedì 21 Novembre 2024 16:18 Pubblicato in Recensioni
Jodice in questo secondo lungometraggio sceglie di raccontare un momento inesplorato dalla cinematografia. I film sullo stesso argomento che lo hanno preceduto hanno prediletto vicende riguardanti la nascita, la gloria ma mai fin’ora la parte più oscura e infelice della vicenda terrena degli ultimi regnanti di Francia. In "Deluge" il cui titolo mutua la celeberrima frase pronunciata da Luigi XV (dopo di me sarà il diluvio) si accompagnano Luigi Capeto (Luigi XVI) e la consorte Maria Antonietta D'Asburgo-Lorena alle soglie del patibolo che reciderà le loro teste ponendo fine all’ancien regime e spalancando le porte alla Repubblica Francese. Un film intenso che si ammanta di silenzio e si circonda di buio per raccontare la fine di un sogno, di un ideale, di un’epoca, di un destino. I regnanti francesi catturati mentre cercavano la fuga dopo i primi moti rivoluzionari e condotti in prigionia presso il castello Tour de Temple in attesa del processo. Quello che poteva essere solo una parentesi, un momento di stasi divenne invece il preludio della fine. Il film si avvale di un apparato tecnico di eccellente bravura. La fotografia intensa di Daniele Ciprì, i costumi accurati di Massimo Cantini Parrini, le acconciature aderenti alla realtà del tempo di Aldo Signoretti, così come il trucco affidato ad Alessandra Vita e Valentina Visintine, e le musiche affidate al raffinato compositore Fabio Massimo Capogrosso completano un quadro di sofisticata bellezza e armonia. Gli interpreti principali sono perfetti nel mostrare sui propri corpi il passaggio della tempesta in corso. Si abbruttiscono, si deformano, diventano sciatti e volgari come lo stesso volgo dal quale si tenevano a debita distanza come se non fosse responsabilità loro quello che stava avvenendo in silenzio da troppo tempo. Nelle prigioni del castello si fanno sorci che ingurgitano il cibo con le mani scoprendo anzi che possono fare a meno delle posate perché il cibo in questo modo diventa più buono. In un crescendo di climax drammatico si spogliano di tutte le comodità fino a rimanere nudi come vermi di fronte a Dio che li giudicherà per mano violenta degli uomini ribelli ad un destino impostogli per inettitudine e cupidigia senza ripensamenti e cedimenti.
 
 
Nemmeno la bellezza algida ed eterea di Maria Antonietta, l'austriaca, può servire per migliorare o alleviare per un breve tratto le loro pene e quelle dei loro due figli. Il corpo ancora giovane e statuario non riesce neppure ad essere moneta di scambio per ottenere un beneficio come tante volte è stato in passato. E’ semplicemente merce avariata che si svende in cambio di promesse che non verranno mantenute. Un film cupo, lugubre, che mostra il male facendolo sentire attraverso le privazioni e le umiliazioni che si infliggono a coloro che sono stati capaci di ballare quando il loro popolo soffriva, di mangiare prelibatezze quando il loro popolo moriva di fame. Gli ultimi reali francesi incapaci di vedere oltre i loro immensi giardini, egoisti, interessati solo alla propria felicità senza intuire il dolore che aleggiava loro intorno.
 
Ambientato quasi interamente all’interno, in spazi angusti che si fanno via via asfittici, "Deluge" mostra rari momenti in esterna. Gli spazi aperti quando ci sono sono il preludio e il commiato alla tragedia che si sta mettendo in atto. L’arrivo sotto il sole li svela prigionieri anche se loro continuano a sentirsi regnanti mentre il temporale sarà un lavaggio metaforico della sporcizia accumulata e messa per troppo tempo a proliferare sotto tappeti e dietro arazzi.  
 
Un film che con coraggio non fa sconti scegliendo di mostrare il lato più vile e sporco di personaggi che hanno cambiato, loro malgrado, la Storia di un Paese.  "Deluge" restituisce un ritratto spietato e crudele di una coppia convinta di essere predestinata e scelta direttamente da Dio per quel compito e di poterlo fare contro tutto e tutti senza subirne mai le inevitabili conseguenze.
 
Virna Castiglioni
 

The Beast

Giovedì 21 Novembre 2024 16:14 Pubblicato in Recensioni

In un futuro prossimo che si avvicina a grandi falcate, già ora preannunciando quale sarà la sua cifra, completamente comandato dall'intelligenza artificiale che avrà spodestato il lato umano e, rinchiuso per debellarlo, il substrato emotivo. Gabrielle Monnier che ha il volto eterno ed etereo di una splendida Lea Seydoux è la protagonista di una storia futuristica ma non troppo distante dai giorni nostri. Ambientata in un ipotetico 2044 lei è una giovane donna intenta a sottoporsi ad un trattamento che avrà l' obiettivo di purificarle il DNA ma facendolo la priverà di tutte le emozioni provate e vissute.

Bonello prende spunto dalla novella di Henry James "The Beast in the jungle" e ne ricava un film coraggioso e complesso.
In quest' opera mescola vari generi e confeziona per il suo pubblico un caleidoscopio cangiante, predispone un racconto multiforme, straniante e distopico dove niente è mai come sembra in un gioco affascinante di specchi deformanti che stordisce e inebria.
Un'ossessivo e anche un po' inquietante passaggio tra epoche diverse con date storiche che sono diventate celebri per accadimenti particolari come l' alluvione che travolse Parigi nel 1910 o il terremoto in America del 2014. Un film che non segue mai un percorso logico e non è mai lineare. Non c'è mai un prima a cui fa seguito un dopo, un antefatto che precede una determinata azione, una causa che determina un sicuro effetto ma è un' altalena che va avanti e poi torna indietro, dal futuro si ritorna al passato in un girotondo di dimensioni parallele ma sempre comunicanti. Lo spettatore cercherà, forse, all'inizio di trovare una chiave di lettura, un passepartout che apra tutte le porte, un fil rouge che colleghi i capitoli ma nel breve spazio di qualche scena sarà costretto a rassegnarsi a seguire il flusso delle immagini facendosi trasportare dalla corrente perché avrà capito che cercare di opporre resistenza e cercare un senso sarebbe soltanto fatica sprecata.
Il senso, sembra volerci dire Bonello, è stato ampiamente smarrito o messo deliberatamente in stand-by se acriticamente stiamo andando verso una società fatta e promossa dall'intelligenza artificiale rassegnandoci ad un mondo dove conta solo la performance, il risultato finale ma non può e non deve esserci spazio per la benché minima emozione che rischi di inficiare il disegno e possa fare deragliare il progetto iniziale.
Uomini e donne destinati a diventare sempre più esseri perfetti ma senz'anima come bambole senza espressione o al limite con espressione neutra, buona per tutti e adattabile a tutti i tempi.
Un film sicuramente intrigante nell'impianto che richiede la massima attenzione da parte dello spettatore, che non è facile da seguire ma regala spunti di riflessione e, con originalità e cura al dettaglio, affronta un tema molto caldo e sempre più dibattuto.

Virna Castiglioni